Nella regione polare la sparizione totale della coltre bianca in estate è prevista entro il 2036. E, mentre i ghiacciai si ritirano, l’Oceano Artico subisce un fenomeno chiamato «atlantificazione». Correnti di acque più calde e salate provenienti dall’Atlantico penetrano a latitudini un tempo inaccessibili. Sconvolgendo l’ecosistema.
I ghiacciai scompaiono e gli scienziati si chiedono cosa ci sarà al loro posto. Come cambierà la biodiversità nelle aree prima ricoperte dal ghiaccio è una domanda evitabile ora che, nel corso della Cop26 di Glasgow, le maggiori economie mondiali non hanno preso impegni sufficienti a evitare un aumento delle temperature medie superiore a 1,5 gradi.
Secondo uno studio pubblicato su Annual Review of Ecology, Evolution and Systematics, al ritirarsi di un ghiacciaio l’ordine di colonizzazione vede per prima arrivare batteri, funghi, insetti e ragni, seguiti poi da muschi e piante. Si tratta di specie che, avendo bisogno di ambienti freddi e umidi per proliferare seguono di anno in anno il ritiro dei ghiacciai. Differenze esistono comunque da specie a specie di questi organismi, dalla velocità di espansione in nuovi ambienti e dalla localizzazione geografica.
Per i ghiacciai che nel secolo scorso arrivavano fino a bassa quota si prevede non solo una colonizzazione rapida da parte degli organismi, ma anche la formazione delle foreste, in particolare conifere. Queste ultime si formeranno nelle aree dove erano presenti cespugli, erba, frammenti di rocce sgretolate dal ghiacciaio.
Ci sono poi gli organismi che non potranno più sopravvivere e rischieranno l’estinzione. Questo è il caso della Nebria castanea, un coleottero originario di Austria, Francia, Germania, Italia e Svizzera. Questa specie criofila, cioè che predilige ambienti moderatamente freddi, è costretta a inseguire i ghiacciai che si ritirano per sopravvivere dove c’è ancora ghiaccio.
Mentre i ghiacciai si stanno ritirando, l’Oceano Artico sta subendo un fenomeno chiamato «atlantificazione»: correnti di acque più calde e più salate provenienti dall’Atlantico stanno penetrando a latitudini superiori un tempo inaccessibili, sconvolgendo l’ecosistema polare. Un articolo su Science Advances fornisce la prima ricostruzione storica dell’atlantificazione mostrando che si tratta di un fenomeno ben più grave di quanto immaginavamo, con ripercussioni sulla variabilità climatica e il ritiro di tratti di mare ghiacciati: il ritmo di riscaldamento dell’Artico sarebbe il doppio della media a livello globale.
Secondo lo studio, il fenomeno del riscaldamento dell’Oceano Artico sarebbe iniziato all’inizio del Ventesimo secolo, quindi decadi prima di quanto si pensava, a causa di acqua più calda che entra dall’Oceano Atlantico. Mentre l’Oceano Artico diventa più caldo, il ghiaccio nella regione polare si scioglie al ritmo impressionante di un milione di tonnellate al minuto. Nella sua spirale di morte si disfà riversando in mare intere distese di ghiaccio. La sparizione totale nel periodo estivo della sua coltre bianca è prevista entro il 2036. Ciò non sarà senza conseguenze per l’equilibrio dell’intero sistema terrestre.
Per motivi legati anche a questo fenomeno, si sta anche inceppando la cosiddetta Corrente del Golfo, che si può immaginare come un gigantesco nastro trasportatore di acqua calda dal Golfo del Messico verso Nord-Est e di acqua fredda e bassa salinità verso sud. È una corrente che muove all’incirca 20 milioni di metri cubi di acqua per secondo, più di cento volte l’intero rio delle Amazzoni. Così facendo influenza il clima delle varie regioni del pianeta: normalmente porta inverni più miti in Irlanda, Gran Bretagna, Islanda e regioni limitrofe rispetto a quelli sperimentati in regioni su simili latitudini nel Nord America. Se questa corrente viene perturbata, come sta accadendo, anche il clima di queste regioni viene sconvolto
Per capire meglio quanto sta accadendo bisogna pensare che nella fascia subtropicale, e nel golfo del Messico in particolare, trattandosi di un’area quasi chiusa, l’acqua del mare si riscalda raggiungendo temperature elevate. Essendo più calde, le acque marine si muovono in superficie in direzione Nord Est, spinte dalla cosiddetta forza di Coriolis generata dalla rotazione terrestre, fino a lambire le coste della Norvegia. Durante il viaggio, queste acque via via evaporano (rendendo piovose regioni come l’Irlanda e la Gran Bretagna) divenendo sempre più salate e dunque più dense. Giunte ad alte latitudini sono abbastanza pesanti da sprofondare via via verso il fondo e tornare a circolare in direzione contraria verso il punto di partenza.
Se però, a causa del ritmo accelerato dello scioglimento dei ghiacci nel mar glaciale Artico, si riversano in mare grandi quantità di acqua dolce, la salinità si riduce ad alte latitudine e il fenomeno non può avvenire con la stessa facilità. Ciò significa minore evaporazione e minore calore trasportato verso Atlantico settentrionale, dunque inverni più rigidi in Irlanda, Gran Bretagna, Islanda e nelle coste della Norvegia nonché periodi siccitosi più intensi in Europa.