Usa, la crisi non risparmia il golf
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Usa, la crisi non risparmia il golf

Il Financial Times, senza troppi giri di parole, l’ha definito Tiger Effect. Qualcosa di simile al Jordan Effect che afflisse la Nba a metà degli anni Novanta, con la disaffezione degli sponsor e la fuga di spettatori che …Leggi tutto

Il Financial Times, senza troppi giri di parole, l’ha definito Tiger Effect. Qualcosa di simile al Jordan Effect che afflisse la Nba a metà degli anni Novanta, con la disaffezione degli sponsor e la fuga di spettatori che seguirono il ritiro del grande Micheal dal basket giocato. Oggi a essere sotto pressione è il golf, uno degli sport più amati dalla middle e upper class statunitense, ma che nel corso dell’ultimo decennio, grazie proprio all’exploit mediatico di Tiger Woods, si era fatto largo anche tra la popolazione di colore, con conseguente crescita di un business a molti zeri. Ma la caduta repentina del fenomeno, insieme agli effetti della crisi, pare aver fatto segnare una netta inversione di tendenza a mazze, buche e palline.

Sono i numeri (citati sempre dal FT, al quale si devono anche le tabelle pubblicate in basso) a dirlo: TaylorMade, brand controllato da Adidas e principale player dell’abbigliamento golfistico, ha appena annunciato un doloroso piano di ristrutturazione dopo che nel corso dell’ultimo anno i profitti sono crollati di oltre il 20 per cento; Nike (sponsor proprio di Woods e dell’altro big Rory McIlroy) va leggermente meglio ma nel primo semestre del 2014 ha messo a segno una crescita zero; Dick’s Sporting Goods, la più importante catena di settore, sta ridiscutendo i contratti con i suoi testimonial, mentre le vendite sono calate del 4,9 per cento nell’anno fiscale 2013/2014. Infine i praticanti risultano in discesa del 2,4 per cento, e nel 2013 sono finiti per la prima volto sotto la soglia psicologica dei 25 milioni (erano oltre 30 nel 2005).

Il rallentamento ha sorpreso molti analisti, convinti che l’invecchiamento della popolazione e l’ingresso sul mercato di nuovi prodotti a prezzi competitivi avrebbero spinto in alto i ricavi del settore. Ma non è andata così, e adesso il comparto si interroga su come ripartire. Le idee non mancano, dalla scoperta dei mercati Brics e mediorientali alle contaminazioni gastroturistiche, fino al tentativo di conquistare la generazione dei teenager a colpi di app come AllSquare, il social network che permette di condividere informazioni su corsi, circuiti e tabellone professionistico: fondata lo scorso anno da due startuppers seriali di San Francisco, adesso è partecipata proprio da TaylorMade.

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