Siamo lontani dalle atmosfere del Goodwood Festival of Speed, per non parlare dei raffinati raduni monomarca; non ci sono foulard Hermès alla Grace Kelly sul capo, né guanti da volante in radica. Quel birignao estetico così vicino al profumo dei soldi è molto lontano dal nuovo mondo del collezionismo di auto. Che attenzione, non sono auto d’epoca, né supercar o fuoriserie a basso chilometraggio. Senza contare poi che il termine collezionisti è bandito perché «out».
Ora si parla di «enthusiast» ovvero di appassionati che posseggono magari una sola auto purché sia una youngtimer, ovvero appartenga a un periodo di produzione ben preciso, quello che va dal 1980 al 2000. Stiamo parlando dell’Alfa 75, della Peugeot 205 GT, della Lancia Delta integrale evoluzione, della Golf GTI ma anche della Fiat Uno Turbo, delle prime Fiat Panda, delle Punto, delle Y10. E ancora delle Bmw M3, piacevoli da guidare con la loro selvaggia trazione posteriore, delle infaticabili Mercedes e delle introvabili Saab, magari in versione cabrio. Insomma auto vecchie, per dirla brutalmente, eppure così desiderate da far nascere pagine social, canali youtube, programmi tv, aste internazionali e perfino un giornale: il mensile chiamato proprio Youngtimer.








«Stiamo assistendo a un cambiamento epocale nel mondo del collezionismo storico che dipende da un ricambio generazionale» spiega Patrizio Zaccarelli, direttore marketing e comunicazione di Ruote da Sogno, lo showroom da 9 mila metri quadrati, in quel di Reggio Emilia, fondato dal visionario imprenditore Stefano Aleotti e dedicato a vari capitoli della storia delle due e delle quattro ruote. «I possessori di vetture d’epoca, data l’età, e spesso non avendo trasmesso la loro passione ai figli, si vedono costretti a donare la propria collezione ai musei o alle fondazioni oppure a venderla alle aste che rappresentano il benchmark per le auto storiche. Così mentre il collezionismo di modelli unici diventa sempre più di nicchia, si assiste alla grande crescita di un numero di appassionati, tra i 50 e i 60 anni, che vogliono macchine che vanno dal secondo dopoguerra ai primi anni 2000; con una punta di enthusiast, intorno ai 30-40 anni che invece richiedono principalmente youngtimer, vetture degli anni 80-2000, già entrate nel listino di aste prestigiose come quelle di RM Sotheby’s».
Le mode, si sa, mai paghe di proporre paradigmi cui aspirare e aderire con volatile integralismo, ciclicamente si infatuano della realtà: in questo caso la ridotta disponibilità di risorse da investire fa abbassare le pretese, e il nuovo fenomeno di moda diventano le utilitarie vintage degli anni 90, molte delle quali quotate ampiamente sotto i 10 mila euro.
«L’accessibilità di tanti modelli è sicuramente una buona motivazione, ma non è l’unica» interviene David Giudici, direttore di Ruoteclassiche e Youngtimer. «L’auto d’oggi è nel suo momento storico più importante perché sta diventando un oggetto ibrido ed elettrico con un sistema di guida assistito sempre più comodo e sicuro ma talmente supportato dalla tecnologia da aver quasi abolito la passione per la guida. Non è un caso che top spender come Tomaso Trussardi, tra l’altro firma del mio giornale e ottimo pilota, ora stia comprando solo youngtimer. La filosofia dello youngtimerista è: io non mi sto spostando, sto guidando».
Poco importano le limitazioni al traffico dell’area B di Milano: vuoi mettere il brivido dell’elettronica limitata all’essenziale, delle serie sportive raffreddate ad aria, dell’andamento dinamico di certe utilitarie dal cambio selvaggio o del consumo da petroliera di certe cabrio? Altro che pilota automatico. Adrenalina e nostalgia, accessibilità e prospettiva di guadagno da impennata di valutazione: questi gli ingredienti del cocktail del nuovo collezionismo.
Lo sa bene Davide Cironi, aquilano classe 1987, uno degli idoli di questi novelli petrolheads, che dopo aver creato un canale YouTube seguitissimo, con oltre 90 milioni di visualizzazioni, ha pure ideato un programma televisivo Dal pollaio alla pista, andato in onda su Motor Trend. «Stanco di leggere articoli e recensioni monocromatiche sulla stampa automobilistica italiana, ho provato a colmare il vuoto di cui io stesso sentivo la mancanza» inizia il suo racconto Cironi. «Il titolo della trasmissione è stato ispirato dall’Alfa 75 trovata in un pollaio che ho fatto restaurare, raccontando, passo dopo passo, la storia della rinascita su YouTube. È stato subito un successo: ora quell’auto la vogliono in molti, ho avuto richieste perfino dall’America, ma naturalmente io non la vendo».
Ma perché proprio quei modelli? «Chi ha la mia età ricorda quanto fosse figo avere un’auto figa. Fino ai primi anni 2000, guidare significava creare una connessione tra te, la strada e la macchina. Oggi, abbiamo barattato la comodità con il divertimento. Poi è arrivata la moda per l’ecologia che ritengo una presa in giro, perché non c’è niente di ecologico nell’industria di produzione, carica e smaltimento dei sistemi elettrici per autoveicoli. Infine c’è la questione della personalità: fino a qualche anno fa ogni macchina aveva un odore diverso, un rombo distintivo, perfino il rumore della portiera della Escort Cosworth era diverso da quello della Lancia Delta. L’Italia ha sempre prodotto meccaniche straordinarie, ma il marketing tedesco è stato molto più aggressivo e vincente, riducendo le mode a quello che loro sanno fare meglio: luci led e comodità. Non c’è da stupirsi, quindi, se sono tornate le youngtimer tra chi vuole godersi la guida» conclude Cironi.
Così se la cultura automobilistica arranca e non affascina minimamente la generazione Z, resiste tra «gli anta» la retorica della macchina che fa girare la testa alla gente. Manca solo la cassetta di Donna Summer da ascoltare con il finestrino aperto.