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A Bruxelles si scatena la tempesta perfetta sui marinai

A Bruxelles si scatena la tempesta perfetta sui marinai

L’Ue è a un passo dal non riconoscere più come valida la licenza di navigazione a 380 mila marittimi filippini, perché la loro formazione non è «conforme» agli standard. Peccato che il loro lavoro sia cruciale per le Compagnie italiane. E che il problema si poteva affrontare fin dal 2006.


Nella sfilza di autosabotaggi che l’Unione europea ha messo in campo, negli ultimi anni, contro la sua stessa economia (il green deal e il Nutri-Score, solo per citare i più recenti) era passato quasi inosservato il provvedimento che rischia, nei prossimi tre mesi, di affondare l’intero trasporto marittimo comunitario.

Bruxelles ha infatti intenzione di non riconoscere più la licenza di navigazione a 380 mila filippini perché la loro formazione non sarebbe conforme agli standard dell’Emsa, l’agenzia europea per la sicurezza marittima. Uno tsunami dalle conseguenze devastanti non solo per le compagnie di navigazione, costrette a far fronte a una carenza di personale impossibile da rimpiazzare in tempi brevi o comunque ragionevoli, ma per la stessa economia filippina che, dalle rimesse dei marinai alle loro famiglie d’origine, ha ricavato nel solo 2021 circa 6 miliardi e mezzo di dollari.

L’esclusione di Manila dalla «white list» dell’Organizzazione marittima internazionale comporterebbe, inoltre, un impoverimento del livello professionale dei suoi operatori marittimi sotto il profilo delle esperienze e delle occasioni di carriera pregiudicando uno dei pilastri occupazionali della nazione, già di per sé assai povera di valide alternative. Una tempesta perfetta che arriva nel momento in cui, dopo gli anni difficili del Covid che hanno portato a una contrazione drastica nel flusso di scambi commerciali, l’economia marittima ha ripreso a solcare le onde col vento in poppa. Il commercio internazionale via mare, nell’anno appena trascorso, ha registrato un incremento dell’1,1 per cento con 12,2 miliardi di tonnellate movimentate mentre nel 2023 è previsto un ulteriore balzo del 2,3 per cento. Una partita che si gioca soprattutto nel Mediterraneo che, pur rappresentando appena l’1 per cento dei mari del globo, coinvolge invece ben il 20 per cento del traffico marino totale con il 27 per cento delle linee di transito container e il 30 per cento dei flusso di petrolio e gas Nord-Sud ed Est-Ovest (oleodotti compresi).

Ancor più rilevanti sono i numeri riferiti all’Italia che, in termini di trasporto marittimo, produce il 16 per cento dell’intera Ue, al secondo posto dietro la Germania. I dati, riferiti a giugno scorso, indicano in 184 miliardi di euro l’entità dell’import-export nostrano con un aumento del 42 per cento su base annua. I traffici portuali, nel nostro Paese, che sempre nello scorso semestre hanno raggiunto i 244 milioni di tonnellate, segnano invece una crescita addirittura superiore al periodo pre-pandemia (+2,7 per cento sul 2019). Come potrebbe reggere l’economia europea all’onda anomala del ritiro delle licenze di navigazione ai filippini?

Dal Paese del Sud-est asiatico ostentano calma nonostante le gigantesche pressioni interne ed estere. Il presidente Ferdinand Marcos jr (soprannominato «Bongbong») ha incontrato, recentemente, alcuni funzionari dell’Unione assicurando loro l’impegno del governo per affrontare e risolvere le carenze segnalate da Bruxelles e rispettare, così, le normative volute dall’Unione europea. E, subito dopo, ha dato vita a un comitato di tutela dei lavoratori del mare filippini a cui partecipano sindacati ed enti internazionali. «Il governo filippino, attraverso il Department of migrant workers, accoglie con favore la partecipazione di rispettate associazioni di settore e leader dell’industria marittima globale allo sviluppo di una tabella di marcia che promuova la competitività globale dei marittimi filippini in tutto il mondo» ha affermato Susan Ople, segretaria del dipartimento di Stato.

Ma la clessidra è spietata, il tempo sta per scadere. In mancanza di una inversione di rotta, i certificati dei marittimi saranno riconosciuti fino alla loro scadenza impedendo così il reclutamento a bordo delle navi battenti bandiera Ue. C’è tempo, quindi, fino a marzo prima che la Commissione europea lasci cadere la ghigliottina. Eppure, l’organo guidato da Ursula von der Leyen avrebbe avuto tutto il tempo di predisporre una via d’uscita alternativa al disastro che oggi agita i sonni degli armatori europei, e soprattutto italiani. Il primo alert a Manila risale, infatti, al 2006. Da allora la Commissione non ha fatto altro che procrastinare il momento della decisione alimentando, specularmente, l’inerzia del governo filippino. Accusato dall’associazione Migrante international di «aver affidato il compito della formazione marittima a istituzioni private senza fornire i sussidi necessari per aggiornare le strutture e allinearle agli standard internazionali». Impegnata a discettare sulle proprietà proteiche della farina di grillo e sulla curvatura delle banane, in ben 17 anni Bruxelles non ha trovato il tempo di avviare alcuna trattativa con Manila salvo, poi, lanciare l’ultimatum. Un po’ come l’orchestra del Titanic.

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