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(Ansa)
Difesa e Aerospazio

La Cina riparte con i lavori per la sua base navale negli Emirati

Intelligence Usa in allarme, Pechino pronta a proseguire la sua campagna di espansione anche in Medio Oriente e nel Golfo Persico

Mentre Pechino si offre come interlocutore di pace Kiev e Mosca, la Cina avrebbe ripreso i lavori di costruzione della base militare negli Emirati arabi uniti. La notizia, fatta trapelare dai servizi segreti americani, ha comportato immediatamente il risentimento dell'amministrazione Biden che non ha tardato a fare in modo che alcuni documenti dell'intelligence venissero diffusi alla stampa.

Così, almeno stando a quanto riportato ieri dal Washington Post, tali documenti mostrerebbero che i piani cinesi per continuare la costruzione della sua base militare negli Emirati Arabi Uniti sono andati avanti e che a breve anche Pechino potrà contare su un'infrastruttura posizionata laddove per gli americani costituisce un vantaggio logistico e tattico per le operazioni nell'area mediorientale.

Per la Cina si tratta invece della realizzazione del cosiddetto “progetto 141”, ovvero i piani per costruire entro il 2030 una rete di strutture militari nei porti mediorientali della quale la prima sarà proprio quella situata nel porto di Khalifa, vicino ad Abu Dhabi. Tale progetto risale a diversi anni fa, ma nel 2021 i lavori di costruzione delle infrastrutture dovettero essere interrotti a causa delle proteste e delle pressioni americane sul governo emiratino. Dal dicembre scorso nell'area erano apparsi movimenti di personale tecnico cinese fatti passare per la necessità di eseguire manutenzioni a quanto già esistente, ai fini di non lasciare che il clima locale e l'abbandono del cantiere causassero danni maggiori, ma ora si starebbe assistendo a una ripresa dei lavori di costruzione. Non è certo un segreto che i rapporti tra Cina ed Emirati si stiano consolidando sempre più, a partire da quelli in corso per le missioni lunari, poiché è cinese la tecnologia del rover di proprietà degli emirati che è stato sviluppato negli scorsi anni. La situazione al momento è tale per cui gli Usa stanno controllando attentamente ogni azione cinese nelle località in cui sarebbero previsti nuovi lavori. Di fatto i rapporti tra Washington e gli Emirati si stanno deteriorando e questi ultimi, così così come l'Arabia Saudita, hanno recentemente agito sempre più in contraddizione con gli interessi della politica estera americana, fino al punto di snobbare le preoccupazioni espresse dalla Casa Bianca riguardo a questioni come i legami con Cina e Russia, il rifiuto di sostenere l'Ucraina e l'insistenza nell'imporre tagli alla produzione del petrolio.

Quasi due anni fa Cina ed Emirati, innanzi alle rimostranze americane, avevano descritto l'impresa portuale in fase di realizzazione come puramente commerciale, mentre la Cia riportava di aver osservato navi camuffate da unità commerciali che in realtà erano dello stesso tipo tipicamente utilizzato dai militari cinesi per la raccolta di segnali di intelligence nella zona del porto. Dal canto loro, gli arabi precisarono di “non aver mai avuto un accordo, un piano, colloqui o intenzione di ospitare una base militare cinese o un avamposto di alcun tipo”. Di fatto però quando si parla di Cina è spesso impossibile accertare se le unità navali siano effettivamente civili o militari, ed è un fatto che negli ultimi dieci anni Pechino abbia cercato di sviluppare porti commerciali negli avamposti di tutto il mondo, in quello che i funzionari statunitensi vedono come un chiaro sforzo per sviluppare un punto d'appoggio per l'accesso militare. A cominciare da Pakistan e Sri Lanka, oltre alla conosciutissima prima base militare all'estero sorta a Gibuti nel 2017.

La vicenda era stata oggetto anche di un vertice avvenuto nell'autunno 2021 tra Usa e Abu Dhabi, quando il senatore repubblicano dell'Oklahoma Jim Inhofe, presidente del Comitato per i servizi armati del Senato Usa, aveva dichiarato in un tweet di aver discusso di eprsona con il principe ereditario bin Zayed a proposito della “reciproca preoccupazione per le attività militari cinesi in Medio Oriente”, e dopo qualche giorno fu data la notizia della sospensione dei lavori al porto di Khalifa. La posizione di questa località ha un grande rilievo strategico: è a poche centinaia di miglia a nord dallo stretto di Ormuz ed equidistante a sud da luoghi importanti del Golfo Persico come Barhein e Qatar. In pratica una presenza militare cinese a Khalifa sarebbe speculare a quella di Gibuti, in Africa ma all'ingresso del Mar Rosso, poiché vicinissima allo stretto di Bāb el-Mandeb che congiunge il Mar Rosso con il Golfo di Aden e quindi con l'Oceano Indiano, proprio di fronte allo Yemen. Di conseguenza, grazie alla presenza a Khalifa, Pechino avrebbe capisaldi che accerchiano la Penisola Arabica.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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