Dopo la fuga di Jonny Lo Zingaro e la riduzione di pena per buona condotta che potrebbe essere concessa a Cesare Battisti uno dei più importanti terroristi e latitanti in Italia degli ultimi 50 anni, torna alta la polemica sui permessi premio e le riduzioni pena concesse a pericolosi criminali.
Una misura di legge che ha permesso a molti detenuti di scappare e in alcuni casi anche di uccidere e delinquere ancora. I permessi vengono vagliati caso per caso dal Magistrato di sorveglianza dopo aver ascoltato il direttore dell’istituto. La loro funzione è di rieducazione e reinserimento nella società del condannato che risulti essere non socialmente pericoloso e dipendono per un 70 per cento dalla buona condotta del detenuto in regime carcerario. Un principio che ha permesso a Jonny Lo Zingaro assassino a 11 anni di evadere 3 volte e di usufruire comunque solo nel 2019 di ben 13 permessi premio, fino alla fuga del 5 settembre che ne ha fatto perdere le tracce.
I dati
Nel primo semestre del 2019 sono stati concessi 19.610 permessi premio, una media di 0,3 a persona. La regione che ha concesso il più alto numero di permessi è la Lombardia (7.902), seguita dal Piemonte (1.412), dalla Toscana (1.247) e dalla Campania (1.208). Continua con Umbria (759) e Liguria (570) e Sardegna (995) In Basilicata (60) Calabria (401) Campania (1208) Lazio (625) Trentino Alto Adige (62) e Valle D’Aosta (23). Alla data del 31 dicembre 2019 i permessi concessi in totale sono stati 4040 di cui un terzo del totale ossia 15492 in Lombardia. Nel primo semestre del 2020 invece sono stati concessi 6113, circa 13mila in meno rispetto all’anno precedente molto probabilmente a causa del lockdown. Anche qui ancora una volta spiccano quelli concessi in Lombardia che sono 2225, seguita dalla Sicilia con 476, Piemonte 466 e Toscana con 459. Segue la Sardegna con 317, la Campania 279, Emilia Romagna 258, Lazio 358, Puglia 234, Calabria 206 e Abruzzo 202. I numeri più bassi si registrano ad Aosta con 9 permessi, Basilicata con 13, Trentino Alto Adige 15, Marche e Molise rispettivamente 57 e 55.
Per quanto riguarda le evasioni i dati variano di anno in anno. Nel 2018, ad esempio sono state 44 quelle tentate e 110 le evasioni riuscite. I tentativi di evasioni sono avvenuti prevalentemente da istituto o da ospedale. Mentre le evasioni riuscite sono avvenute durante i permessi premio (35912) o lavoro esterno. Nel 2019 invece sono 84 le evasioni riuscite tendenzialmente da istituti penitenziari.
Difficile invece avere un conteggio dei reati commessi da chi si trovava in permesso. La percentuale però è molto alta, vicina al 20%.
I casi principali
“Una volta vorrei vendicarmi di questa società che mi ha maltrattato” ha confidato Giuseppe Mastini chiamato dalla cronache giornalistiche Jonny Lo Zingaro prima di un permesso premio ad un compagno di cella.
Noto per la sua ferocia di assassino fu condannato all’ergastolo nel 1989 in seguito a una serie di sparatorie e sequestri di persona. È stato inoltre indicato senza riscontri, come possibile complice dell’omicidio dello scrittore Pier Paolo Pasolini. Uccise quando era ancora minorenne un autista di un tram per rubargli orologio e portafogli per poi occultarne il cadavere. Condannato a dodici anni di carcere, nel febbraio 1987 Mastini grazie ad un permesso premio per buona condotta non fece ritorno nella struttura penitenziaria. La sera del 23 marzo 1987 bordo di una vettura da lui condotta, in un scontro a fuoco uccise l’agente Michele Giraldi e ferendo gravemente un altro agente. Nel processo Jonny Lo Zingaro sarà condannato alla pena dell’ergastolo. In seguito alla concessione di un periodo di lavoro all’esterno del carcere di Fossano, il 30 giugno 2017 riuscì a fuggire. Il 25 luglio verrà poi catturato a Taverne d’Arbia in provincia di Siena. Lo scorso 5 settembre era nuovamente in permesso premio dal carcere di massima sicurezza di Bancali a Sassari. Sarebbe dovuto rientrare in carcere alle 12 e 20 ma si è dato nuovamente alla fuga.
