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Quando Caravaggio dialoga con Burri

Quando Caravaggio dialoga con Burri

Un quadro straordinario che ha bisogno di cure e per cui sono disponibili anche le risorse. Ostacoli e polemiche che rallentano i tempi… Per riaffermare la grandezza al di là del tempo del Seppellimento di Santa Lucia, lo si deve mettere in rapporto con opere del Novecento.


Caducità delle cose umane. Qui ognuno parla senza sapere. Da più di un anno, diventato presidente del Mart (il Museo di arte contemporanea di Trento e Rovereto), ho pensato, nel dialogo fra arte antica e arte moderna, a come affrontare un problema che mi era stato da più parti posto (in particolare da un’eccellente studiosa di beni culturali e di buona amministrazione, Silvia Mazza), quando ero assessore alla Cultura della Regione siciliana.

Mi riferisco all’annosa questione della sistemazione definitiva del capolavoro di Caravaggio, il Seppellimento di Santa Lucia, dopo due restauri e lunghe, lunghissime assenze dalla Sicilia: depositato prima al museo di Palazzo Bellomo poi, per breve tempo, nella sede originale, Santa Lucia alla Borgata; infine, irragionevolmente, in condizioni di grave umidità e per di più prepotentemente sovrammesso a un dipinto di Deodato Guinaccia del 1579, in tal modo occultato da 16 anni, nella chiesa di Santa Lucia alla Badia a Ortigia.

Trascurato da molti anni in questa posizione provvisoria, il dipinto richiedeva e richiede una manutenzione, un controllo dei vecchi restauri, una teca o climabox per salvarlo dall’umidità, e un vetro antieffrazione per proteggerlo dai furti. In un’ideale prosecuzione del mio ruolo di assessore della Cultura alla Regione, ho ottenuto un finanziamento in favore del Fondo edifici di culto, istituto del ministero degli Interni, proprietario del quadro.

Per questo, più di un anno fa, ho predisposto un protocollo con tutte le parti coinvolte: il presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci, il presidente della Provincia di Trento, Maurizio Fugatti, il responsabile del Fec, sottosegretario al ministero dell’Interno Stefano Candiani. Non si è mai vista un’azione di mecenatismo tanto osteggiata dai beneficiari, attraverso associazioni depistanti. Eppure tutti universalmente condividono la necessità della sistemazione dell’opera nella chiesa di Santa Lucia alla Borgata, per cui è indispensabile la teca.

E va ricordato, rispetto alla collaudata collaborazione istituzionale con il Mart di Rovereto, che una grande personalità come l’archeologo Paolo Orsi è nato nella città trentina ed è stato straordinariamente attivo in Sicilia, a Siracusa in particolare, dove a lui è dedicato il museo; e che, nel 2014, senza alcuna protesta, l’Annunciazione di Palazzo Bellomo a Siracusa, venne al Mart di Rovereto per una grande mostra su Antonello da Messina, nel concorde spirito che tutta l’arte è contemporanea. Non si dimentichi, nel dialogo previsto tra Caravaggio e Alberto Burri, che quest’ultimo, umbro, ha lasciato il suo capolavoro in Sicilia nel Grande cretto di Gibellina.

I piagnistei e gli appelli che, nascondendo la verità, parlano di un semplice trasferimento (e mai di un sostegno economico), con sottrazione dell’opera alla città, definiscono una battaglia politica in perfetta malafede. Inoltre il Mart, al di là del finanziamento, nella stagione autunnale ha previsto di portare a Siracusa una serie di capolavori del Novecento, da Giacomo Balla a Umberto Boccioni, a Giorgio de Chirico. Le incomprensibili polemiche si sovrappongono ai pareri favorevoli di tutte le competenti istituzioni.

