Simone Farina, cavaliere di Sua Maestà in un calcio malato
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Simone Farina, cavaliere di Sua Maestà in un calcio malato

Insegnerà il fair play ai ragazzi del settore giovanile dell’Aston Villa. L'ex calciatore viene così visto come un eroe mentre ha fatto solo il suo dovere

Il gigantismo che assume la storia di un comportamento normale a noi preoccupa, chissà a voi. Simone Farina è un uomo che ha fatto ciò che si dovrebbe sempre fare in un mondo civile: denunciare un reato.

La beatificazione ci è sempre sembrata fuori luogo, l’ammirazione no. Sì, invece, le conseguenze eccessive, dagli onori della Fifa alla convocazione-farsa in Nazionale. Tutto questo rende la misura delle rogne che ci sono in giro. Simone ci pare un ragazzo intelligente, oltre che un uomo con le giuste palle. E forse troverà anche lui eccessivo vedersi soprannominato Mister Clean dai giornali inglesi. Ma benissimo ha fatto a trasformare la sua onestà in un mestiere, a quanto pare.

Smette di fare il calciatore di seconda-terza fascia, dando un taglio anche a certe speculazioni; risolve il contratto con il Gubbio e vola in Inghilterra. Lavorerà come dirigente del settore giovanile dell’Aston Villa, club di Londra che visse anche momenti fugaci di gloria. I Villans lo hanno contattato passando attraverso la Fifa, con cui è sempre stato in contatto dopo il suo “gran gesto” (altro eccesso a parer nostro).

A quanto pare il suo ruolo sarà quello di insegnare fair play ai ragazzi del settore giovanile dell’Aston Villa. E qui siamo abbastanza al paradosso che sfiora il ridicolo. Come dire: prendiamo l’unico fiore di quel letamaio che è il calcio italiano e trapiantiamolo nel nostro giardino. Chiamala, se vuoi, demagogia.

Non ci sembra che il fair play e le questioni di torte e scommesse appartengano al calcio inglese, ma ci potremmo pure sbagliare. Se un ragazzo è una persona per bene e riconosce un malvivente per la strada lo denuncia: non perché glie lo ha detto Simone Farina, ma perché glie lo hanno insegnato la mamma e il papà. Si chiama educazione e il calcio non c’entra molto.

Il fair play si può tradurre con la capacità di stare al mondo, anche su un campo di calcio. Il fair play non è assolutamente l’insopportabile manfrina della palla sparata contro i cartelloni pubblicitari non appena un giocatore casca per terra: fossi un presidente toccherei pesantemente nel portafoglio un mio giocatore che si soggioga a tale idiozia, salvo, ovvio, le pochissime eccezioni. E qui Fabio Capello sul punto ha sempre avuto ragione da vendere. Detto questo, buon lavoro e buona vita a Mr Clean che in un mondo che gira al contrario è diventato cavaliere di Sua Maestà per il solo fatto di essere un uomo come si dovrebbe.

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Carlo Genta