Roger e Serena, la rivincita dei trentenni
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Roger e Serena, la rivincita dei trentenni

Hanno vinto Wimbledon dopo essere stati considerati finiti. Federer non ci riusciva dal 2009 e la Williams un anno fa ha rischiato di morire prima di finire al numero 200 del ranking

A volte ritornano ed è sempre un piacere anche se può essere noioso veder vincere sempre gli stessi e trovare sull'albo d'oro quasi unicamente il loro nome. Invece il week end che ha chiuso la saga di Wimbledon ha regalato due storie bellissime con un filo conduttore unico. Serena Williams e Roger Federer erano un po' per tutti due campioni sul viale del tramonto. Forse si poteva scommettere qualche penny sul successo di uno dei due. Mai di entrambi insieme.

E' accaduto e il fatto che due ultratrentenni non conquistassero contemporaneamente il più prestigioso torneo del mondo era accaduto solo due volte in 126 anni spiega bene la portata dell'impresa. Ci erano riusciti Rod Laver e Anna Jones nel 1969 e Artur Ashe e Billie Jean King nel 1975. Poi più nulla per 37 anni e non solo per una sorta di maledizione sportiva.

Il tennis contemporaneo - così come lo sport in generale - è sempre meno un paese per vecchi e sempre più un territorio per giovanotti dal braccio pesante. Ecco perché vedere Federer (30 anni e 11 mesi) e Serena (30 anni e 10 mesi) vincere ed emozionarsi sull'erba spelacchiata di fine torneo non può non commuovere al pari, forse, solo del dispiacere per Murray giunto alla quarta sconfitta in quattro finali dello Slam dopo aver fatto sognare una nazione che attende di tornare a conquistare il torneo di casa che manca da 76 anni.

Lo svizzero non conquistava uno Slam dal gennaio 2010 (Australian Open) e meno di un anno fa era scivolato fino alla quarta posizione del ranking mondiale. A Wimbledon, che pure è il suo giardino di casa come dimostrano i sette successi su otto finali che lo mettono sullo stesso piano di Sampras, addirittura non esultava dal 2009. Nelle ultime due campagne d'Inghilterra era stato mandato a casa ai quarti di finale. Ora torna re e primo al mondo.

"Tornare a essere il più forte non è un regalo. Ho lavorato ancora più duramente pur avendo una famiglia e non ho mai smesso di crederci. Ho avuto ragione" è la sua spiegazione di quanto accaduto. Tutto vero, come quando spiega che rispetto al luglio del 2009 "molte cose sono cambiate nella mia vita" e lancia uno sguardo in tribuna alla inseparabile Mirka e alle due gemelline che, secondo le malelingue, erano all'origine del suo umanissimo calo di rendimento.

La parabola di Serena Williams è ancora più commovente. Lei un anno fa lottava per la vita in un letto d'ospedale colpita da una grave embolia polmonare dopo due operazioni al piede. Il tennis era qualcosa di molto lontano dalle sue prospettive di esistenza e in fondo non avrebbe nemmeno potuto lamentarsi troppo avendo messo insieme a 29 anni la bellezza di 13 titoli dello Slam. Invece la forza di volontà è stata superiore e l'ha rimessa con la racchetta in mano. "Quando passi cose così abbassi un po' la guardia e sei ancora di più te stessa" ha raccontato: "Ero scesa al 200 al mondo e ho fatto un viaggio straordinario".

Molti stocevano il naso quando la vedevano demolire le avversarie facendosi forte di un fisico quasi da uomo. Invidia innanzitutto. E anche senso di inferiorità. Ora anche le lacrime di Serena convincono e la sua vittoria da ultratrentenne è stata salutata ovunque come una bella storia. Forse Federer e la Williams hanno danzato l'ultimo ballo insieme della carriera a Wimbledon. Però è bello anche così. A volte il re e la regina tornano e vederli di nuovo a casa è un'emozione che solo lo sport può regalare.

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Giovanni Capuano