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Biotech, quando la ricerca è contraffatta

Biotech, quando la ricerca è contraffatta

Nel mondo aumentano le imprese che falsificano dispositivi medici e autorizzazioni nel settore industriale in rapidissima espansione. E in Italia non esiste un organo di controllo.


Non portano la benda sull’occhio come i corsari dei Caraibi né navigano su un galeone con la bandiera di Jolly Roger al vento. Ma i danni che provocano sono di sicuro superiori a quelli di un assalto a una nave carica d’oro. Sono i «pirati della salute». Imprese e laboratori che falsificano dispositivi medici e brevetti confidando nelle difficoltà degli apparati di prevenzione e controllo di individuare il classico ago nel pagliaio. Un fenomeno globale che rischia di coinvolgere anche l’Italia.

L’ultimo allarme è stato lanciato dall’Ispettorato della salute della Lettonia, che ha ricevuto una segnalazione delle competenti autorità della Turchia su una certificazione contraffatta oggi in uso a un importante gruppo industriale statunitense con sedi in mezzo mondo. Gli esperti hanno scoperto che la documentazione, riguardante un «contenitore per la separazione e l’omogeneizzazione dei tessuti sterili», era stata rilasciata a un produttore di Ankara ma, «miracolosamente», è trasmigrata oltre Oceano.

Una falsificazione in piena regola di cui si stanno occupando le strutture investigative per risalire a dinamiche e responsabilità. Di certo, la duplicazione del certificato turco ha imposto una più intensa attività di monitoraggio del mercato biotech-salute europeo, tanto da aver suggerito proprio all’Ispettorato lettone di lanciare un «alert» a tutte le aziende interessate.

La galassia dell’health biotech è d’altronde in rapidissima espansione. Nel nostro Paese il fatturato è di 10 miliardi di euro con oltre 800 aziende coinvolte e 13 mila dipendenti. All’estero, e in America in particolare, il comparto richiama investimenti su obiettivi più o meno futuribili. Jeff Bezos, patron di Amazon, ha deciso per esempio di investire 3 miliardi di dollari nella startup Altos Labs per scoprire l’elisir di lunga vita. E progetti simili stanno prendendo quota in Giappone e in Cina. Il che rende il mercato biotech globale un po’ un Far West dove accanto alle miniere d’oro è facile imbattersi in «risse» da saloon.

Nei fatti non esiste una vera disciplina unica in grado di regolamentare il comparto. È tutto rimandato ai singoli Stati con risultati tutt’altro che positivi. Com’è emerso nella fase più cruenta del Covid con una inondazione di dispositivi medici scadenti (mascherine, gel, ventilatori polmonari, protesi e integratori) di cui oggi la magistratura si sta occupando. Una deregulation folle che, secondo Antonio Graziano, responsabile salute del Forum italiano dell’export, può essere arginata solo con un’Agenzia nazionale per il biotech. «Un’autorità indipendente di garanzia che disciplini l’aspetto burocratico-amministrativo di un dispositivo medico con la sua parte clinica applicativa» spiega a Panorama. «Una soluzione che esiste già negli Stati Uniti ma, in Europa, è invece demandata alla libera scelta del singolo medico. Il quale, su questi aspetti regolatori e normativi, non ha alcun tipo di formazione e competenza. L’Agenzia nazionale per il biotech rappresenterebbe uno strumento fondamentale per ripulire il mercato dalle “scorie” di un import selvaggio, per aiutare imprese e medici a una più proficua collaborazione e per offrire ai pazienti-consumatori la certezza di prodotti sicuri e garantiti».

Sulla sicurezza per la salute, si sofferma anche Marcella Marletta, ex dg del ministero della Salute e oggi direttore generale dell’Accademia ricerca clinica e salute che commenta: «Al di là dell’aspetto commerciale, della difesa del marchio e del Made in Italy, scoprire una contraffazione è estremamente difficile. Di solito accade quando il danno per la salute si è già verificato o se è l’azienda “derubata” ad accorgersene; in ogni caso passa tanto tempo prima di poter intervenire. Certo, c’è il nuovo sistema di tracciabilità che dà risultati incoraggianti ma non è la barriera definitiva perché i contraffattori sono abili a camuffarsi e il riconoscimento della tracciabilità sul cartaceo è complesso».

E così i pirati continuano a solcare il grande mare della truffa. n

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