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ANSA/ROBERTO BREGANI
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Lega Calcio, perché Tavecchio può essere l'uomo giusto per la Serie A

A meno di tre mesi dal fallimento Mondiale può diventare presidente con poteri politici. È criticabile ma è una ragione di opportunità

Sono passati meno di tre mesi dal fallimento Mondiale che ha cancellato le ambizioni della nazionale italiana e ridisegnato i vertici della Figc, in attesa di rielezione. Nemmeno cento giorni e Carlo Tavecchio èpronto a rientrare nel mondo del calcio dalla porta principale. I club della Serie A stanno cercando un'intesa per eleggerlo presidente della Lega e chiudere così nove mesi di commissariamento. Scenario criticabile, ma la verità è che Tavecchio può essere l'uomo giusto per la Serie A italiana.

Indiscrezioni, sussurri e voci che si rincorrono e che suscitano perplessità nella maggioranza. Cambiare tutto per non cambiare niente? Come può essere chi ha governato il Titanic fino all'affondamento a prendere per la guida delle scialuppe mentre in Figc si confrontano candidati con un passato (tutti) sulla stessa barca andata a fondo?

Dubbi e critiche legittime. Dal punto di vista dell'immagine e della simbologia non esiste ragione perché l'ex numero uno della Figc si ricicli così in fretta in un ruolo così importante. Non è questione di gaffes (pure mai mancate) o di scelte politiche, ma una pura ragione di opportunità perchè nessuno, dentro e fuori il mondo del pallone, potrebbe comprendere il significato di una marcia indietro così marcata.

Anche perché Tavecchio arriverebbe alla guida della Lega Serie A spinto dall'ex amico, poi perso per strada e adesso ritrovato, Claudio Lotito e con una serie di accordi a cascata per dare spazio e visibilità a tutte le correnti della Confindustria del pallone. Un inciucio in stile politico. Nessun segnale di discontinuità, nemmeno malcelato. Impossibile spiegarlo e farlo digerire all'opinione pubblica.


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Perché Tavecchio può essere l'uomo giusto per la Lega

Eppure c'è anche l'altro lato della medaglia, quello meno visibile fuori ma che giustifica l'idea e la candidatura di Carlo Tavecchio. Potrà non piacere il contesto, però è indiscutibile che i nove mesi da commissario a capo della Lega sia stati proficui e che Tav abbia confermato di avere spiccati doti politiche. Ha costretto i club a scrivere nuove regole dopo anni di empasse, tanto che per la prima volta il calcio italiano di vertice sta rinnovando il suo management con logiche industriali.

Tavecchio non sarebbe (sarà?) da solo a governare l'assemblea tutta veti e contrapposizioni dell'ultimo ventennio. Avrebbe (avrà?) con sè un amministratore delegato scelto attraverso una selezione accurata, sia esso Javier Tebas - attuale numero uno della Liga spagnola - o uno degli altri nomi in ballottaggio. I poteri saranno ampi e distinti: quello di conduzione manageriale affidato all'ad e al suo staff, quello politico in capo al presidente.

Tavecchio, insomma, farebbe quello per cui neanche gli avversari più spietati riescono a bocciarlo. I suoi tre anni in Figc sono stati segnati dal fallimento tecnico sfociato nella débacle contro la Svezia, ma allo stesso tempo hanno riportato successi a livello di politica internazionale con ricadute benefiche su tutto il movimento a partire dalle scelte indovinate per tempo nel posizionarsi nel percorso di rifondazione di Fifa e Uefa.

Può sembrare strano, ma l'ex numero uno della Figc gode di molti più consensi e appoggi fuori che da noi. Da politico può essere una risorsa e la sua esperienza risultare utile a tutti. La capacità di navigare in cerca di sintesi e consenso è evidente nel fatto stesso che si sia costruito la chance di rientrare dopo essere finito sul banco degli imputati.

Può essere che alla fine nulla si concretizzi e che il suo nome rimanga solo una suggestione. E che la sola ipotesi di rivederlo non regga al fuoco incrociato della critica. Finale legittimo di una storia complicata da leggere. Ma l'idea di dargli in mano la gestione politica della Lega Serie A non è di per sè una follia.

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Giovanni Capuano