Volley: la Supercoppa (della vita) di Giacomo Sintini
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Volley: la Supercoppa (della vita) di Giacomo Sintini

Dopo aver sconfitto il cancro, il palleggiatore è pronto per la prima partita ufficiale

L’attesa è terminata: qual è il momento che più aspetta di rivivere?

"L’ingresso in campo. No, non parlo del fischio d’inizio: già l’idea di toccare la palla durante il riscaldamento mi riempie di entusiasmo. Insieme alla presentazione delle squadre: allora mi renderò davvero conto di dove sono e di essermi lasciato tutto alle spalle".

Sono grosse le spalle di Giacomo "Jack" Sintini. Grosse come le mani che ne hanno fatto uno dei più grandi palleggiatori del mondo. Grosse come il cuore che domani batterà forte come alla prima partita dells sua vita, se non di più. Di sicuro più grandi di quel cancro al sistema linfatico che potevano costargli molto più di una scintillante ed avviata carriera. Cadere nella retorica in momenti come questi è facile, ma solo lui sa cos'ha passato per un anno, dalla diagnosi della malattia alla concessione della idoneità agonistica che domani lo porterà di nuovo in campo per la prima gara ufficiale della stagione, la finale di Supercoppa tra tra Itas Diatec Trentino e Lube Banca Marche Macerata.

Un rientro migliore non avrebbe potuto immaginarselo, dica la verità.

Proprio così: subito un big match tra due squadre fortissime e, in più, un trofeo in palio. Come se non bastasse questo a caricarmi ed emozionarmi, l’avversario sarà Macerata, con cui ho vinto il mio unico scudetto, nel 2006. E l’incontro si svolgerà a Modena.

Perché? Conserva qualche ricordo particolare della città?

Sì, quel palazzetto è stato il luogo che mi ha accolto alla mia prima uscita in pubblico dopo l’autotrapianto del midollo osseo: il calore che mi ha trasmesso è stato eccezionale.

Quando è successo?

A febbraio: finalmente potevo togliere la mascherina e cosa ho fatto? Sono andato a vedere Modena-Macerata.

E quando è tornato in palestra?

L'8 marzo ma non per allenarmi, non ero in grado. Ricordo quel giorno come se fosse ieri: faticavo a camminare. Eppure a maggio sono riuscito a ottenere l’idoneità agonistica. Merito del preparatore atletico del Perugia Carlo Sati, che mi ha seguito senza sosta, tra stretching ed esercizi.

A marzo aveva ricevuto anche la convocazione di Mauro Berruto, ct dell’Italia, al collegiale per le qualificazioni alle Olimpiadi.

Un regalo per me, ho apprezzato molto il gesto: Mauro mi ha lanciato un messaggio positivo per incitarmi a non mollare e mi ha dato una spinta emotiva straordinaria a superare quei momenti difficili.

Il periodo più duro che ha attraversato?

Le settimane di chemioterapia. Sette cicli al termine dei quali, per fortuna, non c’era più traccia del linfoma.

Come ha scoperto il tumore?

Sentivo un dolore forte alla scapola che poi si è propagato al costato fino a diventare lancinante. Le sedute fisioterapiche – io e lo staff medico immaginavamo si trattasse di un problema muscolare – non portavano benefìci. Le analisi del sangue erano perfette ma ulteriori accertamenti hanno riscontrato un cancro al sistema linfatico al quarto stadio, diffuso in vari organi. Non vitali, grazie al cielo.

L’ultimo controllo cui si è sottoposto?

Settimana scorsa; per i primi due anni l’appuntamento cade ogni tre mesi: tutto procede liscio e io sono in forma.

A proposito di forma, ha firmato il contratto con l'Itas Diatec Trentino a maggio e ad agosto ha ripreso l’attività a pieno ritmo: com’è stato l’impatto?

Parecchio tosto, ammetto. Solamente che non vedevo l’ora di ricominciare: non avevo mai sgobbato con così tanta gioia in vita mia. Gli acciacchi della palestra sono uno scherzo rispetto alle sofferenze della malattia: quanto rimpiangevo, giusto un anno fa, i fastidi post partita! Posso aggiungere una cosa a proposito dell’arrivo a Trento?

Prego.

Devo ringraziare di cuore lo staff per avermi caricato di lavoro pesante come il resto del gruppo. Temevo di ricevere un trattamento di riguardo, invece sono stato messo subito al livello degli altri. Sia l’allenatore sia i compagni hanno preteso il massimo da me per qualità e impegno e io, in questo modo, mi sono integrato perfettamente dall’inizio.

Cosa le è mancato di più in questo anno lontano dalla rete?

Difficile scegliere, giocare è la mia vita da quando avevo 14 anni, ho la competizione nel dna. La pallavolo ha scandito le mie giornate, le vacanze: ho cambiato città in funzione del lavoro e mia moglie Alessia, con mia figlia Carolina, mi ha seguito. Di sicuro, ho sentito parecchio la nostalgia dei momenti di condivisione - le cene in albergo con i compagni o le chiacchiere in camera - e delle strette di mano a fine gara tra avversari: in quegli attimi la rivalità si azzera e lascia il posto al rispetto reciproco. Che tu abbia vinto o perso. In questi mesi, poi, ho imparato ad apprezzare le cose più semplici, la routine, persino le scocciature.

Tipo?

Le trasferte in pullman: in quasi 20 anni di carriera, macini migliaia di chilometri, naturale che ti abbiano un po' stancato. Be', adesso mi gusterò pure quelle.

La malattia l’ha cambiata?

Non nel carattere, però ho scoperto una forza che non sapevo di possedere; la stessa forza che ho visto nei malati e permette di lottare e superare qualsiasi ostacolo. L’atteggiamento verso la vita, invece, sì: né io né mia moglie perdiamo più il sonno per le sciocchezze. Dopo un’esperienza simile, arrivi per forza a ridimensionare i problemi e a renderti conto dell’amore incredibile che ti circonda: non solo dei familiari, anche dei semplici conoscenti, dei medici e degli infermieri, per i quali non sei un numero ma un essere umano da confortare. Sono stato sorpreso di trovare intorno a me tanto affetto; per ricambiare, ho fondato a giugno l’“Associazione Giacomo Sintini” (su Facebook Associazione-Giacomo-Sintini e Twitter @AssGSintini, ndr).

Quali progetti ha?

Lo scopo è raccogliere fondi da destinare alla ricerca nel campo onco-ematologico. Abbiamo già raggiunto quota 20mila euro attraverso donazioni spontanee: nel palazzetto di Modena, durante la finale della Supercoppa, ci sarà uno stand per promuovere l’attività. Il primo evento vero e proprio si svolgerà il 7 novembre, quando consegnerò la prima donazione. Accadrà in occasione della partita di campionato a Perugia: non aggiungo altro perché stiamo definendo i dettagli e non voglio rovinare la sopresa. Per me sarà un'altra domenica di festa come la prossima.

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Cristina Marinoni