Home » Paese che vai stadio (insolito) che trovi

Paese che vai stadio (insolito) che trovi

Paese che vai stadio (insolito) che trovi

Dalla Groenlandia alle Maldive, passando per il Bhutan e le isole Lofoten. Un libro originale (con immagini meravigliose) fa il giro del mondo in 80 campi da calcio costruiti nelle location più inaspettate. Il racconto che ne esce è a metà tra curiosità sportive e indicazioni per luoghi da visitare il prossimo anno.


C’è un posto al mondo in cui vittoria o sconfitta non dipendono da un gol del centravanti o da una svista dell’arbitro. Ma dal bollettino della Capitaneria di porto. Perché nella traversata fra atolli sul fuoribordo messo a disposizione dal presidente, il mare grosso e la nausea dell’ala destra diventano decisivi. Se dopo un’ora e mezza di traversata allo stadio di Malé arrivano degli stracci, il Mahibadhoo perde di sicuro. Cosa che accade regolarmente dal 2015, visto che il campionato delle Maldive si gioca soprattutto nella capitale, e chi approda dalle isole laggiù in fondo (quelle abitate sono 202) oltre all’handicap del fuorigioco ha anche quello del mal di mare. C’è chi ormeggia il motoscafo, chi si tuffa in acqua a festeggiare un gol per mancanza di spazio (a Singapore), chi organizza partite nello stadio del salto con gli sci (Corea del Sud) e chi gioca finali al campo base dell’Everest.

È tutto molto originale nel libro di Vladimir Crescenzo, giornalista di France Football, Il giro del mondo in 80 stadi, sottotitolo «I campi da calcio più incredibili del pianeta» (Meltemi editore), con una serie pazzesca di fotografie che a prima vista sembrano fotomontaggi. Poi le osservi meglio e scopri testimonianze autentiche dell’attrattiva del più planetario degli Sport. Il volume è un inno al calcio più istintivo, lontano dalle rotte del business delle capitali europee e sudamericane del pallone. A Gosford, in Australia, non si sono neppure dannati a costruire quattro tribune attorno al campo di gioco; la quarta avrebbe ostruito il cannocchiale naturale su uno degli spettacoli più affascinanti del mondo: il tramonto sull’estuario del Brisbane Water. Eppure lo stadio ha 20 mila posti e la squadra dei Mariners, la più piccola della Serie A australiana, vanta nelle foto ricordo il giocatore più veloce della Terra: Usain Bolt. Nel 2018 lo sprinter giamaicano dei record (otto ori olimpici) aveva disputato qualche partita in prova segnando un paio di gol. Non fu possibile ingaggiarlo, le sue richieste erano esose per le casse del club. Così a Gosford si va a vedere il panorama. La stessa dolce maledizione dello stadio Sinigaglia di Como, proprio davanti alle onde. Scriveva il sommo Gianni Brera: «Quando vengo qui non riesco a descrivere le azioni perché mi distraggo guardando il lago».

Paese che vai stadio (insolito) che trovi
Lo scenografico Central Coast Stadium, a Gosford, in Australia.
Paese che vai stadio (insolito) che trovi
Lo stadio Saturnino Moure a Buenos Aires, in Argentina. È circondato dal fiume Riachuelo.
Paese che vai stadio (insolito) che trovi
L’impianto Las Coloradas, alle isole Canarie.
Paese che vai stadio (insolito) che trovi
Il pittoresco impianto Changlimithang di Thimphu (Bhutan).
Paese che vai stadio (insolito) che trovi
Il campo da gioco Rasmee Dhandu alle Maldive.
Paese che vai stadio (insolito) che trovi
Groenlandia, Qeqertarsuaq Stadion, sull’isola di Disko.
Paese che vai stadio (insolito) che trovi
Stadio a Henningsvær nelle isole Lofoten (Norvegia)


