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Quelle ONG in guerra con l’Italia

Quelle ONG in guerra con l’Italia

Schierata nel Mediterraneo centrale, la flotta delle navi che accolgono i migranti (sostenute dalla Germania) ostacola i tentativi del governo di tamponare le partenze dall’Africa.


Il 13 giugno scorso 39 migranti sono sbarcati a Lampedusa da Aurora, motovedetta di 14 metri di Sea Watch, una delle Ong del mare più attive e ostinate. Il Centro di coordinamento dei soccorsi della Guardia costiera di Roma aveva indicato Trapani come porto di approdo per non congestionare l’isola. «A 32 ore di distanza non era raggiungibile per un assetto come Aurora» sostengono gli estremisti dell’accoglienza tedeschi. Una palese violazione delle nuove norme sulle Ong approvate in gennaio, peggiorata dal trasbordo – vietato – dei migranti soccorsi da un’altra nave, Rise Above di Lifeline.

È solo l’ultimo episodio di scontro diretto con il governo italiano che in giugno ha fermato Sea Eye 4 e MareGo, sempre di Ong tedesche. Che oggi sono sul piede di guerra e, in vista dell’ondata di migranti prevista questa estate, hanno schierato la flotta, una dozzina di navi. «Negli ultimi giorni è arrivata la spagnola Open arms, ma stanno rallentando grazie alle nuove norme e al fatto che al momento non trovano grossi numeri di migranti» spiega una fonte di Panorama in prima linea sul fronte del mare. «È chiaro però che sono organizzati e coordinati: una nave si dirige verso le coste africane, un’altra torna indietro e un’altra ancora si addestra per la partenza».

Le Ong sono riuscite a portare in Italia oltre quattromila migranti, e si concentrano soprattutto davanti alla Tripolitania dove hanno recuperato il 23,8 per cento delle imbarcazioni fatte partire dai trafficanti. Le ammiraglie, per ora, rispettano le norme pur protestando duramente per i porti di sbarco giudicati troppo lontani. Geo Barents di Medici senza frontiere, dopo aver raccolto in mare il 12 giugno appena 38 migranti (ne può imbarcare 800) ha dovuto dirigersi verso Ancona a due giorni, almeno, di navigazione. Altri grossi mezzi come Life support di Emergency e Humanity 1 sono costretti a consumare carburante e spendere soldi in più per sbarcare i migranti.

Al contrario, Sea Eye e Mare*Go hanno puntato i piedi violando il decreto voluto dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. Le due navi sono in stato di fermo per 20 giorni e devono pagare una multa di 3.300 euro. «La nuova strategia dell’Italia è perfida e trasparente» affonda Gordon Islar, presidente di Sea Eye. «I lunghi viaggi verso porti assegnati e lontani significheranno sempre che dovremo decidere durante il viaggio se rispondere a più chiamate di soccorso in arrivo». A ruota sono scese in campo altre Ong tedesche come Sea Watch, che lancia l’offensiva accusando il governo di «inventare leggi ingiuste per calpestare i propri doveri e criminalizzare la società civile, che può e deve disobbedire per pretendere il rispetto dei diritti di chi fugge». Anche l’italiana Mediterranea, che non va più in mare, pontifica: «Il doppio sequestro dimostra che l’unico vero obiettivo del decreto Piantedosi è colpire, ostacolare, impedire l’attività di soccorso delle navi della flotta civile».

Per l’ex no-global, Luca Casarini, e soci, fondatori di Mediterranea, la procura di Ragusa ha chiesto il rinvio a giudizio per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina aggravato per trarne profitto.«Il decreto sta funzionando e se vanno avanti così si arriverà al sequestro e confisca delle navi» afferma Nicola Molteni, sottosegretario all’Interno. «Dietro le attività delle Ong del mare c’è un approccio ideologico». Dopo il fermo di Mare*Go gli attivisti dell’accoglienza hanno ribadito: «Non obbediremo mai ai post-fascisti, soprattutto se stanno cercando di far annegare le persone in mare». E cercano sponde con la Germania sia a livello governativo, che parlamentare. Sea Eye ha inviato un appello in cinque punti al ministro degli Esteri di Berlino, Annalena Baerbock, pasionaria dei Verdi. La Ong tedesca chiede di garantire «che le navi civili di soccorso non siano trattenute per avere condotto più missioni di soccorso» come primo punto. Poi la revoca immediata dei fermi di Sea Eye 4 e Mare*Go, oltre a quella delle sanzioni pecuniarie. E chiedono che «le donazioni alle organizzazioni civili di soccorso in mare non vengano sprecate inviando navi in porti lontani al fine di ridurre il tempo operativo nella zona di ricerca e soccorso libica e maltese».

Gli addetti ai lavori fanno notare che «il 30 maggio la Farnesina tedesca, con la presenza del ministro Baerbock, ha indetto un convegno sulle operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo. Non è stata invitata la loro Guardia costiera e tantomeno quella italiana, ma tutte le Ong del mare. Una specie di imprimatur». Il governo di Olaf Scholz sta per erogare, in quattro rate, gli otto milioni di euro del primo finanziamento pubblico agli attivisti dell’accoglienza tedeschi. Baerbock punta a ristabilire «una missione di salvataggio nel Mediterraneo» sul solco della disastrosa Sophia. E vorrebbe fare entrare le Ong nel Gruppo di contatto Sar (ricerca e soccorso) «istituito dalla Commissione europea dal 2021 per favorire un maggiore coordinamento tra i Paesi del Mediterraneo».

La battaglia in vista dell’ondata estiva di migranti è inevitabile, ma Nino Sergi, presidente emerito di Intersos, si batte per trovare un accordo. «Ritengo che il punto di vista delle istituzioni governative e quello delle organizzazioni umanitarie debbano trovare un punto di incontro» sostiene il veterano dell’impegno umanitario. «Da tempo non è così e non è certo un bene. Mi sembra sia giunto il momento di un serio confronto, un attento ascolto delle differenti posizioni, esigenze, motivazioni e proposte, che coinvolga non solo le Ong impegnate nel salvare vite in mare ma anche le associazioni e organizzazioni della società civile qualificate in materia di asilo, diritti umani, interventi umanitari e cooperazione con i paesi di provenienza». I numeri parlano chiaro: al 12 giugno sono sbarcati da inizio anno 50.804 migranti, due volte e mezzo lo stesso periodo del 2022. Solo in maggio si è registrata una flessione causata dal maltempo. Dalla Tunisia sono arrivati al 31 maggio 25.912 migranti, in gran parte subsahariani, ma la Libia sta risalendo con 22.434 sbarchi.

«L’ipotesi della presidente Meloni di organizzare una conferenza a Roma su migrazioni e cooperazione allo sviluppo va nella giusta direzione» dice Sergi. «L’annunciato Piano Mattei per l’Africa potrebbe contribuire, in questa prospettiva, a una nuova positiva strategia di partenariati bilaterali e multilaterali di sviluppo sostenibile a interesse reciproco e di solidarietà».

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