I videogame aiutano a trovare lavoro?
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I videogame aiutano a trovare lavoro?

Metterli in curriculum o no: il dibattito è aperto, ma c'è ancora molta strada da fare

Ormai da decenni coloro che cercano un lavoro indicano nel curriculum anche le abilità come giocatori, ad esempio negli scacchi (mente analitica, capacità di pianificazione) o nei giochi di squadra, meglio se come capitani (socializzazione, leadership). La stessa cosa può accadere con i videogame? In teoria sì, in pratica meno, e comunque solo con certi titoli.

Dal punto di vista teorico, padroneggiare gli strategici o titoli come Minecraft ha il medesimo significato dell'essere bravi a scacchi. La stessa considerazione vale per le capacità di lavorare in gruppo offerte da una gilda di World of Warcraft.

Se però passiamo dalla teoria alla pratica, le cose sono meno rosee per i videogiocatori. Una fotografia della situazione attuale è ben riassunta da Aaron Pressman di yahoo.com : escludendo coloro che lavorano nell'industria dei videogame, meno di 2000 persone indicano World of Warcraft nel loro curriculum di LinkedIn, mentre più di 250mila segnalano gli scacchi. Ma c'è di più.

Adam Rubenfire del Wall Street Journal ha scritto un articolo in cui si domanda se essere ottimi giocatori di World of Warcraft può davvero aiutare a trovare lavoro. Il panorama è scoraggiante, tanto che un ex responsabile del reparto assunzioni (assiduo frequentatore di WOW) ammette di aver sconsigliato i suoi compagni di gioco di indicarlo nel curriculum. Il motivo: "Pochi reclutatori capiscono davvero quanto un giocatore di ruolo può essere valido come lavoratore".

Michael Schrage della Harvard Business Reviewosserva che questa situazione è figlia di un anacronismo generazionale snob ed elitario, e poi argomenta le ragioni dietro la necessità di superarlo, difendendo a spada tratta i giochi di ruolo.

La sua non è una guerra solitaria e disperata, considerato quanto scrive Hannah Langworth sull'Independent, e cioè che i videogame stanno entrando nel processo di reclutamento. Ad esempio, il gruppo bancario BNP Paribas ne ha recentemente utilizzati due: uno per mettere alla prova le capacità di codifica dei candidati agli impieghi in area tecnologica, l'altro strutturato come un adventure per affrontare sfide finanziarie incontrando banchieri e clienti virtuali.

Certo, si tratta di prove costruite ad hoc, dunque non vale l'esperienza pregressa in quanto tale, quella maturata giocando a un videogame e portata a sostegno delle proprie abilità e potenzialità. Qualcosa però si sta muovendo.

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Aldo Fresia

Scrivo di cinema e videogame. Curo e conduco la trasmissione radiofonica Ricciotto.

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