Zucchero, "Black Cat": la recensione
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Zucchero, "Black Cat": la recensione

Il bluesman emiliano ha realizzato un album ispirato e coeso, dove convivono perfettamente le sue due anime

Un merito che viene universalmente riconosciuto a Zucchero è quello di aver sdoganato anche in Italia un genere affascinante come il blues. Migliaia di chilometri separano il Delta del Missisipi, dove è nata questa musica per alleviare la raccolta del cotone nei campi, da Roncocesi, un paesino in provincia di Reggio Emilia dove è nato Fornaciari. Zucchero è riuscito ad accorciare queste enormi distanze grazie alla sua voce roca e passionale, al suo gusto melodico che ne addolcisce le asprezze, alla forza e all’irriverenza dei suoi testi.

Tutte qualità che ritroviamo nel nuovo album Black Cat, pubblicato oggi in tutto il mondo, un disco ambizioso e glocal, con radici saldamente piantate in Emilia, ma con un respiro internazionale raro da trovare in un album italiano.

Zucchero ha chiamato a raccolta un team all star di produttori, formato da Don Was(Rolling Stones, Bob Dylan), Brendan O'Brien(Bruce Springsteen, Pearl Jam, AC/DC, Aerosmith) e T-Bone Burnett(Roy Orbison e Elvis Costello), una scelta che si rivela vincente fin dalle prime battute del disco, che si apre con i ritmi indiavolati dell'honky tonky Partigiano Reggiano. La canzone, scelta saggiamente come singolo di lancio di Black Cat, è caratterizzata da un ostinato riff di piano e da una ritmica trascinante, mentre il testo è un elogio alla libertà in tutte le sue forme. Un brano che,siamo sicuri, sarà uno dei momenti più coinvolgenti dei suoi 10 concerti di settembre all'Arena di Verona.

I ritmi si mantengono alti nella successiva 13 buone ragioni, che si apre con la ieraticità dell'organo, mente il testo è diretto e carnale in perfetto stile Zucchero, dove una birra e un panino al salame sono preferibili a una lei poco comprensiva e attenta(forse ispirata all'ex moglie del bluesman emiliano,con cui i rapporti sono stati spesso burrascosi). Piede sull'acceleratore anche nella tiratissima Ti voglio sposare, con un sound che vira decisamente verso il rock, ben supportato dalla voce di Zucchero, matura ed espressiva. Una curiosità: Biagio Antonacci è qui presente in veste di background vocals. I primi tre brani richiamano l'energia e la spontaneità di Oro, Incenso e Birra, uno tra i dischi italiani più venduti al mondo e tra i più importanti della storia della musica del nostro Paese.

Atmosfere più delicate e sognanti caraterizzano Che si arrende, versione italiana di Streets Of Surrender (S.O.S.), arioso inno alla libertà, una canzone contro l’odio scritta da Bono Vox dopo il terribile attentato terroristico al Bataclan di Parigi, nel novembre del 2015. Sia Streets Of Surrender (S.O.S) che Ci Si Arrende sono impreziosite dall'inconfondibile suono della national guitar di Mark Knopfler, ex Dire Straits.

In Ten more days è evidente la mano sapiente di T-Bone Burnett, con un sound caldo e avvolgente tratteggiato dalla Dobro e dalla Pedal Steel, strumenti pressoché introvabili negli album italiani mainstream. Da applausi gli arrangiamenti vocali di William Maxwell. L'anno dell'amore è un festoso invito a lasciarsi andare ai piaceri della carne, una Solo una sana e consapevole libidine versione 2.0: "Violate in pace, Biaga e Batacchio, male non fate ma sì".

Lo Zucchero più poetico e spirituale ritorna in Hey Lord, che mescola magnificamente roots rock, blues e gospel,e nella delicata Fatti di sogni, dove dominano i suoni della 12 corde di Brendan O'Brian e gli archi di Davide Rossi.

Si torna a ballare nella lasciva La tortura della Luna, il cui testo non lascia spazio a dubbi: "E c'è qualcosa che striscia,tra l'erba liscia e la coscia, that's all right, sugar & spice".

Più malinconiche e introspettive risultano Love again e Terra incognita(bellissimo l'incipit "Quanti versi ho versato per te/Quanti cieli ho celato per te").

Voci, accompagnata da un suggestivo video di Gaetano Morbioli, è una canzone delicata ed emozionante, con un pizzico di elettronica, caratterizzata da un crescendo di pathos e di ritmo, fino al coinvolgente handclap che sembra pensato apposta per esaltare il pubblico nei grandi concerti all’aperto. Black Cat si chiude con Streets Of Surrender (S.O.S), ovvero Ci Si Arrende nella versione di Bono Vox, dove è evidente la mano del frontman degli U2. Un caloroso omaggio a Parigi, ferita dalla strage del Bataclan, e al tempo stesso un inno universale di fratellanza e di speranza.

Una chiusura perfetta per un album senza riempitivi, caratterizzato dalla tensione continua tra carne e spirito, tra irriverenza e introspezione, tra dolorosa consapevolezza e leggiadra speranza.

Se(come noi)avete amato Blue's e Oro incenso e birra, Black Cat vi darà quello stesso tipo di fremiti, con il surplus della consapevolezza e della maturità di un artista al culmine dei suoi mezzi espressivi.

Ufficio Stampa
Zucchero, la cover dell'album Black Cat

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Gabriele Antonucci