Il programma da weekend e quello per la vita
Oltre la metà di chi fa parte delle nuove generazioni non vuole figli: legittimo. Ma non conoscerà mai la felicità che danno certi primi passi...
L’altro giorno mia nipotina Agata, 11 mesi, ha mosso i suoi primi passi. Ho visto e rivisto quel video un’infinità di volte. L’ho commentato. Poi l’ho rivisto. Poi l’ho mandato in giro. E poi l’ho rivisto ancora. Che ci volete fare? Con il passare degli anni si rincitrullisce un po’. Ma avete presente che cosa vuol dire una bimba di 11 mesi che barcolla incerta sulle sue gambe, appoggiandosi a quel che trova, un piede dopo l’altro per compiere quel piccolo passo per un bebè, grande passo per l’umanità, che è la sua prima camminata? Avete presente il suo sguardo prima spaventato, poi compiaciuto, la sua soddisfazione, la paura che diventa felicità? Avete presente quando cade e cerca una mano per rialzarsi? Pensate che possa esistere qualcosa di più vicino alla gioia pura?
State tranquilli, cara generazione No Kids, cari giovani che non volete più fare figli: oggi non vi farò la morale. Non vi dirò che siete egoisti, individualisti, carrieristi, come fanno tutti. Non vi dirò che senza bambini il mondo muore, il Paese si spegne, non vi farò filippiche sulla denatalità, sulle culle vuote, sull’inverno demografico. Mi sono rotto le palle delle sociologie un tanto al chilo, delle analisi statistiche, dei predicozzi moraleggianti. Fate quel che volete. Niente figli? Ok, niente figli. Vi dico solo una cosa: peggio per voi. Non sapete quello che vi perdete. E alla fine, vedrete, vi si ritorcerà contro. Perché tutta la libertà che andate cercando, il benessere economico, i viaggi, le vacanze, le Maldive, i weekend enogastronomici, l’affollamento delle piste da sci, tutto questo, messo insieme, alla fine non riuscirà a darvi la gioia che dà un passettino di Agata. Soltanto che voi non lo sapete. E forse non lo saprete mai.
La ricerca, come al solito, me l’ha segnalata il nume tutelare del Grillo. Io ero troppo impegnato a vedere e rivedere il video di Agata, perciò mi era sfuggita. A lui no, a lui non sfugge niente. Lo studio Generationship 2024, realizzato da Kienn Connecting People and Companies per il gruppo Unipol, riguarda i giovani tra i 15 e i 35 anni. Ebbene: per oltre il 50 per cento di loro avere figli non è importante. Altre sono le priorità: la libertà, la carriera, il benessere economico, il benessere individuale, la possibilità di viaggiare... Alessandro Rosina, docente alla Cattolica di Milano, spiega al Messaggero che «i giovani vivono in un mondo di incertezze e ansia per il futuro» e dunque sono spaventati dall’idea di legarsi ad un figlio, che inevitabilmente è una scelta «irreversibile». Tutto comprensibile, si capisce. Ma la mia domanda è: sono sicuri questi giovani che così saranno felici?
L’ho detto: non voglio colpevolizzare. Non voglio fare prediche. Non voglio parlare di doveri e obblighi morali. Voglio considerare solo ed esclusivamente la questione dal punto di vista del benessere individuale che sembra essere in cima alle priorità dei ragazzi intervistati. Ecco: ma davvero quel benessere individuale si può raggiungere pensando solo a sé stessi? Moltiplicando divertimenti e occasioni di svago? Davvero l’ansia per il futuro si vince negando il futuro? Davvero l’incertezza si sconfigge con altra incertezza? Con la moltiplicazione della precarietà? Annullando le «scelte irreversibili»? Davvero la provvisorietà si supera cercando cose provvisorie come il viaggio last minute per vedere l’aurora boreale o le balene in Canada? Davvero non sentite il bisogno di avere nella vostra vita un programma che sia più importante, e profondo, del programma per il weekend?
Vi faccio i miei auguri, cari ragazzi. Spero che possiate davvero essere felici così, rinchiusi nei recinti del benessere individuale. Soddisfatti dei progressi della carriera. Ma temo che buona parte dell’insoddisfazione che oggi circola fra i giovani, disagio, forme di devianza, fughe nella droga e nell’alcol, ubriacatura di social e eccesso di autolesionismo, siano proprio dovuti a questa idea piuttosto sbagliata della felicità. Che è giusto cercare a tutti i costi, ci mancherebbe. Ma che è difficile trovare senza pensare alla felicità di qualcun altro.
La colpa, temo, è soprattutto nostra. Di noi adulti. Che abbiamo trasmesso ai più giovani l’idea (dall’aborto in giù) che il figlio sia solo un impiccio, un problema, un costo, una noia. Al massimo un dovere. Sia chiaro: è anche tutto ciò. Ma un figlio è soprattutto qualcosa che ti allarga e ti allunga la vita. Dà il senso al tuo tempo. Cambia il significato di tutto quello che fai. I nostri nonni e i nostri padri ce lo hanno insegnato, noi non siamo stati in grado di fare altrettanto con i nostri figli che perciò oggi diventano generazione No Kids. E si condannano all’infelicità proprio mentre cercano la felicità a tutti i costi. Perché la cercano in ogni angolo del mondo tranne nel posto dove è davvero. Per esempio nel video di Agata che muove i primi passi.