Gli stadi sono depositari di pietra della memoria collettiva. Lo è di sicuro il Changlimithang di Thimphu (Bhutan), che nel 2002 ha ospitato la partita meno competitiva della storia fra la nazionale himalayana e il Monserrat, piccola isola delle Antille. In palio fra tribune che somigliano a templi buddhisti la coppa tra le due squadre più deboli del pianeta (202ª e 203ª nella classifica della Fifa), non certo un Brasile-Germania. Hanno vinto 4-0 gli asiatici. Il significato era così simbolico che alla fine la coppa è stata divisa in due. Molto difficile riprodurre un simile clima sportivo altrove, men che meno al Nablus Stadium in Palestina, spesso inagibile perché bombardato. Se anche non lo fosse, organizzare una partita sarebbe un mal di testa. Per le restrizioni alla circolazione imposte da Israele, la finale di Coppa della Palestina fra una squadra di Gaza e l’altra della Cisgiordania è praticamente impossibile. Nel libro si racconta il calcio dell’altro mondo, quello sconosciuto, affascinante e sofferto. Realtà molto diverse dalle nostre, con i club impegnati a spingere i «tifosi-consumatori» a spendere sempre di più, a farsi recapitare un sandwich durante la partita senza doversi alzare. Gli esempi più estremi sono in Inghilterra, dove la gentrificazione degli stadi ha espulso le classi popolari, e in Spagna, dove le gradinate dello Spotify-Camp Nou di Barcellona sono più affollate di turisti che di calciomani. L’urgenza del business sfocia in situazioni surreali come a Soci, in Russia, dove c’era uno stadio olimpico inutile perché senza squadre.

A risolvere il problema ci ha pensato l’oligarca proprietario della Dinamo San Pietroburgo, che ha delocalizzato il club a duemila chilometri di distanza. Oggi si chiama FK Soci, identità zero. C’è più passione in Groenlandia dove 40 squadre lottano per vincere il campionato. Contro le avversarie e contro il tempo. Qualificazioni a luglio, playoff finali in una settimana, prima che la neve ricopra il mondo inuit dell’isola. È il torneo più pericoloso in assoluto, e non per le invasioni di campo. Nell’agosto 2004, dopo avere giocato una partita a Qeqertarsuaq, tre giocatori sono ripartiti in battello attraverso la baia di Disko. Purtroppo il trio non è mai arrivato a destinazione; dopo otto giorni le ricerche sono state interrotte per l’arrivo delle bufere invernali. Nel giugno dell’anno seguente i loro resti sono stati ritrovati sull’isola disabitata di Hareøen, dove il battello era naufragato. Il Giro del mondo in 80 stadi è un meraviglioso viaggio da divano. Ci porta anche ad Haiti, al Parc Sainte Thérèse, alla periferia di Port au Prince, dove gioca il Don Bosco FC. Lì nessun calciatore indossa la maglia numero 10, ritirata in memoria di Emmanuel Sanon detto Manno, che nel 1974 portò Haiti ai Mondiali in Germania e segnò anche un memorabile gol agli azzurri. Nel libro spiccano pure luoghi di fascino italiani come lo stadio di Sant’Elena a Venezia (circondato dagli yacht del porto turistico) e quello di Capri, il San Costanzo dove gioca il Racing, incastonato fra roccia e mare.

Meraviglie auliche, lontane dalla fanatica follia degli uomini. Se gli stadi di Città del Messico e di Santiago del Cile ci ricordano repressioni dittatoriali, quello di Tegucigalpa riporta alla memoria addirittura una guerra. Nel 1970 fu teatro della finale per accedere ai Mondiali messicani fra Honduras ed El Salvador. Gli scontri fra tifosi sfociarono in una crisi politica: il console salvadoregno fu ucciso, il Salvador invase l’Honduras per quattro giorni e ritirò le truppe solo dopo l’intervento dell’Onu. Alla fine andò anche ai Mondiali ma perse tutte le partite e non segnò neanche un gol. Potenza della broccaggine, e forse del karma.

© Riproduzione Riservata