Adriano Giannini dentro la serie animata "Phineas e Ferb"
Televisione

Adriano Giannini dentro la serie animata "Phineas e Ferb"

Intervista all'attore che per la Festa del papà doppia il cartoon Disney con il padre Giancarlo. E ci dà anticipazioni su In treatment e l'esperienza con Emir Kusturica. Le sue colleghe preferite? Barbora Bobulova e Ksenia Rappoport

Per la festa del papà la serie animata di Disney Channel Phineas e Ferb si arricchisce di una coppia padre-figlio d'eccezione: Giancarlo e Adriano Giannini.

I due attori infatti, per la puntata del 19 marzo, prestano la voce a due nuovi personaggi, Paul il ragazzo delle consegne e il papà, proprietario della stessa ditta. Paul, doppiato da Adriano, non solo incontrerà sulla sua strada i geniali fratelli Phineas e Ferb ma avrà anche un ruolo chiave nel salvare la città di Danville dal temibile DR.

Incontriamo Adriano Giannini, in tutta la sua solarità contagiosa.

Con alle spalle un lungo curriculum da doppiatore, anche di cartoon come Sinbad e Megamind, com'è stato doppiare questa serie animata insieme a suo padre?
"Non abbiamo doppiato del tutto insieme, nel senso che non ci siamo visti sul posto: lui ha doppiato la mattina, io andavo nel pomeriggio. C'eravamo però sentiti anche per capire che cosa fare. Nella puntata c'è una telefonata dove lui mi chiama e io rispondo, però non l'abbiamo incisa insieme. I cartoni animati non sono difficilissimi da doppiare, sono però una buona scuola perché è tutto esasperato, quindi devi saper giocare con la voce molto di più rispetto a un normale doppiaggio. Impari pertanto a buttar fuori, a esagerare con la voce, a trovare dei toni, dei colori, delle modalità diverse di suono. Poi nel caso di Phineas e Ferb è stato un lavoro abbastanza semplice e veloce, in un paio d'ore abbiamo fatto tutto".

È stato divertente?
"Sì sì. Io non conoscevo molto bene questa serie animata per ragazzi. Mi sono informato un po' su internet e ho trovato divertente la storia di questi due inventori. Il personaggio che faccio io è un giovane che fa il postino e poi incontra questi Phineas e Ferb... c'è un cattivo e loro salvano la città usando una delle invenzioni di questi due genietti, due strani esseri che inventano cose".

Com'è il rapporto con suo padre a livello professionale: vi date consigli?
"Non sempre, ma ogni tanto succede visto che facciamo lo stesso lavoro e abbiamo le stesse problematiche: gioie e dolori dello stesso ambiente. Di sicuro lui ha più esperienza di me per darmene. Però è successo anche il contrario visto che io faccio produzione, ho avuto una società di effetti digitali: mi è capitato di assisterlo per un suo film. Ho fatto anche l'operatore quindi ho un bagaglio tecnico che magari lui non ha più perché le tecnologie sono andate avanti, quindi c'è stato anche uno scambio di diverse abilità tecnologiche rispetto al digitale e a quello che è cambiato. Per la recitazione e per il doppiaggio è capitato a me di chiedergli qualche cosa, però non sto sempre lì a chiamare" (sorride).

Lei è doppiatore, attore, è stato anche regista, è produttore. Quale veste si sente più sua e a quale non potrebbe rinunciare?
"Il doppiaggio l'ho imparato dopo che ho iniziato a fare l'attore. Prima, dai 18 ai 28 anni, ho fatto l'operatore. Poi ho fatto una scuola di teatro, ho fatto un primo film e da lì dopo un po' di anni ho iniziato a doppiare perché capivo che saper doppiare fa parte del bagaglio di un attore. Inoltre mia madre è doppiatrice, mio padre pure, e mi spingevano verso questa professione perché è una grande scuola, impari tantissimo, impari a pulire la dizione e l'emissione vocale, e poi è anche recitare: devi guardare un attore, che spesso è anche bravo, e devi in un attimo rifare quello che fa lui. È comunque recitazione, è una palestra incredibile. Devi fare tre-quattro cose contemporaneamente (leggere, ascoltare, guardare...) e avere l'immediatezza di restituire quello che fa l'attore. È una cosa tecnica che però dopo un po' impari, come fosse un videogioco. Poi rimane la parte interpretativa che dipende da quanto uno è bravo e da quanto riesci a integrarti con quello che vedi. Capivo che il lavoro del doppiatore era importante anche per il mio lavoro da attore: mi sono capitate tante produzioni internazionali e lì devi poi saperti ridoppiare e anche bene. Puoi essere il migliore in presa diretta ma se poi non ti sai doppiare diventi uno scemo. Ci son tanti attori che il doppiaggio lo scartano, ma serve. La regia l'ho fatta da poco, ho fatto un cortometraggio che ha vinto diversi premi: dirigere è un po' come mettere insieme l'esperienza da operatore e quella da attore. È una situazione che mi è molto piaciuta e che vorrei rifare. L'attore è un lavoro che mi piace, ma non sempre: dipende molto da con chi ti trovi a lavorare, dal progetto, dalla sceneggiatura, dal regista. Non sempre è quella cosa che uno sogna, quell'incontro artistico sperato... I bei film sono sempre più rari ed è sempre più difficile trovare registi che abbiano un punto di vista interessante per cui dai te stesso. Diventa un lavoro e cerchi di farlo al meglio, però la situazione ideale come attore è rara, capita una volta ogni 5-6 anni".

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Ha lavorato con Saverio Costanzo per In treatment, la versione italiana della famosa serie tv americana, che andrà in onda ad aprile su Sky Cinema 1. C'è un super cast: Valeria Golino, Sergio Castellitto, Valeria Bruni Tedeschi...
"Con Saverio Costanzo per esempio mi sono trovato molto bene: ci siamo annusati e trovati da subito, è stato un incontro bello. Però In treatment era un format già prestabilito, si sa già dove si va, non è un film che tu inizi e non sai bene cosa sarà. Lì più o meno hai delle indicazioni, perché le sceneggiature sono adattate dall'originale. Io farò il marito di Barbora Bobulova. In otto giorni abbiamo girato tipo sette puntate. In un giorno facevamo una puntata: è come fare una piece teatrale ogni giorno diversa. Dal punto di vista della recitazione è stata un'esperienza complessa ma molto bella".

Da gennaio fino a pochi giorni fa ha girato in Trentino per il film La foresta di ghiaccio di Claudio Noce.
"Sì, con Ksenia Rappoport ed Emir Kusturica, che per me è una specie di mito come persona e come artista. È tipo un orco, alto due metri (sorride, ndr). È un film particolare, tutto ambientato nei monti, un'ambientazione diversa rispetto ai film italiani...".

Tra le varie attrici con cui ha lavorato, da Ashley Judd nella serie tv Missing a Madonna nel film Travolti dal destino, chi l'ha colpita di più?
"Le due attrici dell'est, Barbora Bobulova e Ksenia Rappoport: sono molto preparate, professionali e bravissime, sempre allegre, non hanno i divismi di qualche attricetta italiana, mi sono trovato molto bene con loro".

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Simona Santoni

Giornalista marchigiana, da oltre un decennio a Milano, dal 2005 collaboro per Panorama.it, oltre che per altri siti di testate Mondadori. Appassionata di cinema, il mio ordine del giorno sono recensioni, trailer, anteprime e festival cinematografici.

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