A 800 metri dalla Reggia dei Borbone, il sindaco Pd del capoluogo campano vuole realizzare un impianto per smaltire 40 mila tonnellate di rifiuti all’anno. Con il suo seguito di tir, smog e «olezzi». E per ora, a nulla valgono le tante proteste.
Se per uno strano scherzo delle leggi dell’universo Ferdinando I di Borbone potesse oggi ritornare nella Reggia di Caserta avrebbe di che lamentarsi del sindaco della città campana, Carlo Marino. E non solo per l’affronto di vederlo indossare la fascia tricolore della Repubblica in quelli che erano i suoi possedimenti, ma soprattutto per lo sciagurato progetto di affiancare alla maestosa residenza vanvitelliana un biodigestore.
Forse Sua Altezza impiegherebbe un po’ a comprendere che il termine indica un impianto integrato di trattamento dei rifiuti (organico e indifferenziato) ma alla fine, grazie allo spirito pratico e all’intuito, capirebbe che sempre di munnezza si tratta.
E ne soffrirebbe immaginando, a poco più di 800 metri dal bosco dov’era solito rincorrere, con le mute di segugi, cervi e caprioli, la costruzione di tristi silos destinati a ingoiare, ogni anno, 40 mila tonnellate di sacchetti neri.
Ma così ha deciso l’amministrazione municipale a guida Pd, e niente (e nessuno) per ora è riuscita a fermarla. Non le proteste delle associazioni ambientaliste, tanto meno le raccolte di firme nei confinanti comuni di Casagiove, San Nicola La Strada, Recale e Capodrise. Tutti preoccupati che la struttura, in località Ponteselice, possa avere l’effetto di un colpo di mortaio sul tessuto urbanistico dell’area metropolitana.
L’enorme capacità del biodigestore, ben più alta dell’effettiva esigenza del capoluogo (che si attesta attorno alle 10 mila tonnellate), è l’indizio che esso servirà l’intera provincia o, comunque, un’ampia porzione. Un sovradimensionamento che, di fatto, comporterà un duplice effetto. Portarsi dietro, come una lunga coda velenosa, il traffico di centinaia di camion che sfrecceranno lungo le strade con gli immancabili problemi di inquinamento ambientale e acustico che ne conseguono. E moltiplicare quello che tecnicamente viene definito «carico odorigeno», ossia l’olezzo provocato dalla «digestione» anaerobica della spazzatura.
L’iter di realizzazione è stato avviato nel 2017, ma solo la scorsa estate il sindaco Marino, che è anche presidente regionale dell’Anci, ha potuto annunciare l’approvazione del piano definitivo, proclamandosi del tutto impermeabile alle contestazioni e ai ricorsi davanti al Tar Campania e al Consiglio di Stato per una serie di supposte irregolarità.
La doglianza più veemente è che il Comune di Caserta non avrebbe potuto decidere da solo la localizzazione dello stabilimento, essendo tale prerogativa in capo all’Ato (Ambito territoriale ottimale), una specie di confederazione intercomunale che organizza i servizi pubblici integrati. Marino avrebbe fatto, insomma, un piccolo (auto)golpe.
I soldi, circa 30 milioni di euro, li mette la Regione Campania che sui rifiuti si gioca quel pizzico di credibilità che le è rimasta. È dal 2016, infatti, che il governatore Vincenzo De Luca annuncia che sarà l’anno buono per smaltire le famigerate «ecoballe», finendo per essere poi smentito puntualmente dai fatti.
Il budget di Palazzo Santa Lucia non sembra però bastare perché gli interventi di mitigamento ambientale potrebbero far lievitare il costo di quasi la metà; il che darebbe validi argomenti a chi contesta non soltanto la location ma la stessa tecnologia prescelta, rischiosa e a lungo andare anche antieconomica.
Ma les jeux sont fait, direbbe sconsolato Ferdinando I davanti a planimetrie e ordinanze. Se anche il sindaco Marino facesse (incredibilmente) marcia indietro, scatterebbe la mannaia della Corte dei Conti per il milione e 300 mila euro bruciati per la progettazione. Una cifra che il Comune di Caserta, in dissesto finanziario dal 2018, non è affatto in grado di rimborsare.
«Un impianto del genere a poche centinaia di metri dalla Reggia di Caserta, uno dei motori del turismo, rappresenta una scelta scellerata che negli anni abbiamo contrastato in tutti i modi e in tutte le sedi» dice a Panorama il capogruppo della Lega in consiglio regionale, Gianpiero Zinzi. «Alla fine anche l’assessore regionale Fulvio Bonavitacola ha dovuto ammettere, rispondendo al nostro “question time”, gli errori e i ritardi del Comune di Caserta. Come se non bastasse, da questa decisione unilaterale non potremmo recedere senza incorrere in un danno erariale. Una doppia beffa per un territorio che merita tutt’altra attenzione».
Attenzione che manca pure dalle parti del ministero della Cultura dove l’onnipresente ministro Dario Franceschini, sempre così pugnace nel difendere il patrimonio storico-architettonico del Paese, tace imbarazzato dal suo compagno di partito. A Ferdinando I, conosciuto col soprannome di re Nasone per l’imponente apparato olfattivo, per ora non resta altro che annusare l’aria. Assai preoccupato.
