Uccise perché volevano vivere all'occidentale
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Uccise perché volevano vivere all'occidentale

Da Hina a Sanaa. Le donne musulmane uccise in Italia per non aver voluto indossare il burqa o sposare un connazionale

Volevano indossare i pantaloni, la minigonna, andare in pizzeria ed avere un fidanzato italiano. Non chiedevano niente di più.

Ed invece le loro richieste sono sembrate "impossibili", "vergognose", "oltraggiose" a padri o mariti padroni e per questo sono state uccise.

Alcune di loro sgozzate, altre trafitte da decine di coltellate e i loro corpi nasconti sotto pochi centimetri di terra nel giardino di casa.   

Hina e la sua voglia di vivere

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11 Agosto 2006: Hina Saleem, una ventenne pakistana, viene uccisa a Sarezzo nel bresciano dal padre Mohammed Saleem perche' voleva vivere all'occidentale. La giovane viene sepolta, con la collaborazione dei due cognati e di uno zio della vittima, con la testa rivolta alla Mecca.

Mohammed Saleem viene condannato definitivamente a 30 anni di reclusione e nelle motivazioni della sentenza Hina viene riconosciuta vittima di un ''possesso-dominio'' da parte del padre che non accettava il suo stile di vita all'occidentale

Sanaa voleva il fidanzato occidentale

Un'immagine di Sanaa Dafani, la ragazza di 18 anni uccisa dal padre STEFANO LANCIA / DBAAnsa

15 SETTEMBRE 2009: Viene uccisa dal padre, nel comune di Montereale Valcellina (Pordenone), Sanaa Dafani, una ragazza di origine marocchina di 18 anni. La ragazza viene praticamente sgozzata dall'uomo, il cuoco Kataoui Dafani, punita perche' voleva vivere all'occidentale e si era fidanzata con un giovane italiano. Il ragazzo viene a sua volta ferito alle braccia dal coltello brandito dall'uomo, in un estremo tentativo di difendere Sanaa.

Morta per aver difeso la figlia

3 OTTOBRE 2010: A Novi, in provincia di Modena, una pakistano massacra la moglie con una pietra nel giardino di casa e la uccide per aver difeso la figlia 21enne, decisa a rifiutare il matrimonio combinato per lei dal padre. La vittima aveva anche chiesto il divorzio dal marito.

Il caso della bellissima Jamila

16 APRILE 2011: Scoppia a Brescia il 'caso di Jamila', nome di fantasia, per una ragazza di 19 anni pachistana, dopo la lettera inviata da un'insegnante per denunciare l'assenza prolungata della giovane dai banchi di scuola. "Temo di fare la fine di Hina", aveva confidato la studentessa all'insegnante.

La ragazza da circa due settimane non frequentava piu' l'istituto professionale: la sua bellezza non passava inosservata, nonostante gli abiti tradizionali e il capo coperto, cosi' di fronte agli apprezzamenti dei coetanei la famiglia aveva deciso di segregarla perche' era gia' promessa a un cugino che vive in Pakistan. La ragazza torna a scuola dopo l'intervento della Questura e dei mediatori sociali.

Uccisa perché amava i jeans

28 MAGGIO 2012: Un'indiana, incinta di 3 mesi e madre di un bambino di 5 anni, uccisa e il marito reo confesso: l'avrebbe 'punita' con la morte perche' a suo dire vestiva all'occidentale, contrariamente alle tradizioni indiane

Violentata perché non sposava connazionale

29 SETTEMBRE 2013: A Brescia una pachistana rifiuta un matrimonio combinato e viene rinchiusa in casa, sottoposta a violenze psicologiche e addirittura violentata da un cugino che voleva così infliggerle una punizione.

Non voleva portare il velo

7 novembre 2014. La moglie non voleva portare il velo. Per questo lui ha ucciso i figli e poi ha tentato di suicidarsi. Purtroppo non si tratta di un caso isolato, molti altri sono i drammi vissuti da ragazze straniere, fino ai tragici casi di Hina e Sanaa, che hanno pagato con la vita il loro desiderio di vivere all'occidentale.

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Nadia Francalacci