Tutti i nuovi metodi d'indagine hi-tech della polizia di New York
Dai microfoni per sentire gli spari al monitoraggio dei social network. Ecco come si combatte meglio il crimine nella Grande Mela
Se oltre a essere malintenzionati fossero anche furbi, i criminali farebbero bene a tenersi alla larga da New York. A scegliere, se il loro istinto a delinquere è così inarrestabile, altre città d’Oltreoceano per compiere i loro reati. La polizia della Grande Mela, il dipartimento più grande in termini numerici di tutti gli Stati Uniti, è oggi anche il più evoluto: ha messo in piedi una macchina tecnologica complessa, articolata, per individuare i furfanti e consegnarli alla giustizia. Facendo ricorso ad ampie dosi di automatismo e, persino, scandagliando i social network a caccia di indizi e tracce utili a un’indagine.
L’ultima chicca che pare uscita direttamente dalla sceneggiatura di un film di fantascienza è una rete di microfoni e sensori sparsi tra Manhattan e dintorni, in grado di captare il suono di uno sparo e inviare la segnalazione alla centrale con corredo di coordinate precise dell’episodio, così che una pattuglia possa sapere prontamente dove intervenire. Anche se nessuno ha udito il rumore nei dintorni e dunque non ha avvisato il 911. Si tratta di un meccanismo, figlio di un investimento da oltre 1,5 milioni di dollari, che ridurrà il tasso d’impunità dei criminali, colti con le mani nel sacco (anzi, quasi, sulle pistole) quando penseranno di agire al riparo di orecchie e occhi indiscreti.
Occhi che sono onnipresenti a New York e hanno trasformato i «cop» locali in un Grande Fratello col distintivo. La rete di telecamere di sorveglianza è stata messa a punto due anni fa ed è costata 30 milioni di dollari. È composta da 7 mila obiettivi fissi, sia pubblici che privati, a cui ne vanno aggiunti altri 400 itineranti, che viaggiano sui mezzi della polizia e sono in grado di catturare in movimento le targhe delle vetture in transito. Così, se i sensi degli uomini in divisa non sono abbastanza lesti da annotare il numero, ci pensa un computer.
In una stanza piena di pc e di schermi, poi, lavora un’unità molto speciale. Il suo compito è raccogliere le segnalazioni di volti sospetti e incrociarli con un gigantesco database che la polizia ha a disposizione. Confronto questo che può essere effettuato in pochi secondi anche grazie a un tablet che fa parte del kit di un nucleo di fortunati sperimentatori – ma pare diventerà la regola nei tempi a venire – dove leggere le attività poco trasparenti collegate a un indirizzo, per esempio una casa usata per spacciare droga, o la fedina penale di un sospetto. Evoluzione più che rivoluzione, in verità, dato che i computer di bordo delle volanti potevano effettuare queste ricerche, ma adesso tutto avviene con rapidità ed efficienza. Così, se a essere fermato è un comune cittadino, gli si fa perdere meno tempo possibile.
Altro aspetto interessante, in parte sorprendente, dei metodi introdotti dai poliziotti newyorchesi è la grande attenzione attribuita ai social network. Ai profili Twitter e alle bacheche Facebook dei criminali abituali. Che, così sembra, sono talmente poco furbi da gloriarsi di azioni appena portate a termine o da lasciarsi sfuggire qualcosa su quelle che stanno per compiere. Non in modo esplicito, ci mancherebbe. Nessuno, nemmeno un idiota totale, si autoaccuserebbe postando che è reduce da una rapina una banca. Ma le gang hanno i loro codici, il loro linguaggio. E le autorità hanno capito che interpretarlo, decifrarlo, può essere utile alla pari di un bossolo esploso sulla scena del crimine o di un capello che trasuda Dna.
Certo, una macchina del genere si espone a violazioni della libertà dei singoli, a rischi di profilazione di massa in nome del fine ultimo della protezione della sicurezza pubblica. Ecco perché è stato necessario mettere alcuni paletti all’onnipresenza dell’hi-tech. Tra i vari, non è possibile piazzare un dispositivo Gps sul veicolo di un sospetto senza ottenere un mandato. Se viene fatto senza autorizzazione, anche se il soggetto è colpevole, potrebbe essere lasciato libero di andare. È successo. Ed è il segno che il confine tra peso della tecnologia e tutela della privacy coinvolge, e a volte salva, persino i criminali.