Home » Attualità » Energia » «Nucleare? Sì, grazie»

«Nucleare? Sì, grazie»

«Nucleare? Sì, grazie»

Il disastro di Fukushima? Non ha fatto vittime al contrario dell’idroelettrico e degli onnipresenti combustibili fossili. Il fisico Luca Romano da anni si batte per confutare i luoghi comuni sull’atomo: «Un sistema che va con il 40% di nucleare e il 60 di rinnovabili potrebbe essere una soluzione ottimale».


Anche l’atomo ora ha il suo avvocato. Si chiama Luca Romano, fisico torinese, che si batte per confutare lo stigma sull’energia nucleare. Nel 2020 ha aperto una pagina Facebook con, all’inizio, poche centinaia di follower. Oggi sono diventati 200.000 ed è la più seguita al mondo sull’argomento. Ora è in uscita il suo primo libro L’Avvocato dell’atomo (Fazi Editore), dove in una sorta di processo virtuale questa fonte energetica viene spiegata e difesa con passione: «Per capire veramente i pro e i contro bisogna confrontarla con le altre tecnologie. È pericolosa? L’idroelettrico ha fatto più morti, per non parlare dei combustibili fossili. Non dico che sia la panacea di tutti i mali, ma almeno proviamo a fare un raffronto».

Quando ha iniziato ad appassionarsi all’argomento?
«Durante il referendum del 2011. Vengo da un background di sinistra e avevo una prospettiva scettica. Ma partendo dai miei studi ho iniziato a rendermi conto che il tema non era trattato con onestà intellettuale. Così ho esaminato i Paesi con emissioni basse: c’erano quelli più poveri e senza industrie e poi c’erano la Francia, la Svezia, la Finlandia, l’Ontario, che in comune hanno l’uso dell’energia nucleare. E allora ho cominciato a farmi delle domande».

Non bastano le rinnovabili?
«Al momento con le tecnologie di cui disponiamo è molto improbabile. Come sostiene Bill Gates, deve avvenire un miracolo mostruoso o l’unica possibilità è il nucleare. E fare la transizione ecologica sperando in un miracolo non mi pare molto saggio».

Sono 15 anni che si parla di rinnovabili, cosa non ha funzionato?
«La prima incentivazione in Italia è del 2008. Lo stanziamento totale fino al 2030 è di 220 miliardi, 120 già spesi. E non hanno portato a una decarbonizzazione significativa. Ricaviamo ancora l’80% dell’energia totale dai combustibili fossili. Lo stesso vale per la Germania che di miliardi ne ha stanziati 580, ma ha le emissioni più alte d’Europa. Il motivo è che in questo momento
non sono in grado di fare tutto da sole».

E in Italia?
«È prevista un’espansione della capacità delle rinnovabili, ma per supportarla c’è in programma la costruzione di 48 centrali a gas, che serviranno da sistemi di backup, cioè funzioneranno quando ci sarà una domanda particolarmente alta di consumo. Altre centrali di cui però nessuno parla».

Anche le rinnovabili hanno un lato oscuro, eppure il nucleare resta il mostro da abbattere.
«In Italia le nuove tecnologie fanno da sempre paura: dagli Ogm agli inceneritori, che a Copenaghen utilizzano anche per sciare…».

Come difende il nucleare dall’accusa di essere pericoloso?
«Sembra paradossale ma nei Paesi dove ci sono stati incidenti hanno meno paura di noi. L’Ucraina, prima della guerra, aveva in programma 10 nuovi reattori di costruzione americana. Il Giappone sta riavviando le centrali dopo aver visto l’aumento della dipendenza energetica dall’estero. Nonostante il panico, l’incidente alla centrale di Fukushima non ha fatto vittime. I 16.500 morti
e i 3.500 dispersi sono dovuti al terremoto e allo tsunami».

