Acqua pulita dai tappi di plastica

Sulle sue capacità di riciclo ormai siamo tutti ferrati, ma fino a poco tempo fa nessuno sospettava che l’oggetto in plastica più diffuso al mondo, il tappo delle bottiglie, potesse trasformarsi anche in uno strumento per la depurazione delle acque. L’idea è venuta nel 2013 a Dario Savini, un biologo dell’università di Pavia che insieme a tre soci ha fondato la Ecosistemi, prima guidandone lo spin-off accademico e poi insediandosi nel Progetto manifattura di Rovereto, il primo hub italiano di start-up dedicato alla green economy.
"L’idea di partenza era semplice" dice Savini. "Le tradizionali macchine da depurazione utilizzano pellicole prestampate: qui vivono e crescono i batteri che puliscono i liquidi da carbonio e azoto. Noi ipotizzavamo che i tappi, per forma e materiali, fossero abitazioni più adatte ai batteri, oltre che molto meno costose. E abbiamo avuto ragione".

Detto, fatto: l’impianto brevettato, il Rcbr (Rotating cell biofilm reactor), necessita di manutenzioni ridotte e riduce i costi del 90 per cento. Alla prima installazione, un anno fa in un birrificio di Novara, ne sono seguite altre tre, compresa una a Borgo Valsugana. E ora ha suscitato l’interesse di alcune grandi aziende tedesche. Senza contare l’impatto sociale e ambientale: zero emissioni e tappi che allungano il ciclo di vita, permettendo alle onlus che li raccolgono di reinvestire il ricavato in progetti a favore della natura.

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