Oxford annuncia: «Il vaccino, sarà pronto in autunno»
(Pedro Vilela, Getty Images)
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Oxford annuncia: «Il vaccino, sarà pronto in autunno»

I ricercatori al lavoro nel Regno Unito hanno spiegato che siamo vicini alla svolta che il mondo attende

«Il vaccino pronto a settembre». È l'annuncio arrivato dall'università di Oxford dove si sta sviluppando uno dei vaccini contro il Coronavirus. Per gli scienziati al lavoro e che fanno parte di un team internazionale di esperti «se i risultati ottenuti sugli scimpanzé venissero confermati sugli esseri umani allora possiamo dire che a settembre saremo in grado di produrre milioni di dosi».

Per il vaccino gli scienziati dell'Università di Oxford stanno usando una tecnologia già sperimentata con successo su altri coronavirus in passato, puntando alla produzione di anticorpi e alla copertura immunitaria a livello mondiale a partire da settembre.

Ricordiamo che i test sugli uomini di questo virus sono cominciati settimana scorsa e servono tre mesi per avere dei risultati certi. Tra i volontari che stanno testando il vaccino anche una scienziata italiana.

Ma non è l'unico studio in corso. nel mondo sono decine i laboratori ed i centri di ricerca impegnati in tutto il mondo. Ecco a che punto siamo e qual'è l'iter di produzione di un vaccino.

Le sperimentazioni in corso

Ci sono circa 35 centri di ricerca nel mondo che condividono questo comune obiettivo includendo sia compagnie private sia istituzioni accademiche. Di tutte queste, solo una manciata hanno già in mano candidati in sperimentazione su animali e ancora meno sono quelle che stanno iniziando i test sull'uomo. L'ultima notizia, di pochi giorni fa, riguarda il già famoso "cerotto" creato dall'Università di Pittsburgh già testato sugli animali. Lo sviluppo di un vaccino è un processo che prevede varie fasi e che comincia con l'analisi delle caratteristiche del microrganismo. All'inizio di Gennaio, e in tempi rapidi, la Cina ha fornito la sequenza del genoma del virus. Con queste conoscenze è stato possibile farlo crescere nei laboratori, studiarne le modalità di penetrazione nelle cellule e dunque dedurre come deve essere la composizione quantitativa e qualitativa del vaccino. Tutti i candidati sono basati sullo stesso principio base. Un virus è formato sostanzialmente da Rna all'interno di una capsula proteica. Sulla superficie di quest'ultima vi sono come degli aculei ("spikes" in inglese), proteine che si legano ai recettori sulle membrane cellulari umane e permettono al virus la successiva penetrazione. Il vaccino è una parte del virus, innocua per l'organismo, che viene iniettata nell'organismo così da farla riconoscere al sistema immunitario stimolandolo a produrre anticorpi. Questi formeranno la memoria immunitaria capace di rispondere in maniera rapida qualora il vero virus arrivasse.

Le fasi della Produzione

Una volta prodotto il potenziale vaccino, con studi in vitro si valuta la capacità di indurre la risposta immunitaria negli animali e i suoi impatti su un organismo vivente. Al termine di questa prima fase, che si chiama pre-clinica, si definisce meglio la composizione del vaccino e si passa alla sperimentazione clinica vera e propria sull'uomo composta di quattro fasi: le prime tre estendono sempre più il campione controllato e randomizzato, definiscono le dosi o la necessità di un richiamo e valutano eventuali reazioni avverse. Infine la quarta fase prevede un'analisi della sicurezza e l'efficacia a vaccino già in uso e già commercializzato.

Tra le aziende passate già alla fase clinica, cioè sull'uomo, una di quelle che si è spinta più avanti è la multinazionale americana Johnson & Johnson, la quale ha annunciato che i primi lotti del vaccino attualmente in preparazione contro il Covid-19 saranno disponibili nei primi mesi del 2021. Se così sarà, potrebbe trattarsi uno dei primi vaccini disponibili in assoluto, visto che generalmente per arrivare alla quarta e ultima fase clinica partendo da zero ci vuole da un anno a un anno e mezzo. Sentito per email, Paul Stoffels, direttore scientifico della Johnson & Johnson, spiega con queste parole come mai un vaccino pronto per l'uso nei primi mesi del 2021 sia possibile: « I nostri sforzi sono cominciati già nel Gennaio 2020, cioè quando le sequenze genetiche del nuovo Covid-19 sono arrivate. Abbiamo alle spalle più di venti anni di investimenti in antivirali, strutture e conoscenze che ci permetteranno di entrare nella prima fase clinica sugli umani prima di settembre prossimo. Considerato che abbiamo il vantaggio di poter produrre il vaccino su scala globale mi sento di dire che nel primo trimestre del 2021 saremo in grado di fornire un vaccino per affrontare l'emergenza».

Tra le prime posizioni nella corsa anche un'altra compagnia americana, la Moderna Therapeutics, che ha creato un vaccino 42 giorni dopo che la Cina ha comunicato i risultati dell'analisi genomica. Ragionevolmente, questo vaccino entrerà nella fase uno dei test clinici sull'uomo questo mese visto che i primi lotti sono stati inviati già al National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID), organismo che deve dare il via libera.

Se il vaccino di Johnson&Johnson si basa sulla produzione e lo sviluppo di adenovirus che fanno da carrier (portatori) di particelle del Covid-19, quello del Moderna contiene mRna, cioè è una sorta di microscopica macchina in grado di codificare per le proteine che si vogliono fa riconoscere al sistema immunitario. Come nel caso di un'altra azienda, la CureVac di Boston, che produce anch'essa un vaccino che usa direttamente l'istruzione genetica. Se il fine è lo stesso, la possibilità di non dover contare su virus vivi o morti potrà forse dare un vantaggio a Moderna e altre aziende come la CureVac in termini di velocità, anche se questo è ancora tutto da vedersi.

La Coalition for Epidemic Preparedness Innovations (Cepi), una fondazione che raccoglie donazioni pubbliche e private per finanziare la ricerca contro virus emergenti ha appena dato quattro milioni di dollari alla compagnia Novavax che prevede di entrare nelle sperimentazioni di fase clinica 1 sull'uomo a Giugno. La sua strategia è quella di puntare a un vaccino ricombinante, cioè uno costruito estraendo il codice genetico che codifica per la proteina che si lega al recettore della cellula umano e incollandolo nel genoma di un batterio o di un lievito. Questi organismi produrranno quella proteina in grande quantità così da stimolare il sistema immunitario.

In corsa ci sono decine di altre aziende come Abbvie, Geovax, Vaxvart o Gilead, e anche tre aziende italiane con base nel Lazio. La Takis ha sperimentato con l'Istituto Spallanzani quattro tipi di vaccino che hanno iniziato i test preclinici prima di tutti i concorrenti europei. Se tutto andrà bene (e si vedrà a fine aprile) già in autunno potranno partire i test sull'uomo. L'Irbm sta collaborando con l'istituto Jenner dell'Università di Oxford e conta di iniziare i test sull'uomo prima di Luglio. La Reithera prevede di iniziare i test clinici sull'uomo entro fine maggio avendo pronto un lotto di diecimila dosi. Queste aziende hanno notevole esperienza con vaccini come quello contro l'ebola e grandi potenzialità, ma scontano le difficoltà di una scarsità di fondi italiani alla ricerca, ancora lontani dall'obiettivo del 3 per cento del pil fissato per il 2020. Nonostante questo, potrebbero regalarci le piacevoli sorprese che tutti attendiamo.

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Luca Sciortino