Andrea Scanzi
Ufficio Stampa La3
Televisione

Andrea Scanzi: "Con Reputescion misuro la reputazione sul web"

Il giornalista esordisce alla conduzione, con un programma che valuta la reputazione on line dei personaggi famosi. "Vorrei Verdone e Grillo come ospiti"

Si scrive Reputescion, si legge analisi della reputazione in rete di un personaggio pubblico. I riflettori del nuovo programma di La3, sono puntati su politici e giornalisti, blogger e icone pop. Alto e basso. Feticci del web e personalità carismatiche. Si comincia con i dati forniti dall’Osservatorio Redds – dati scientifici e reali – e ci si perde in saporite conversazioni. Il resto lo mette Andrea Scanzi. Commentatore tendenza polemista, penna eclettica – erede del geniale Edmondo Berselli – e gran conoscitore del “grillismo”, il giornalista toscano debutta come conduttore e aggiunge un altro tassello alla sua carriera.

Il format è semplice: raccontare l’ospite analizzando il suo profilo in rete.

Si parte dallo studio sull’ultimo anno di vita di un personaggio on line. S’incrociano i dati - follower, numero di fans su Facebook, il video più visto, i commenti e il web feeling – e ne viene fuori la reputazione on line. Da lì prende il via una chiacchierata con l’ospite in studio. E’ un’intervista ma non la solita intervista.

Come si stima la web reputation?

E’ un valore che va da meno 5, ovvero una reputazione pessima ma molto forte, a più 5 che è il sogno di tutti perché sei un opinion leader e sei molto amato. Se sei intorno allo zero, o sei neutro, dunque non frega niente a nessuno di quello che fai in rete, o sei amato e odiato allo stesso modo quindi i valori si elidono.

E reputazione in rete di Scanzi?

Per l’ultima puntata me la daranno, senza però anticiparmi i dati. Non so fare una previsione ma spero che non sia uno zero. Posso essere detestato e un po’ amato ma non mi si può accusare di essere neutrale.

A proposito di critiche: Riccardo Bocca de L’Espresso scrive che avresti dovuto “attendere l’aereo giusto per decollare in tivù”.

Bocca mi pungola da qualche mese: dice che sono troppo in televisione. Forse è vero che faccio troppa tivù in questo periodo: mi danno del prezzemolino anche se rifiuto nove inviti su dieci.

Ma consideri Reputescion l’aereo giusto?

E’ come se stessi facendo l’apprendistato. Sto imparando a fare il conduttore in una tivù bella, onesta ma non gigantesca che mi permette di fare qualche errore. Non so se avrei accettato un incarico da La7.

Dici di te: “Mi occupo quasi di tutto e pare che sia un difetto”.

L’eclettismo in Italia è spesso confuso con tuttologia. Va bene, becchiamoci l’etichetta di tuttologo. Mi annoierei tremendamente a parlare sempre della stessa cosa: se faccio molte cose è perché sono curioso e perché c’è un pubblico mi segue.

Eclettico Scanzi. Hai scritto di vino, tennis e calcio. Poi di musica, politica e costume. La cosa di cui ti piace di più occuparti?

Non lo sport. Faccio sempre più fatica a scriverne. Tutto sommato la cosa che mi diverte di più è scrivere di cultura, società e spettacoli.

La politica dove la collochi?

Mi diverte in questa fase, perché c’è stata l’esplosione del Movimento 5 stelle. Non perché tifi per loro ma perché ho avuto la fortuna e l’intuizione di capire cinque o sei anni fa che cosa sarebbe successo. Racconto ora un mondo che in qualche modo avevo previsto prima.

Se ti definiscono “grillologo” ti arrabbi?

Mi arrabbio perché sa di presa per i fondelli. Non mi offendo perché ci sta: all’inizio m’invitavano in tivù perché avevo scritto Ve lo do io Beppe Grillo. Ora spero di essere un po’ più di un grillologo o di un grillino, come qualcuno sostiene. Credo di non essere né uno né l’altro ma solo uno che analizza la realtà di un movimento che conosce.

Con la pistola alla tempia: o la scrittura o la tivù. Per cosa opti?

La scrittura, senza dubbi. Ma so bene che la televisione ti dà una visibilità enorme e me ne sto accorgendo: hanno avuto più eco gli scazzi con la Mussolini e la Biancofiore che non dieci anni di carta stampata.

Facciamo il toto ospite di Reputescion. Di Fabio Fazio hai scritto: “Ha elevato il paraculismo a cifra stilistica”.

Lo vorrei molto volentieri in trasmissione, a differenza sua che ha fatto di tutto per non avermi alla serata che hanno dedicato a Giorgio Gaber. Mi piacerebbe conoscerlo e intervistarlo, magari con un più di cattiveria di quella che mette quando intervista gli altri.

Checco Zalone: “La sua pochezza è sconfortante”.

Lo voglio conoscere. Ha incontrato un mio collega, Malcom Pagani, e gli ha chiesto: “Quando mi presenti quello stronzo di Scanzi? Mi sta simpatico, sono convinto che se mi conoscesse non scriverebbe quelle cose”. Lo inviterei volentieri.

Jovanotti: “Maître à penser della sinistra discount”.

Non verrà mai perché se l’è presa a morte. Lo considero un bravissimo artista ma quando elabora concetti intellettuali fa sorridere perché è acerbo, esile. Non sopporto quando si erge a pensatore. La colpa poi forse non è nemmeno sua ma della sinistra che non ha più maestri ed è passata da De André, Fossati e Gaber a Jovanotti e Federico Moccia. Tra l’altro abitiamo entrambi a Cortona.

Dimmi chi avresti voluto intervistare e non ha accettato o non è potuto venire.

Carlo Verdone: sarebbe un sogno averlo come ospite ma sta finendo il film e dunque non verrà. Idem Marco Travaglio, che ha l’esclusiva con Servizio Pubblico. E Matteo Renzi: mi aveva promesso che sarebbe venuto prima delle elezioni, poi ha cambiato idea. Anche se non sono suo fan lo conosco e lo stimo: è uno dei pochi politici che sa usare la rete, anche in maniera paracula. E poi avrei voluto avere Beppe Grillo, genio assoluto della comunicazione on line.

Giornali, tivù e anche teatro. Da più di un anno giri l’Italia con Gaber se fosse Gaber, una lezione-spettacolo su Giorgio Gaber.

E’ un testo mio, in cui racconto chi è stato Gaber senza interpretarlo. Volevo narrare il Gaber del teatro canzone, quello più fastidioso, meno etichettabile. Vengono a vedermi i gaberiani ma anche i venti-trentenni che non l’hanno conosciuto. Gaber è famoso quanto De Andrè ma è molto meno conosciuto. Il suo è stato un percorso più originale e complicato.

Dove sta l’attualità di Gaber oggi?

E’ spaventosamente attuale Gaber, come il Pasolini degli Scritti Corsari. Alcuni monologhi sembrano scritti oggi: quando parla della crisi morale o della crisi della sinistra, delle meschinità umane e delle nostre ambiguità. Riusciva a essere forte e vibrante senza annoiare: di solito gli intellettuali sono noiosi rompipalle, con lui invece si ride.

Un intellettuale anarchico.

Era libero e per questo non sono mai riusciti a etichettarlo: bastonava sinistra e destra perché quando voleva dire una cosa la diceva. Alla fine è risultato coerente: non ha mai tradito la fiducia dello spettatore e non è mai stato paraculo. E’ sempre stato Giorgio Gaber e basta.  

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Francesco Canino