Federico Ferrero: "ho vinto Masterchef perché cucino cultura"
Foto di Roberto Caccuri/Contrasto
Televisione

Federico Ferrero: "ho vinto Masterchef perché cucino cultura"

Al ristorante con il vincitore di Masterchef: Federico Francesco Ferrero

In piedi su un tavolo apparecchiato: occhiali, bermuda, polo ben stirata, calzini di filo di Scozia, al dito lo chevalier scintillante con incise le tre F del suo nome e quello stesso fare da precisino che poi si è visto in tv. Dall’alto della sua originale postazione, nei panni del capo maître, indicava ai camerieri sfibrati come posizionare le stoviglie, affinché le distanze dei coperti fossero tutte simmetriche.

Questo, dieci anni fa, il primo incontro di chi scrive con Federico Francesco Ferrero, in quell’estate, oltre che medico, al lavoro presso il ristorante Lanterna Blu di Imperia. Certamente un tipo eccentrico. Oggi, quel dottore con la mania del cibo (a quel periodo risale, per esempio, la sua idea di riscoprire l’amata colatura di alici) è il già arcinoto campione della terza edizione di Masterchef, dove si è distinto per la sua idea di una cucina «leggera, ma di alto livello culturale».

All'amato ristorante La credenza, vicino a Torino, dove arriva per pranzo, si presenta un po’ stanco, ma parecchio sorridente. Ci sono ancora gli occhiali, c’è l’anello di allora, ma porta la camicia. Sui gemelli che gli hanno regalato è inciso il numero «uno», il suo. Il poliedrico F.F.F. è arrivato e, tra una portata e l’altra, mostra di godersi il traguardo, con la stessa spigolosa ironia rivelata al tempo.

Perché ha vinto lei?

"Mi pare evidente: ero il migliore".

(Arriva l’antipasto e c’è anche la salsiccia cruda. Osserva, annusa, si accerta della provenienza della carne, racconta i pregi di quella di mucca e lamenta la scarsa cultura gastronomica degli italiani).

Da che pulpito un nutrizionista che ha studiato medicina e management sanitario sentenzia di gastronomia?

"I due ambiti sono legati, come ho raccontato nel programma: il benessere passa dal cibo e viceversa. Inoltre, studio gastronomia da quando avevo 15 anni. Ogni mio viaggio è legato al cibo. Come quello a Tallinn: tutti credono che sia andato per le donne, ma partii per vedere il cartone Ratatouille che arrivò prima in Estonia".

Ha fatto di tutto, dallo stalliere al consulente sanitario. Che c’entra «Masterchef»?

"Finalmente ’sta vita sta andando in una direzione che ha senso. Sono campione di licenziamenti, perché non ho mai accettato il compromesso. La mia passione era il cibo e ora sono realizzato: il destino mi ha dato ragione".

Cosa farà di questa vittoria?

"I soldi che ho vinto, circa 50 mila euro, li tengo per poter dire anche dei no a richieste pubblicitarie e prendermi una breve vacanza dalla vita. Poi, spero di poter scrivere e parlare di gastronomia e cibo, in tv o nella carta stampata".

Perché uno snob come lei guarda a un tema oggi così popolare?

"Io voglio portare dei contenuti, partendo dalle fondamenta: nutritive, storiche, gustative. Mettere nero su bianco una cucina leggera e stellata e far diventare concetto quella che Carlo Cracco rende arte: c’è chi sa e chi sa fare. Io so".

Elogia Cracco anche se in tv non sembrava che vi amaste.

"Come faccio a non amare uno che ha come riferimenti Alain Ducasse e Gualtiero Marchesi? Comunque, non era uno scontro: se qualcuno ti corregge è perché pensa di poterti insegnare".

(Viene servito il piatto principale: tortelli di borragine, su pesto, con schiuma di latte alla noce moscata. Apprezza decisamente, ma contesta l’assenza del sapore di quest’ultima: «Mi avete creato un’aspettativa e non è stata soddisfatta» dice con una certa ironia all'amato chef Giovanni Grasso).

Sta per uscire «Missione leggerezza», il libro con le ricette realizzate qui alla Credenza: perché lo dovremmo comprare?

"Per sapere per primi come sarà la cucina italiana tra dieci anni".

La sua vittoria è stata accompagnata da alcune polemiche: una la vuole spinto dalla Barilla.

"Sarebbero stati dei cretini visto che ho sempre detto il peggio sulla pasta! Ho fatto un workshop agli universitari di medicina presso quell’azienda. Non vedo automatismi con la mia vittoria".

C’è stata un’impennata sospetta di scommesse su di lei?

"È una sonora “c...ta”. Non esisteva nessuna scommessa: pure il mio amico Diego ha preso dei soldi in banca per puntare e si è accorto che era solo una farsa".

Le congratulazioni più gradite?

Dal World food program, mio padre e Tiziano Ferro. Mi spiace che non me le abbia fatte il sindaco di Torino Piero Fassino.

(Il dessert è una sua ricetta: gelatina all’arancia e anice, sedano, granita al limoncello. Ma gioca a trovare la pecca: «Questo sedano è filamentoso, io lo surgelo per evitarlo»).

Non si distingue mai per modestia: si sente attrezzato per questa sbornia di popolarità?

"Sono stravolto: mi sembra che sia domenica da sei giorni. Per fortuna ho un amico, Marco Bellavia. È stato famoso in tv mi ha spiegato che può finire, poi arriva il lunedì".

Gli sms ricevuti sono 2.800. Qualche fidanzata papabile?

"Spero di avere l’intelligenza di non finire con una fan. Cerco la condivisione: di poesie, viaggi, sapori. Di cose per me ne ho tenute anche troppe, basta così". 

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Lucia Scajola

Nata e cresciuta a Imperia, formata tra Milano, Parigi e Londra, lavoro a Panorama dal 2004, dove ho scritto di cronaca, politica e costume, prima di passare al desk. Oggi sono caposervizio della sezione Link del settimanale. Secchiona, curiosa e riservata, sono sempre stata attratta dai retroscena: amo togliere le maschere alle persone e alle cose.

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