Ci sono la Sovrintendenza di Siracusa, l’Assessorato alla cultura della Regione, la Curia arcivescovile, con la lucidissima argomentazione dell’arcivescovo: «Il restauro non è più procrastinabile e non è diversamente finanziabile»; ancora, il Comune di Siracusa, il cui assessore alla cultura, Fabio Granata, condivide da sempre l’obiettivo della ricollocazione del dipinto di Caravaggio in Santa Lucia alla Borgata; l’Istituto centrale del restauro che, per verificare le condizioni dell’opera, ha predisposto un sopralluogo negli ultimi giorni di giugno; gli autorevoli rappresentanti di Legambiente, Gianfranco Zanna; di Sicilia Antica, Simona Modeo, del Pd di Siracusa, Giuseppe Patti.

Si aggiunge ora agli attaccabrighe, generalmente mossi da ambizioni personali, una persona del tutto aliena da interessi storico-artistici e programmaticamente applicato alla critica militante, mio storico nemico, e animato da antica rivalità, benché negli ultimi anni in sonno, fino a un’apparente riconciliazione: Achille Bonito Oliva. Anche lui parla per «sentito dire» e dice cose astrattamente condivisibili, mostrando di non conoscere i termini della questione e le condizioni e la situazione attuale del dipinto.

Ignorando anni di restauri, Bonito Oliva, che crede che l’opera sia stata concepita per Ortigia, dice che va «rispettata, custodita, preservata», esattamente come è nelle mie intenzioni e nel mio (diversamente dal suo) mestiere di soprintendente.
In questa materia, tutto può essere definito Bonito Oliva meno che «esperto», tant’è che pronuncia ovvietà come quella «di far arrivare le persone a vedere le opere d’arte nel luogo in cui si trovano», presupponendo un restauro, in questo caso con il necessario climabox, senza cui l’opera non potrebbe essere convenientemente esposta.

Stimolato dalla notizia che l’opera non è inclusa nell’elenco di quelle inamovibili dalla Regione, e digiuno di conoscenze amministrative, Bonito Oliva ne propone furbescamente l’inserimento, ignorando che essa è fuori perché non appartiene alla Regione ma allo Stato. Ma la misura della sua totale distrazione sta nella vertiginosa conclusione: «Il Seppellimento di Santa Lucia, realizzato per quello spazio, per quel luogo, è da considerarsi un unicuum».

Oltre all’errore della doppia «u» (da imputare non si sa se a lui o alla intervistatrice), si intende perfettamente che Bonito Oliva non sa che la collocazione «attuale» a Ortigia non è quella «originale»; e proprio per questo si è messa in piedi questa complessa trattativa: la sistemazione definitiva non a Ortigia, ma in un’altra importante area della città, la Borgata, dove, per la chiesa di Santa Lucia al Sepolcro, Caravaggio realizzò il suo dipinto. «Per quello spazio, per quel luogo», dove non potrà tornare senza la teca offerta dal Mart, grazie alla mostra Caravaggio, il contemporaneo, illustrata su Panorama qualche settimana fa.

Trascuro tutte le questioni relative alla «contemporaneità», al rapporto con Alberto Burri, alla presenza in Sicilia di un altro «unicum» che è il Grande cretto di Gibellina, materia sulla quale sono felice che Bonito Oliva si pronunci, venendo a vedere la mostra al Mart, dove il Seppellimento, oltre che con il Cretto di Burri, sistemato a Capodimonte, in dialogo con i dipinti antichi, da Raffaello Causa nel 1978, e con un Ferro, sempre di Burri, di forte consonanza con lo sfondo delle Latomie nel dipinto di Caravaggio, sarà in rapporto con I naufraghi di Cagnaccio di San Pietro, con le fotografie di Gibellina di Aurelio Amendola, e con la documentazione relativa alla morte di Pier Paolo Pasolini, di suggestiva affinità con lo straziato corpo morto di Santa Lucia. In tal modo potremo vibratamente concludere, con Bonito Oliva: «Il museo diviene luogo di condivisione sociale, etica, artistica, dove il visitatore può sentirsi parte viva e attiva di quella comunità».

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