Eppure Chernobyl continua a far paura. Dicono che i soldati russi che hanno presidiato la zona hanno solo un anno di vita. È così?
«È una notizia falsa. Tra un anno nessuno andrà a controllare come staranno quei soldati, ma oggi chiunque può sparare castronerie. Ci sono studi che dimostrano che gli animali in cerca di cibo in quella territorio assumono una dose di circa 350 mSv all’anno. Anche ammetendo che i soldati abbiano scavato trincee e inalato polvere radioattiva e in un mese abbiano preso 350 mSv, non è abbastanza per un avvelenamento acuto. Servirebbe una tale dose all’ora. Invece siamo a numeri 8.000 volte inferiori».

Nel libro critica la versione di Greenpeace, che stimò i morti del disastro nucleare da 93.500 fino a 6 milioni.
«I dati del Comitato scientifico delle Nazioni Unite sugli effetti delle radiazioni atomiche parlano di 4.000 vittime, ma il valore è ancora più basso: siamo nell’ordine delle centinaia di morti. E comunque qualsiasi numero superiore è una stupidaggine. Ci sono state alcune migliaia di casi di tumore alla tiroide. Per fortuna è uno dei più curabili. Il numero di vittime dirette riconosciute dall’Onu è stato di 54, «fall out» escluso».

Altra obiezione frequente è quella sul rischio delle scorie radioattive, cosa ribatte?
«Non sono di facilissima gestione, ma se ne producono 300 volte in meno delle rinnovabili e milioni di volte in meno rispetto ai combustibili fossili. Per quanto riguarda i rifiuti che derivano dalle attività di smantellamento degli ex impianti, dalla medicina, dall’industria, questi si trovano in una ventina di depositi provvisori sparsi per il territorio nazionale, aspettando la costruzione del deposito unico. Dovrà essere pronto entro il 2025, per non incorrere nella procedura d’infrazione europea».

Tutto molto a rilento. Ma visti i problemi di dipendenza dal gas russo volessimo tornare al nucleare, quanti anni occorrerebbero?
«Non è una soluzione al problema contingente. Ma tornare al nucleare significherebbe rendersi indipendenti. Cina, Russia, Corea del Sud costruiscono centrali in 5 anni. Se ne facciamo una ogni 20 ci metteremo più tempo, ma se iniziassimo a farne una all’anno i tempi sarebbero più brevi. Boris Johnson ha appena annunciato la costruzione di 8 nuovi reattori. Quello è un piano serio».

Da noi sarebbe mai possibile?
«Non è una cosa che accadrà domani, né l’anno prossimo. Ma ho ricevuto messaggi da migliaia di persone che dicono di aver cambiato idea. Soprattutto i giovani, che la riconoscono come un’energia pulita».

Perché resta un argomento osteggiato dalla sinistra?
«I partiti favorevoli al nucleare sono da sempre quelli di destra per l’autonomia, la sovranità energetica. È un peccato che la sinistra sia contraria, dovrebbe piacerle un’energia pulita come il nucleare. All’estero ci sono movimenti di sinistra a favore. Solo
da noi c’è questa contrapposizione».

La guerra ha dato una spinta a rivedere certe posizioni?
«Secondo un sondaggio di gennaio, un italiano su tre sarebbe favorevole. La settimana scorsa un’inchiesta dell’Ispi ha rilevato che il 51% degli intervistati è disposto a vedere il Paese investire nel nucleare».

Ma i costi sono molto elevati.
«Si guarda sempre ai costi di costruzione degli impianti, mai alle bollette. Se confrontiamo le nostre bollette dell’elettricità con quelle francesi vediamo che dall’anno scorso le loro sono aumentate del 4%, le nostre sono triplicate. Costruire una centrale è senza dubbio costosissimo, ma fornisce energia pulita in maniera ininterrotta e sostanzialmente gratis».

Gli avvocati non sono mai obiettivi, ma almeno un difetto il suo assistito l’avrà?
«Non è la soluzione a tutti i problemi, né sarei per un mondo che lo utilizza al 100%. Un sistema che va con il 40% di nucleare e il 60 di rinnovabili potrebbe essere una soluzione ottimale. Non è un percorso semplice, ma escluderlo a priori sarebbe una vera follia».

© Riproduzione Riservata