Dal febbraio 2019 sono stati 13 i permessi premio autorizzati dal Tribunale praticamente uno al mese a eccezione del periodo di lockdown, lo stesso Tribunale di sorveglianza che in aprile ha concesso i domiciliari a Pasquale Zagaria, boss affiliato al clan dei casalesi per ragioni di salute.
L’ergastolano Antonio Cianci condannato per l’omicidio di tre carabinieri uccisi nel 1979 a Melzo in provincia di Milano, ottenne nel 2019 un premesso premio di 12 ore dal magistrato di sorveglianza. Il 9 novembre di quel giorno nel brevissimo tempo a disposizione rapinò un uomo di 79 anni nel parcheggio dell’ospedale San Raffaele. A quanto riportato dall’accusa organizzò l’aggressione camuffandosi da operatore del San Raffaele con mascherina, guanti, tuta e apparecchio per la pressione rubati nell’ospedale. Cianci dopo aver intimato all’anziano di consegnargli quanto aveva in tasca, in preda alla rabbia per la cifra esigua ottenuta di 9 euro, sferrò un fendente alla gola del 79enne ferendolo quasi a morte per poi portarsi via come un freddo predatore anche il cellulare.
Un altro caso eclatante è quello del pluriomicida Angelo Izzo è uno dei tre autori del massacro del Circeo. Il 29 settembre 1975 insieme ad altre due persone massacrò Donatella Colasanti e Rosaria Lopez per trentacinque ore al termine delle quali la Lopez fu picchiata e annegata nella vasca da bagno, mentre la Colasanti fu quasi strangolata con una cintura. Le due credute morte entrambe dai tre aggressori, furono poi nascoste nel bagagliaio di un auto. I lamenti della Colasanti, sopravvissuta alle violenze, attirarono l’attenzione di un metronotte che diede l’allarme. Il 29 luglio 1976 tutti e tre furono condannati in primo grado. Izzo provò varie volte a evadere. Nel gennaio 1977 tentò di evadere dal carcere di Latina a prendendo in ostaggio il maresciallo delle guardie carcerarie, ma il tentativo non riuscì. Nel gennaio 1986 gli venne attribuito un tentativo di evasione dal supercarcere di Paliano. Il 25 agosto 1987, approfittando di un permesso premio si allontanò dal carcere di Alessandria e riuscì a espatriare in Francia. Venne poi catturato a Parigi a metà settembre ed estradato in Italia. Nel dicembre 2004 ottenne la semilibertà dal carcere di Campobasso, su disposizione dei giudici di Palermo, per andare a lavorare nella cooperativa “Città futura”. Il 28 aprile 2005 uccise Maria Carmela e Valentina Maiorano occultandone i corpi.
Cesare Battisti condannato all’ergastolo per 4 omicidi è evaso nel 1981 dal carcere di Frosinone. Verrà arrestato solo nel 2019 dopo 37 anni di latitanza.
Battisti, negli anni Settanta fu membro di un gruppo terrorista di estrema sinistra chiamato Proletari armati per il comunismo (PAC), fu condannato per quattro omicidi avvenuti tra il 1978 e il 1979 di Antonio Santoro un maresciallo della polizia penitenziaria, Lino Sabbadin un macellaio, Pierluigi Torregiani un gioielliere e Andrea Campagna un agente della DIGOS. Solo a marzo del 2019 dopo l’estradizione in Italia ha ammesso i 4 omicidi. Oggi in una lunga lettera minaccia lo sciopero della fame se non otterrà misure meno restrittive.
Le polemiche
Alessandro De Pasquale, Presidente Nazionale del Sindacato Polizia SIPPE da anni denuncia il fallimento del sistema penitenziario: “Chiediamo una modifica totale e sistematica dell’ordinamento penitenziario, rendendo molto rigida la concessione degli istituti premiali ai detenuti, tenendo soprattutto conto delle informative della Polizia Penitenziaria che conoscono il detenuto, osservandolo nella vita carceraria quotidiana. Grazie anche al “traballante” sistema carcerario, riescono ad ottenere benefici premiali e magari, approfittando di un permesso per commettere reati, tra i quali anche evadere. La commissione di reati durante il permesso premio dovrebbe allarmare il Ministro della Giustizia Bonafede perché ciò confermerebbe il fallimento di un sistema penitenziario incapace di mettere il condannato nelle condizioni di “abbandonare le vecchie scelte criminali”. Il permesso premio – conclude De Pasquale – non deve essere concesso sulla base di mere valutazioni ma bisogna tener conto della sua importante finalità che è quella di incentivare il detenuto alla collaborazione con l’istituzione penitenziaria.