Tesla e l’incidente che tutti stavamo aspettando
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Tesla e l’incidente che tutti stavamo aspettando

La tecnologia non è ancora pronta per la guida senza pilota. Ma questo, in fondo, lo sapevamo già

Sarebbe ingiusto e anche politicamente scorretto definire quello che è costato la vita a Joshua Brown come il primo incidente mortale provocato da un auto che si guida da sola. Per un semplice motivo: la Tesla Model S su cui viaggiava l’ex marine dei Navy Seals schiantatosi contro un camion lo scorso 7 maggio non è un auto che si guida da sola, ma una “semplice” (si fa per dire) vettura dotata di sistemi di guida assistita. Che è altra cosa rispetto alla cosiddetta self-driving car, quella per intenderci su cui sta lavorando Google (qui vi spieghiamo le differenze).

Non fidarsi è meglio
Joshua Brown è morto probabilmente per un errore umano, il suo
. Si è fidato di una tecnologia che non è nata per portarci a destinazione senza l'ausilio di un guidatore, ma per aiutarci a guidare meglio, e in sicurezza. Lui come molti altri (si vedano tutti i video “a mani libere” pubblicati su YouTube dai possessori di questo modello) hanno confidato eccessivamente sulla bontà dei sistemi di rilevazione automatica della Model S (telecamera, radar, ultrasuoni e GPS). È bastato a quanto pare il rimorchio di un camion dello stesso colore del cielo per per mandare in tilt i sensori della macchina.

È vero, la Tesla Model S è quanto di più vicino esista oggi al concetto di auto che si guida da sola, non abbastanza però per essere considerata autonoma. È la stessa società americana ad ammetterlo: "Il guidatore è sempre responsabile di ciò che accade". E inoltre: "Per avere automobili in grado di guidarsi totalmente da sole bisognerà aspettare ancora qualche anno, ma il Pilota automatico Tesla opera secondo il principio utilizzato dai piloti in aviazione quando le condizioni lo consentono".

Tesla ha peccato di ottimismo?
Insomma, per quanto evoluta, la tecnologia non consente – almeno per ora – di lasciare le mani dal volante. O, perlomeno, di farlo a cuor leggero. L’unico vero errore di Tesla, se di errore si può parlare, è quello di aver enfatizzato la portata rivoluzionaria della sua tecnologia. Nei toni, negli slogan, ma soprattutto nel nome (Autopilot): è inutile, oltre che dannoso, parlare di pilota automatico, sarebbe più onesto - come detto - definirlo per quello che è: un sistema, evoluto, di guida assistita.

Va detto, senza falsa ipocrisia, che quello di Joshua Brown è l’incidente che tutti stavamo aspettando. Per diverse ragioni. Per scagliarci contro Tesla, Google e tutte le altre società che pensano – forse un po’ troppo ottimisticamente – che la tecnologia potrà sostituirsi all’uomo anche per attività così critiche, come la guida. O, d’altro canto, per capire quali sono i limiti attuali di questi sistemi, laddove i produttori (ma anche i legislatori) dovranno intervenire per sgombrare il campo da qualsiasi dubbio. Perché comunque la si pensi, la sicurezza passa anche da una casistica negativa.

Cosa sono e come funzionano i sistemi di guida assistita

MONITORAGGIO ANGOLI CIECHI - Uno dei problemi principali dei cambi di corsia è legato ai cosiddetti “angoli ciechi”. La presenza di telecamere o sensori sugli specchietti retrovisori laterali aiuta a risolvere il problema, avvisando l’utente (con segnale luminoso o acustico) ogni qual volta un veicolo viene rilevato a fianco della vettura. Su alcuni modelli la funzione è attiva, provvede cioè a riportare la vettura dentro la corsia se ravvisa un auto o una moto in prossimità.

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Roberto Catania

Faccio a pezzi il Web e le nuove tecnologie. Ma coi guanti di velluto

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