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La Guerra Mondiale Cibernetica, un non senso che finirebbe in pareggio

La Rubrica - Cybersecurity Week

Per quanto le notizie di attacchi si susseguano a ritmo incessante, questa settimana volevo rispondere a una domanda che mi è stata posta durante una conferenza: esiste la possibilità di guerra esclusivamente cibernetica?

Il problema dei contendenti di un conflitto è la possibilità di vincerlo. Allo stato attuale la pervasività delle tecnologie dell'informazione e soprattutto l'interconnessione dei diversi sistemi non sono ancora tali da garantire una possibilità di vittoria definitiva. L'Internet delle Cose cresce rapidamente, ma non è parte integrante di tutte le infrastrutture critiche e sistemi essenziali, di conseguenza un attacco per quanto sofisticato e diffuso difficilmente riuscirebbe a produrre danni anche solo vagamente comparabili a quelli di un attacco "convenzionale". Chiunque lanci un'offensiva globale, che comprenda un ampio ricorso a malware capaci di agire autonomamente, finirebbe per subire danni collaterali non trascurabili.

E' dunque probabile che la "guerra fredda cibernetica" continuerà a essere il leit-motif . Tuttavia se la forte spinta alla digitalizzazione manterrà le sue promesse, la situazione potrebbe cambiare a causa della sempre più stretta interconnessione dei sistemi e del mondo IoT, combinata con una maggiore delega della gestione di infrastrutture a intelligenze artificiali più o meno deboli. In tal caso un attacco cyber allora potrebbe paralizzare completamente un paese. Si porrebbe, però, un secondo e fondamentale quesito: la paralisi sarebbe sufficiente al conseguimento della vittoria?

Se così non fosse non ci sarebbe alcuna ragione per scatenare questo tipo di guerra. Questo ci porta a fare delle valutazioni sul concetto di vittoria, perché storicamente fin troppe volte i conflitti si sono conclusi senza vincitori e soprattutto, stanti le dichiarazioni delle parti in causa, senza vinti. Se accettiamo una definizione minimalista per cui il successo di una parte è indissolubilmente legato al raggiungimento degli obiettivi che si era posta, allora il tema si sposta proprio su di essi. In alcuni scenari futuribili possiamo immaginare sia possibile conseguirli e, a quel punto, una guerra solo cyber potrebbe essere un'ipotesi percorribile per tutti, ma per molti potrebbe essere l'unica. A questo proposito il tema dell'asimmetria, che nel contesto cyber è decisivo. La pervasività delle tecnologie dell'informazione nei paesi più evoluti e anche dotati di maggiori risorse militari e non, li renderà sempre più vulnerabili a una guerra cyber e questo potrebbe rappresentare l'unica possibilità per tutte quelle organizzazioni incapaci di contrapporre al nemico un arsenale adeguato per una guerra convenzionale.

Le realtà di questo tipo, statali e non, sono le più numerose e per esse un esercito cyber offrirà la sola e unica opportunità di resistenza e forse di vittoria. Se un singolo missile Cruise costa più o meno 700 mila dollari, un malware anche molto sofisticato al massimo può costare decine di migliaia di dollari e soprattutto è replicabile all'infinito senza ulteriori spese. Nello specifico delle organizzazioni "povere", quindi, la capacità di concentrare le proprie risorse sul contrattaccare in rete offre un'opportunità più unica che rara. In primo luogo sarebbero in grado di colpire l'avversario sul suo territorio. Come reagirebbe l'opinione pubblica alla privazione dell'energia elettrica? Oppure se improvvisamente gli acquedotti erogassero acqua contaminata? O anche se venti o trenta aerei si schiantassero contemporaneamente su delle città? In secondo i "poveri" potrebbero tentare di compromettere la funzionalità dei sistemi e degli algoritmi intelligenti a supporto di esercito, aviazione e marina. Cosa accadrebbe se fosse possibile prendere il controllo dei droni del nemico? Oppure violarne la linea di comando? Appare evidente che per centinaia di organizzazioni statali e non l'investimento in una forza combattente esclusivamente cyber rappresenterà qualcosa di più di un'opzione e probabilmente sarà l'unica strategia perseguibile rispetto a paesi "militarmente dotati". In un prossimo futuro il concetto stesso di superpotenza potrebbe diventare un mero retaggio del passato e il concetto di deterrenza sarà completamente stravolto.

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Alessandro Curioni