Le onde sonore a bassa intensità potranno presto curare malattie come Parkinson, tumori, obesità, veicolare farmaci al cervello e, forse, rallentarne il declino.
Fermare i tremori del Parkinson e appianare le rughe della vecchiaia. Eliminare il grasso corporeo e curare i tumori. Calmare il dolore e alleviare la depressione: riuscire a fare di tutto un po’, e con una tecnologia che conosciamo da decenni. Parola chiave, ultrasuoni. Ultra-potenti, ultra-versatili: la rivoluzione delle onde sonore, tecnologie spesso collegate solo a strumenti diagnostici come le ecografie, si stanno dimostrando estremamente efficaci e flessibili in campo terapeutico, con sperimentazioni nei laboratori di ricerca del mondo e negli ospedali più avanzati, anche in Italia.
«Trattiamo pazienti affetti da Parkinson con tremori invalidanti, tali da non riuscire a mangiare o bere da soli» spiega Roberto Eleopra, direttore Dipartimento neuroscienze cliniche della Fondazione IRCCS Istituto neurologico Carlo Besta di Milano. «Quando iniziano la procedura con ultrasuoni, dopo un’ora di trattamento, escono senza alcun tremito. È ogni volta una grande emozione, anche per noi medici». Gli ultrasuoni al Besta vengono usati per praticare la MRgFUS (acronimo di MR-guided Focused Ultra-Sound tradotta in italiano con ultrasuoni focalizzati sotto guida della risonanza magnetica). Tecnica molto innovativa che consente, tramite un casco che eroga le onde sonore durante una risonanza magnetica, di creare una «lesione» selettiva di un piccolo nucleo nel cervello: una necrosi che, di fatto, blocca la zona responsabile dei tremori, senza praticare alcuna incisione nella cute o nel cranio. Circa il 70 per cento dei pazienti risponde alla terapia dopo solo un trattamento.
Ma si può fare molto altro: «Per noi “erogare” ultrasuoni» continua Eleopra «è come avere in mano un bisturi molto affilato, che consente di coagulare e bloccare tumori, alterazioni focali e anche malformazioni. In neurologia, al momento, lo usiamo per il Parkinson o altri disturbi del movimento, ma sfruttando la stessa tecnica si può intervenire anche su tumori cerebrali, della prostata, dell’utero o di altre zone in cui si può coagulare, cioè bruciare la zona corrispondente al tumore. Quest’ultimo ovviamente deve essere piccolo, ben localizzato e non troppo infiltrante».
Quello delle lesioni provocate ad arte è uno degli ambiti per i quali gli ultrasuoni possono essere utilizzati, nella medicina che è già quella di oggi ma anche quella del futuro: i ricercatori, infatti, stanno cercando di capire se le onde sonore sono in grado di modificare il comportamento delle cellule cerebrali, cosa che aprirebbe scenari importantissimi per la cura di patologie come epilessia o depressione. «Questo a un’intensità minore rispetto a quella impiegata per il tremore del Parkinson, e che potremmo presto usare anche per altri sintomi della malattia, come rigidità e movimenti involontari» prosegue Eleopra. «Gli ultrasuoni possono provocare un aumento o un’inibizione dell’eccitazione dei neuroni, e ciò aiuterebbe a curare quelle patologie degenerative legate all’eccitabilità anormale del cervello».
Studi pre-clinici interessanti sono in corso anche per l’Alzheimer, l’ansia o la depressione. Ma, sottolinea l’esperto, al momento mancano evidenze di efficacia, la sperimentazione pre-clinica è su cellule e animali. La strada è lunga, ma le prospettive appaiono entusiasmanti. C’è poi un altro campo, più leggero, dove gli ultrasuoni trovano applicazione: quello della medicina estetica e soprattutto anti-aging. Tramite la tecnica Ultherapy, già ora è possibile effettuare una sorta di blando «lifting» senza utilizzare bisturi e senza cicatrici, con ultrasuoni microfocalizzati (ossia rilasciati in punti specifici) ed eco guidati, andando a stimolare il collagene in profondità. È una tecnica costosa – una seduta per il viso costa circa 2 mila euro – e anche un po’ fastidiosa, perché non è possibile applicare anestetici, ma apprezzata da molte signore: «Si sfrutta l’azione degli ultrasuoni» spiega Andrea Spano, specialista in Chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica a Milano «per provocare micro riscaldamenti a livello dei tessuti deputati a mantenere tono e compattezza della pelle. Sono le “fasce”, che ricoprono i muscoli del viso che con gli anni perdono elasticità».
Tornando alla medicina vera e propria, c’è un altro ambito dove la ricerca sconfina nel futuribile: le onde sonore a bassa intensità potrebbero essere usate per aprire la barriera emato-encefalica, cioè la membrana che circonda i vasi sanguigni del cervello e lo protegge (ma lo rende impenetrabile a molte terapie). «Antibiotici e chemioterapici» conferma Eleopra «non riescono a passare nel cervello proprio a causa di questa barriera: ma iniettando nel circolo sanguigno bolle gassose e facendole “agitare” tramite l’applicazione di ultrasuoni, si riesce ad aprire localmente il passaggio tra il sangue e i tessuti. In pratica, andiamo a creare microvarchi transitori, per il tempo necessario a farla attraversare dai farmaci».
La capacità di queste bolle iniettabili di «scoppiare» sotto ultrasuoni e quindi aprire la barriera potrebbe essere usata anche al contrario, cercando di eliminare dal cervello quelle proteine che si rivelano problematiche: è quanto dichiara al New Scientist Jürgen Götz dell’Università del Queensland, in Australia, che usa onde sonore a bassa intensità per eliminare i depositi di amiloide – sostanza associata all’Alzheimer – nei topi da laboratorio. A seconda poi dell’area cerebrale cui vengono applicati, gli ultrasuoni apportano numerosi benefici. Wynn Legon, del Virginia Tech, ha iniziato nel 2022 un trial clinico per capire se e come la Lifu (Low intensity focused ultrasounds, così è chiamata l’applicazione di ultrasuoni a bassa intensità) possano aiutare i pazienti a gestire il dolore cronico: inoltre, indirizzando le onde sonore sulla corteccia motoria primaria – spiega sempre New Scientist– si è osservato che aumentano i tempi di reazione di alcuni millisecondi: in questo caso, la terapia potrebbe essere un punto di svolta per ansia, depressione e disturbo post-traumatico da stress.
Di recente, poi, studi pre-clinici, iniziati nel 2022 da ricercatori coreani indicano che l’uso di ultrasuoni possa distruggere il grasso corporeo, aprendo nuovi scenari nel trattamento dell’obesità: sono stati arruolati soggetti con più di 10 mm di grasso sottocutaneo nell’addome, nella coscia o nella parte superiore del braccio. Dopo 12 settimane dalla procedura, il grasso addominale si era significativamente ridotto. Anche i risultati sulle braccia si sono rivelati buoni, mentre sul grasso delle cosce il beneficio è stato minore.
Infine, la «quasi-fantascienza»: sempre Götz sta studiando la possibilità che gli ultrasuoni possano ringiovanire le cellule cerebrali. Nei suoi studi sui topi di labratorio, ai quali ha applicato onde sonore a bassa intensità, ha riscontrato una migliore capacità di apprendere nuove informazioni, scoperta che sta spingendo il suo team a «prendere in considerazione la possibilità di sperimentare la tecnologia nelle persone anziane per vedere se ha effetti simili sull’apprendimento» come lo stesso ricercatore ha dichiarato. Altro che «solo» ecografie: la rivoluzione degli ultrasuoni ci cambierà la vita.
