In futuro andremo a colonizzare altri corpi celesti. Dove sarà necessario costruire città e abitazioni su mondi alieni (ed estremi). Ecco come potranno essere, secondo le ipotesi di due esperti.
Italo Calvino scrisse che le città contengono il loro passato come le linee d’una mano. Ma quelle che aspettano l’umanità lungo il suo cammino nello spazio e nel tempo, in pianeti remoti, saranno quasi certamente progettate per intero da architetti e designer. Dalle enormi escursioni termiche alle atmosfere rarefatte, dalla microgravità alle radiazioni, l’adattamento alle condizioni estreme plasmerà le metropoli del futuro. Forse è per questo che non è facile immaginarle: la nostra stessa vita, per come la conosciamo adesso, in ambienti a noi così estranei e ostili è di per sé stessa inconcepibile a meno di non aver prima subìto una lunga evoluzione biologica.
In questo spericolato esercizio del pensiero si sono cimentati due architetti della Scuola del Design del Politecnico di Milano, Annalisa Dominoni e Benedetto Quaquaro. Il loro libro Le città dell’universo: come sarà abitare nello spazio (Il Saggiatore), in libreria dal 21 aprile, racconta come sarà, fra migliaia di anni, abitare su Luna, Marte o altri pianeti. È un fatto che a breve la corsa allo spazio coinvolgerà non solo astronauti professionisti, ma anche ricercatori e perfino turisti. Il primo viaggio civile verso il nostro satellite è in programma tra poco, con una decina di persone che dovrebbero raggiungerlo in sei giorni sul veicolo di lancio Starship. Sono poi in corso progetti di sfruttamento delle risorse extraterrestri: per esempio, gli Emirati Arabi Uniti hanno appena lanciato il rover Rashid per un’esplorazione lunare di cinque mesi in zone mai raggiunte dagli umani; a metà 2023 atterrerà sul Polo Sud della Luna la sonda indiana Chandrayaan-3. Infine, vi è la possibilità concreta di produrre energia sul satellite terrestre con reattori nucleari grazie ai progetti Nasa e Asi-Enea.
Tutto ciò suggerisce che insediamenti lunari saranno presto necessari per il personale tecnico coinvolto. E un giorno, chissà, questa sarà solo una tappa verso Marte, sede di ulteriori colonizzazioni. È in fase di progettazione, per esempio, la stazione orbitate Lunar Gateway. «Si collocherà tra la fine della zona caratterizzata dall’attrazione gravitazionale terrestre e il termine dell’area di influenza della gravità lunare» spiegano gli autori. «Si tratta di un punto di vista privilegiato, da cui si possono osservare contemporaneamente sia il nostro pianeta sia la Luna, e che consentirà di offrire supporto alle operazioni sulla superficie del satellite».
Per abitare lassù occorrerà proteggersi dalla radiazione di particelle cariche e piccoli asteroidi. Così, può darsi che il primo insediamento avrà la forma di uno schermo a forma di cupola coperta da regolite. Sicuramente si sfrutteranno ripari naturali sulla superficie come canyon, grotte e tunnel formatisi con le eruzioni vulcaniche. E non è escluso che si possano perfino ricavare mattoni da costruzione da strati di suolo con l’energia ottenuta concentrando la luce solare con enormi specchi. Nel libro, Dominoni e Quaquaro descrivono una città lunare sotterranea chiamata Selene dove si vivrà nel sottosuolo in tunnel artificiali scavati negli anni. «Ci sorprenderemmo a scoprire come gli abitanti sotterranei non risentano minimamente dell’ambiente confinato e dell’isolamento forzato» dicono i due autori. «La loro vita sarà senza immaginazione perché il loro sguardo non avrà prospettive da seguire. Si muoveranno sintonizzati su un obiettivo comune verso punti di aggregazione, senza percepirne la forma né il volume, guidati solo dall’olfatto e dall’udito, che nel tempo si saranno sviluppati moltissimo».
Ma possiamo anche immaginare che ci saranno «aree comuni disseminate di serre e fontane verdi dove rispettivamente cresce e scorre l’alga spirulina, considerata il cibo del futuro per il suo apporto proteico straordinario, insieme ad altre proprietà antiossidanti e benefiche per l’organismo». Di sicuro, lo studio delle piante in ambienti spaziali sarà cruciale per valutare la possibilità di abitarvi. Recentemente ricercatori dell’Enea, dell’Università Federico II di Napoli e della Sapienza Università di Roma hanno lanciato un orto di 30x10x10 centimetri nel quale, si spera, dovranno crescere piantine di crescione (Lepidium sativum), che si presterebbe come nutrimento in viaggi spaziali verso altri pianeti: si sviluppa velocemente anche su sostrati come cotone idrofilo e cartone inumiditi fino a raggiungere l’età adulta in circa 15 giorni.
L’insediamento immaginato su una delle 82 lune di Saturno si chiama invece Komorebi. Qui non c’è gravità, quindi la città, in parte fissata alla sua superficie, risponde alle leggi fisiche delle città orbitanti. Il corpo umano dovrà adattarsi a questa condizione, non solo per periodi limitati ma per una vita intera. Di conseguenza, cambierà aspetto. «La testa si è ingrandita, così come gli occhi, che nel tempo si sono abituati a muoversi spesso per avere una visione più ampia. La pelle è colore avorio per la mancanza di luce naturale. La città è in divenire, una sorta di involucro-estensione del corpo degli abitanti. Le strutture orbitanti di Komorebi hanno un “corpo” centrale curvo e sottile in cui si svolgono le attività collettive, mentre gli “arti” si diramano seguendo una crescita stellare, e le “estremità” sono unità abitative sviluppate in volumi sferici, con ampie superfici trasparenti».
In uno dei capitoli del saggio Dominoni e Quaquaro si spingono a ideare una città aliena in un pianeta orbitante che ruoterebbe intorno alla supergigante blu Earendel, la stella più distante mai osservata. La descrivono come un cristallo completamente blu i cui abitanti, consapevoli che il loro astro è destinata a esplodere in una supernova nel giro di pochi milioni di anni, si stanno preparando a lasciarlo. «Nella città di Earendel la gravità terrestre è riprodotta artificialmente dalle vibrazioni del cristallo e quindi la fisiologia, la postura del corpo, i movimenti per spostarsi da un punto all’altro avvengono come sulla Terra, a eccezione della velocità personale che può superare i 200 chilometri all’ora». Ma nessun pericolo, assicurano gli autori. Speciali tunnel trasparenti ad alta velocità, che si sovrappongono agli altri strati del cristallo, garantiscono sicurezza negli spostamenti per gli abitanti, che indossano strumenti prostetici a protezione dei corpi. «La sensazione di viaggiare così rapidamente senza essere all’interno di veicoli provoca la produzione di una quantità spasmodica di adrenalina, contenuta e ricalibrata grazie alle vibrazioni di blu. Altrimenti gli abitanti vivrebbero una condizione di eccitamento continua che li porterebbe all’esaurimento fisico e alla pazzia» precisano i due esperti. Forse i lettori troveranno nel libro le loro città extraterrestri ideali. Oppure penseranno con nostalgia a quelle sulla nostra fragilissima Terra.
