Bryan May ed il suo libro sulla missione della Nasa
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Bryan May ed il suo libro sulla missione della Nasa

Da sempre amante dello spazio lo storico chitarrista dei Queen ha scritto un libro in collaborazione con l'ente spaziale americano

Che il chitarrista dei Queen Brian May fosse astronomo è cosa nota, meno noto è invece il fatto che il musicista abbia collaborato con la Nasa in occasione del progetto di campionamento degli asteroidi denominato Osiris-Rex. Insieme con Dante Lauretta, capo degli scienziati della missione, ha lavorato al fine di identificare una zona idonea al prelievo di un campione di roccia dell’asteriode Bennu, che oggi è in viaggio verso la Terra con arrivo previsto per la terza settimana di settembre. May, votato come il più grande chitarrista di tutti i tempi dai lettori della rivista Total Guitar all'inizio di quest'anno, ha lavorato sodo per anni analizzando la superficie di Bennu, che in tutto misura 525 metri. La scorsa settimana i due astronomi hanno quindi pubblicato il libro "Bennu: 3-D Anatomia di un asteroide", un volume di circa 200 pagine che raccoglie fotografie inedite realizzate durante la fase centrale della missione. L’autore di brani epici come We will rock You, We are the Champions, ’39 e altri ancora aveva precedentemente collaborato con i team scientifici dietro la sonda europea Rosetta a caccia di comete e New Horizons, l’esploratore di Plutone della Nasa, per poi entrare nel team di Osiris-Rex nel gennaio 2019, pochi mesi dopo che la sonda aveva raggiunto la sua destinazione. Dal canto suo, Dante Lauretta, anche se fan dei Queen da sempre, aveva subito chiarito che non era affatto interessato ad avere una celebrità nella squadra per pubblicità, anzi che si aspettava che la rockstar desse u contributo fattivo, come poi ha fatto. May è un esperto di imaging stereoscopica, la tecnica che implica l'acquisizione di coppie di fotografie in un modo in cui apparirebbero se viste da una creatura con due occhi, come gli esseri umani. Questa tecnica è comunemente utilizzata per generare viste tridimensionali, a loro volta utili per comprendere appieno l’orografia del terreno. E seppure Osiris-Rex non fosse dotato di una telecamera stereo, May conosceva un modo per aggirare questa limitazione, poiché aveva precedentemente prodotto immagini 3D della cometa 67P, l'obiettivo della missione Rosetta, e di Plutone visto da New Horizons, selezionando e allineando attentamente le immagini scattate da una singola telecamera da angoli diversi sapendo quindi valutare la zona più adatta al contatto. E quando i dati hanno iniziato ad arrivare, gli scienziati si sono resi conto che la superficie di Bennu non era affatto quella che si aspettavano e per cui avevano progettato la loro missione: invece di pianure di sabbia per lo più lisce, simili a spiagge, occasionalmente disseminate da rocce più grandi, hanno trovato un corpo coperto di massi che a volte si alzavano dal suolo a causa della minima gravità esistente. Così capire come fosse veramente Bennu dalle istantanee bidimensionali catturate dalle telecamere era quasi impossibile; invece, May ha rapidamente dimostrato il suo valore di scienziato. “Sono rimasto stupito dai risultati che Brian e la sua collaboratrice Claudia Manzoni hanno prodotto elaborando i nostri dati in immagini stereo, permettendoci di vedere il paesaggio aspro e ruvido di Bennu in 3D”, ha scritto Lauretta nella prefazione del libro. “Non ho fatto molta musica in quel periodo", ha detto May, “ma lo sforzo è stato ripagato”. Lauretta ha spiegato: “Sono stati individuati due crateri ritenuti idonei da ospitare un tentativo di atterraggio della sonda. Il primo dei due, chiamato Osprey, è stato il sito scelto dagli ingegneri del veicolo spaziale, poiché c'erano meno rocce potenzialmente pericolose sparse attorno al suo bordo. L'altro, Nightingale, è stato poi quello preferito dagli scienziati, poiché il suo colore indicava un'abbondanza di antica regolite, che, speravano i ricercatori, conteneva una registrazione del passato della roccia spaziale e di quello dell'intero sistema solare”. In passato gli scienziati credevano che la maggior parte degli asteroidi fossero solidi blocchi di roccia, ma dopo una serie di recenti visite a una manciata di rocce spaziali vicine alla Terra, comprese le missioni Hayabusa (Giappone) sugli asteroidi Itokawa e Ryugu, ora pensano che la maggior parte di questi corpi celesti erranti sia proprio come Bennu, conglomerati di frammenti probabilmente creati tramite collisioni passate. E proprio per questo son incredibilmente preziosi dal punto di vista scientifico, poiché il loro materiale non è alterato chimicamente dalla nascita del sistema solare. Bennu è anche tra gli asteroidi conosciuti con la più alta probabilità di colpire la Terra nei prossimi 300 anni, seppure si parli di un evento possibile su 1800 passaggi ravvicinati. Osiris-Rex ha lasciato Bennu nel maggio 2021 con quasi 250 grammi di polvere e ghiaia stivati nella sua capsula di ritorno. “Questo”, ha detto Lauretta, “è quattro volte superiore all'obiettivo originale, ovvero la missione, nonostante le prove e le tribolazioni, ha raggiunto i suoi obiettivi a pieni voti. La sonda lascerà la capsula sulla Terra questo settembre prima di dirigersi verso Apophis, un altro pericoloso asteroide il cui percorso potrebbe intersecarsi con quello del nostro pianeta nei secoli a venire. Lo raggiungerà nel 2029 e May, pensando ai suoi 76 anni, ha dichiarato: “Se sono ancora in giro, voglio sicuramente essere coinvolto”, Per chi volesse legg3ere il libro: "Bennu: 3-D Anatomy of an Asteroid" è pubblicato negli Usa dalla University of Arizona Press e nel Regno Unito dalla London Stereoscopic Company. È disponibile su Amazon.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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