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Il lato oscuro della Svezia

Il lato oscuro della Svezia

Nell’immaginario comune è tra i Paesi più civili, invece si piazza al secondo posto in Europa per omicidi e sparatorie. Soprattutto per mano di cosche criminali dove la forte presenza di immigrati alimenta il traffico di droga e armi, la corruzione, lo smaltimento illegale di rifiuti, il gioco d’azzardo. Uno scenario che ricorda molto una certa Italia.


Pippi Calzelunghe non ride più. Non gioca più. Non corre più. Pippi Calzelunghe ha scoperto la paura. Nella civilissima Svezia, tra fiordi e casette colorate, si aggirano ombre sinistre. La puzza di zolfo avvelena l’aria. È la mafia locale che si sta mangiando il Paese pezzo dopo pezzo. La nazione scandinava è la seconda in Europa, dietro la Croazia, per numero di omicidi: quattro per milione di abitanti a fronte di una media Ue di 1,6. Nel 2020 ci sono state 360 sparatorie con 117 feriti e 47 morti. L’anno scorso stessi numeri: 335 sparatorie, 112 feriti e 46 morti.

Nel triangolo Stoccolma-Göteborg-Malmö, soprannominata la «Chicago svedese», sono attive almeno 40 cosche. Lì le chiamano «reti criminali a base familiare». I giornali scrivono che «in Svezia i clan hanno cominciato a prendere piede in una struttura che ricorda la ’ndrangheta italiana». E lo confermano Mats Löfving, dirigente del Noa, il dipartimento operativo nazionale della polizia, e Bo Lundqvist, capo del gruppo investigativo che si occupa dei «cold case» nella regione del sud. Il Consiglio per la prevenzione della criminalità ha stabilito una strettissima correlazione tra immigrati e crimine. Ma in Svezia è quasi vietato parlarne. Il politicamente corretto fa più vittime del piombo. Le gang corrispondono a un vero melting pot. Ci sono i «Naserligan», motociclisti siriani che offrono servizi come uccisioni e pestaggi a pagamento; oppure gli «Hells Angels», specializzati nel racket delle estorsioni e nel traffico di droga. Nelle città del nord hanno trovato rifugio i fuorilegge vietnamiti e manipoli di ex militari slavi, che si occupano di armi e gioco d’azzardo. Criminali somali si sono riuniti nella Naša Stvar, che significa «Cosa Nostra». Un nome, una garanzia.

Mafiosi turchi e iracheni sono, invece, raggruppati le insegne degli «Original gangsters». Da Ankara e Istanbul vengono con tutta probabilità proprio i picchiatori che, a Tullinge, a sud di Stoccolma, hanno massacrato di botte, sotto gli occhi della figlia di appena sei anni, il giornalista turco Ahmet Dönmez. Autore di alcuni urticanti reportage sugli affari tra il governo di Erdogan e la mafia del Bosforo. «La sensazione» spiega a Panorama un diplomatico svedese «è che la situazione sia più grave di quel che pure emerge da inchieste indipendenti e monitoraggi delle forze dell’ordine. Ci stiamo trasformando in una realtà infiltrata dalla malavita». Italia e Svezia gemellate nel segno della mafia. Quando è andata in fiamme una discarica a Kassmyra, a poche decine di chilometri dalla capitale, il quotidiano Svenska Dagbladet ha subito scritto: «Napoli è stata a lungo la città che ha dato l’esempio per la gestione corrotta dei rifiuti. Quando in pratica la camorra ha assunto la gestione dei rifiuti della città, ciò ha portato a gravi problemi ambientali. Può sembrare lontana la Svezia, ma il fatto è che la criminalità nel settore dei rifiuti è attiva da molto tempo anche qui». Una sorta di Terra dei fuochi tra i ghiacci.

