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Televisione

Montalbano: sesso, bugie e vizi di famiglia – La recensione

È tornato il Commissario con il bell’episodio “Un covo di vipere”. Zingaretti scopre una famiglia pestifera senza negarsi la buona tavola

La terrazza e quel mare davanti, con la sua luce speciale. L’aria tiepida. Poi la tavola apparecchiata, la tovaglia candida con gli angoli mossi dalla brezza. I piatti e le teglie, gli spaghetti e i dolci, la bottiglia di vino rosso che trova nei calici la sua destinazione elettiva. È là che viene voglia di sedersi e di stare. E di mangiare e bere (con misura) anche.

Perché Il Commissario Montalbano, prima d’ogni altra cosa, vuole stare bene e trasmettere questa sua propensione, che più d’una volta coincide con l’appetito, a chi, complice l’ora di cena o giù di lì, lo sta guardando alla tv.

Lo stile soft di Alberto Sironi

Il paradiso, ovviamente, lo ha creato Andrea Camilleri, inserendolo nella Sicilia irresistibile con una dedizione speciale alla cucina, in un rituale sviluppato attorno alla tavola dove Salvo Montalbano staziona spesso e (molto) volentieri, a scandire i passaggi importanti della trama. È storia. E come tale si ripete. Anche nell’episodio nuovissimo appena visto su RaiUno, Un covo di vipere, in capo all’ennesima serie dedicata, sempre fedele alla regìa di Alberto Sironi, pure stavolta elegante e soffice: capace di cavarsela anche di fronte a parecchi risvolti scabrosi che qua avrebbero potuto mettere a dura prova il pubblico quieto della prima serata nazionale.

Gli impeti della “femme fatale”

Poi  Luca Zingaretti è una garanzia. Non c’è che dire. Rassicurante e croccante come uno di famiglia, morbido come un peluche, simpatico e benigno, lo humour sempre in tasca e pronto a saltar fuori. Eppure d’un cinismo implacabile quando segue le tracce del suo intuito e delle sue premonizioni per scovare il colpevole. Senza farsi  ammosciare e addolcire dalle moine e dagli impeti della femme fatale di turno, che qua ha gli umori, lo sguardo e il corpo fiammeggianti di Valentina Lodovini nella parte – ambigua assai -  di Giovanna Pusateri, figlia dell’imprenditore Cosimo Barletta (Marcello Mazzarella) ammazzato nella sua villa marina. Oh, per la verità, ad un certo punto Montalbano si fa incantare e quasi travolgere da certi impeti misteriosi della ragazza: ma non cede, sempre moralmente integro e fedele alla sua compagna Livia (Sonia Bergmasco) che lo viene a trovare un paio di volte trovando il modo d’arrabbiarsi per uno smack di rossetto stampato sulla guancia di Salvo proprio da Giovanna.

Vedo nudo (senza scandalo)

Un po’ di pepe non guasta nella coppia. Ma altro che pepe c’è dietro la morte di Barletta. Il quale, oltre il mestiere d’imprenditore, esercitava come usuraio quello di sanguisuga; e soprattutto quello di maniacale, sordido collezionista d’immagini scattate in pose lascive alle giovinette ignare, perlopiù ventenni, cui gli piaceva accompagnarsi. Insomma un po’ di nudi nella puntata, sfumati ma non troppo e comunque abbastanza – nelle forme e nei modi di rappresentazione – da non provocare torbidi sconquassi. Poi il marcio, si scopre, non è solo in quelle foto.

Due assassini, anzi uno solo

Sicché, tra i tanti nemici (e nemiche) potenziali del Barletta, ne spuntano a sorpresa addirittura due, capaci di “ucciderlo” quasi contemporaneamente: il primo con un veleno immediatamente mortale, il secondo, che lo ha creduto ancora vivo, con una pistolettata.  Bella trovata: il vero assassino è solo il primo (o la prima). E visto che ci si trova in un “nido di vipere” – quasi vien da dire “nudo di vipere” - il colpevole non può che essere uno di famiglia, complice una faccenda di eredità mal destinata, tanto da scatenare verso il padre le gelosie di due fratelli diseredati.

Ovviamente Montalbano, serenamente inesorabile come s’è visto, viene a capo di ogni cosa. Concludendo l’indagine con una delle sue leggendarie nuotate nell’acqua bleu di Sicilia, di fronte all’altrettanto leggendaria terrazza di casa sua, preceduto in ripresa aerea da un drone che è segno stilistico dei tempi. Chiudendo un episodio girato con cura ed efficace studio delle cadenze di racconto, delle sue pause, dei dialoghi all’insegna di una televisione che non si accontenta di essere solo diligente.

Sempre lui, la star della serie

Benissimo Zingaretti, certo, è la star incontrastata della serie e una sorta di spirito camilleriano che aleggia generosamente su tutto. Ma vale la pena di ricordare, nella coralità compiuta della recitazione, alcune figure oltre quelle già citate: il personaggio errante di Camastra interpretato da Alessandro Haber, uomo intrigante e contraddittorio che ha molto da raccontare e potrebbe fare capitolo a sé; naturalmente il fido e oramai proverbiale Cesare Bocci nei panni del vice commissario Mimì Augello che a Vigata è un’istituzione; Marcello Perracchio, altra icona, in quelli consueti dell’incredibile gozzovigliante dottor Pasquano, immerso tra i suoi cannoli con la stessa perizia profusa nell’opera di medico legale. E certamente con maggior sollazzo.

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Rai Fiction, Ufficio stampa Kinoweb Viviana Ronzitti, Foto di Duccio Giordano
Sonia Bergamasco nel ruolo di Livia, qua sul set accanto al regista Alberto Sironi

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