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François Cluzet: «Racconto l’antisemitismo di oggi. Esiste e va fermato»

François Cluzet: «Racconto l’antisemitismo
di oggi. Esiste e va fermato»

La star francese del film Quasi amici racconta a Panorama il suo prossimo personaggio in Un’ombra sulla verita: un uomo misterioso, nella Francia di oggi, che trasmette odio razziale via web e terrorizza una famiglia.


Così tante volte lo abbiamo visto recitare la parte di personaggi arrabbiati e scontrosi che è difficile immaginarlo diverso fuori dallo schermo. E invece il protagonista di hit internazionali come Quasi amici o Un medico di campagna e Piccole bugie fra amici, dal vivo, è l’opposto: un uomo che ride, fa battute e non si prende affatto sul serio. «Altro che star, noi attori siamo coccolati e acclamati, ma siamo solo la punta dell’iceberg. Quando arriviamo nel nostro ufficio, che è il set, il 95 per cento del lavoro è stato già fatto

da altri». E se lo si provoca continua: «Noi attori siamo sempre troppo concentrati sulla seduzione, vogliamo piacere a tutti e questo comportamento si estende alla vita normale. Sorridiamo, diciamo le cose “giuste” nei luoghi giusti, non siamo certo persone modeste». Il pretesto dell’incontro con Panorama è l’uscita di Un’ombra sulla verità, di Philippe Le Guay, un thriller che si basa su un sorprendente fatto vero e che vedremo al cinema dal 31 agosto. Siamo a Parigi, Simon ed Hélène (Jérémie Renier e Bérénice Bejo) decidono di vendere una cantina nello stabile dove abitano. Un uomo apparentemente anonimo (Cluzet), ma dal passato torbido, l’acquista e ci va a vivere senza avvisare i proprietari. Piano piano la sua presenza inizierà a minare la vita della famiglia e farà emergere un inquietante passato.

Si è mai trovato in una situazione in cui l’hanno spaventata quanto lei spaventa la coppia di Un’ombra sulla verita?

Mai, credo sarebbe terribile. È una storia vera ed è uno dei motivi per cui la trovo interessante. Sono stato a cena recentemente con la coppia che ha attraversato davvero questa esperienza, avevano realmente un uomo come me nella cantina della loro casa. È stato terrificante ascoltarli. Hanno persino rischiato di separarsi perché hanno avuto reazioni diverse alla situazione.

Il marito voleva ignorare tutto, la moglie un po’ meno…

Lui pensava che bastasse chiudere la porta di casa e sarebbero stati al sicuro. Ma la moglie non la vedeva così, aveva avuto membri della famiglia finiti nei campi di concentramento nazisti e si nascondevano nelle cantine, quindi non poteva fingere che fosse una cosa da niente. Di questi tempi in Francia è importante tirare fuori temi come l’antisemitismo e l’intolleranza, perché si manifestano in molti modi. Alle ultime elezioni presidenziali ci sono stati candidati apertamente razzisti, 15 anni fa non sarebbe mai successo.

Anche il negazionismo è forte?

Molto, sfortunatamente è una tendenza. L’immigrazione dopo la guerra ha fatto arrivare persone dalla Spagna e dal Nord Africa, che sono contro Israele, perché pensano che abbia occupato la Palestina.

E questo odio per gli israeliani può sfociare in forme di antisemitismo, è una tendenza che è stata negata, ma cosa fa lo Stato per prevenire simili ondate?

La Francia è sempre stato un Paese di destra, ma non si è pensato a questo aspetto per un lungo tempo, finché oggi si dice che da noi abbiamo il 35 per cento di estrema destra, il 25 di destra, il resto se lo spartiscono altri partiti.

Da piccolo il suo sogno era diventare famoso, ora lo è: lo avrebbe mai immaginato?

Mi sento estremamente privilegiato per quello che mi è successo. La mia idea di diventare famoso era il sogno di innamorarmi di donne magnifiche e siccome non sono né bello, né alto, l’unico modo era diventare famoso. Sono stato fortunato, nel Paese in cui vivo oltre a esserci pace il cinema è importante.

Mi viene in mente quel film in cui ha navigato da solo, in solitaria. Le piace la solitudine?

Meno di una volta. Oggi credo che il viaggio in solitaria che tutti possiamo fare è il nostro viaggio interiore, non c’è bisogno di partire fisicamente per poter stare da soli.

Le sconfitte sono un male?

A volte possono essere più belle di una vittoria. Una sconfitta può darti ricchezza, e spesso la sofferenza ci rende più forti. Oggi quando si parla di vittoria, si parla spesso di soldi e quindi la cosa migliore sembra vincere, ma a volte perdendo si diventa persone migliori. È fondamentale dare importanza a quelli che possono sembrare fallimenti e sconfitte.

Lei lo ha fatto?

L’ho imparato da molti miei film che non hanno avuto successo, le parlo per esperienza: le sconfitte mi hanno fatto crescere anche come persona.

Sono passati dieci anni da Quasi amici con il suo clamoroso successo, che effetto fa ricordarlo?

Avere un film che è una vera hit è stata una grande opportunità, una di quelle che a un attore capitano una volta nella vita. Ho viaggiato in tutto il mondo, a Mosca mi offrivano caviale nei ristoranti solo perché avevano visto e amato il film, è stata un’esperienza indimenticabile. Un giorno una persona per strada mi ha chiesto «è difficile non muoversi?». Non lo è affatto, gli ho risposto, perché ti esprimi con lo humor e con gli occhi. Lavorando con Omar Sy era tutta un’improvvisazione, e siamo diventati davvero amici. Ci sono attori che recitano e altri che fanno esperienze, trasmettono la vita. Per me un film dovrebbe fare questo.

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