In un’area agricola fuori daSträngnäs, piccolo comune di appena 12 mila abitanti, sono state scoperte duemila tonnellate di argilla pericolosa proveniente da Stoccolma. A poca distanza, in un lago di Eskilstuna, dove le persone vanno a prendere l’acqua potabile, sono state sepolte altre mille tonnellate delle stesse materie tossiche. E inquinata rischia di diventare pure l’economia con l’inondazione di capitali infetti provenienti dall’est Europa e dai Paesi del Mediterraneo mafioso (Italia, Spagna e Nordafrica). Dodici uomini d’affari sono stati recentemente condannati per aver riciclato 210 milioni di corone svedesi (oltre 20 milioni di euro) grazie alla complicità di dipendenti infedeli dell’ufficio di cambio World Exchange a Södermalm. I poliziotti, durante una perquisizione, hanno scoperto che, dietro i pannelli del solaio, erano nascosti altri 15 milioni di corone svedesi in contanti (1,4 milioni di euro).

Non erano meglio occultate le armi, ritrovate da un blitz delle forze speciali, in un deposito di Lilla Edet. Filone che ha portato all’arresto di 5 trafficanti che smerciavano pistole e fucili mitragliatori servendosi di canali di approvvigionamento danesi. E non è un caso che proprio Svezia e Danimarca siano gli Stati in cui il codice penale non contempla l’associazione a delinquere. Sono perseguiti solo i singoli reati commessi dagli appartenenti ai gruppi. Un po’ come accadeva nella Sicilia degli anni Settanta, prima della rivoluzione antimafia di Paolo Borsellino e Giovanni Falcone con il maxi processo.

«La reazione delle autorità è lenta, inadeguata e in ritardo» denuncia a Panorama il giornalista Adam Cwejman, firma politica del quotidiano Göteborgs-Posten. «Assistiamo a qualche cambiamento nel sistema giudiziario, con sentenze più dure, per esempio, ma siamo in ritardo». E aggiunge: «La polizia sta diventando più professionale, ma gran parte del lavoro viene svolto sull’onda lunga dell’incremento esponenziale dell’attività delle bande e della mafia». Una finta app di messaggistica criptata, ma controllata dai servizi segreti, di nome «Anom» ha consentito di sventare un omicidio pianificato da un ragazzino di 18 anni, appartenente al clan Bergsjön di Göteborg. Città ormai ostaggio, come rivela un’inchiesta del ministero dell’Interno, di bande di spacciatori che non si fanno scrupolo di minacciare apertamente funzionari statali e comunali per impedire loro di denunciare i traffici illeciti.

Legata al business della cocaina è anche la guerra che, nell’agosto del 2020, porta all’uccisione per errore di una ragazzina di 12 anni, colpita alla testa da un proiettile vagante mentre si trova nel parcheggio di Botkyrka, a 20 chilometri da Stoccolma. Il killer voleva uccidere un rivale che stava passando a bordo di un’auto. Passa un anno, e la faida degli stupefacenti colpisce ancora: nel luglio 2021, due sicari vestiti di nero e col volto incappucciato fanno irruzione nella sala d’aspetto di un salone di parrucchieri a Göteborg e, dopo aver allontanato il barbiere, si avvicinano a un giovane di 25 anni seduto sulla poltrona in attesa di radersi. Freddandolo con 10 colpi di pistola.

Gli inquirenti ipotizzano che il delitto sia riconducibile in qualche modo all’omicidio di un poliziotto avvenuto durante un servizio di perlustrazione a Biskopgarden. Tre mesi dopo l’esecuzione del centro di bellezza, la sera del 21 ottobre 2021, è la volta di Einar, nome d’arte di Nils Kurt Erik Einar Grönberg, uno dei cantanti più celebri della scena rap svedese, vincitore di due Grammy. Per ammazzarlo, si muove un commando di quattro killer. Einar sarebbe stato eliminato per la faida che lo vedeva contrapposto al rapper Yasin, vicino a una delle più pericolose bande di strada svedesi, la Vårbynätverket di Chihab Lamouri. Criminale marocchino naturalizzato svedese. Fa sempre un certo effetto quando i diavoli sfondano le porte del paradiso.

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