Rehm Race Days 2013: primo podio a Misano
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Rehm Race Days 2013: primo podio a Misano

Sul circuito romagnolo nella tre giorni dell'organizzatore più importante d'Europa. Buono il bilancio: tre secondi limati dal precedente best lap e secondo gradino più alto del podio nel pareggiamento Best Of The Rest.

Dopo quasi nove mesi dall'ultima volta che ci siamo stati, ai primi di luglio il richiamo di Misano torna a farsi sentire. Quella circostanza, nell'ottobre scorso, aveva coinciso anche con l'esordio in una Rehm, ormai un marchio di fabbrica che tra gli appassionati di trackdays è diventato sinonimo di "weekend articolato in pista", un po' come scotch ha preso il posto di nastro adesivo, kleenex si usa più comunemente di fazzoletto di carta e Nutella è la crema di nocciole per antonomasia.

Rehm è il nome della società tedesca che, a sua volta, coincide con il cognome di colui - herr Karl - che, venticinque anni fa, ha inventato e importato in tutta Europa i Race Days, la formula che permette agli appassionati della guida sportiva in circuito di vivere un weekend di gara con caratteristiche del tutto paragonabili a quelle che vive un vero pilota impegnato in un campionato ufficiale. Oltre che rappresentare un'opportunità di allenamento anche per i professionisti

Pochi dubbi quindi: a Misano bisognava tornarci con gli stessi presupposti e nel contesto migliore possibile. E così è stato.

Quando, la sera che precede l'inizio dei giochi, arriviamo alle porte dell'impianto romagnolo intitolato a Marco Simoncelli, ad accoglierci c'è Giampiero Manzi, giovane e velocissimo pilota bolognese nonché referente per l'Italia per l'organizzatore tedesco.

Questa volta le operazioni di scarico richiederanno un po' più di tempo del solito, dato che le moto sul carrello sono due, la nostra Honda CBR600RR e una Yamaha YZF-R1 2013 che avremo modo di assaggiare per la prima volta nel corso del fine settimana.

DAY 1 - Il risveglio avviene in quella che è una delle location più comode possibili, separata dall'ingresso al circuito in meno di 100 passi. C'è il sole, la temperatura dell'aria è al di sotto dei 30 gradi e l'umidità, seppure molto elevata, è abbondantemente tollerabile.

Raggiungiamo il quartier generale dell'organizzazione per compilare e firmare la liberatoria e ritirare il transponder che per tutti e tre i giorni terrà traccia dei tempi che registreremo in pista, giro dopo giro, su tutte e due le moto che cavalcheremo di volta in volta.

L'elenco degli iscritti tocca quota 220, ovvero sold out, al limite fisico di un evento di questo tipo sul circuito di Misano. D'altra parte, come del resto l'omologa al Mugello, la tappa di luglio sul tracciato romagnolo è un grande classico, da sempre molto gettonato.

La fauna dei box è cosmopolita, con una preponderanza di italiani, seguiti da svizzeri e tedeschi. Per molti di loro, il GP di Misano è una delle tappe del campionato Rehm che attraversa alcuni tra i principali circuiti d'Europa. Le prossime, alle quali si può ovviamente partecipare anche se non si è iscritti all'intero trofeo, saranno al Mugello, poi nuovamente Misano, A1 Ring in Austria, Rijeka in Croazia, Misano e Mugello, per concludere infine la stagione con le varie trasferte iberiche che comprendono Almeria, Jerez, Portimao, Cartagena, Valencia e di nuovo Cartagena.

Non ci resta che presenziare al briefing durante il quale vengono esposte tutte le regole che bisogna seguire per la sicurezza propria e degli altri piloti, dopodiché torniamo al box e, trascorsi i canonici 40 minuti di termocoperte e la verifica che la nostra Honda CBR600RR sia tutto a posto, indossiamo tuta, paraschiena e stivali e ci prepariamo al primo turno di prove libere.

Dei cinque gruppi in cui i piloti sono stati suddivisi, siamo in quello dei più lenti e qui resteremo fino al primo pomeriggio, quando il rimescolamento sulla base dei tempi registrati nel corso della mattinata ci farà fare un upgrade a quello successivo.

Dopo tre turni di libere, il crono ci dirà che abbiamo abbassato di un secondo e mezzo il nostro best su questa pista: non è un granché ma è più che sufficiente per poterci ritenere abbastanza soddisfatti. E' ora il momento di riporre la piccola CBR e saltare in sella alla Yamaha R1.

IL CIRCUITO - Misano è un tracciato strano, lento e molto tecnico nella parte iniziale seguita da un tratto veloce e poi nuovamente da una parte tecnica che immette sul rettilineo principale.

Togliamo il cavalletto alla R1 2013 che Yamaha ci ha fornito in prova per tutto l'arco del fine settimana e partiamo per il nostro primo giro su questa pista con una Superbike da 1.000 cc, seppure in configurazione completamente stradale.

Percorriamo il primo giro con molta cautela, in modo da prendere la giusta confidenza su un mezzo che mai prima d'ora avevamo provato in circuito. Al secondo giro, cominciamo a forzare per mandare le gomme alla temperatura ottimale di esercizio. I primi otto chilometri percorsi sono sufficienti a farmi capire che è necessario azzerare tutti i parametri mentali settati su quelli di una leggera 600.

Questa moto ha l'anteriore solidissimo che richiede una guida molto fisica per farla voltare, i rapporti lunghissimi e una trazione pazzesca. Arrivo in fondo al rettifilo dei box in quarta marcia e alla riga bianca che attraversa trasversalmente l'asfalto poco prima del cartello dei 100 metri, mi attacco ai freni, tirò giù due marce e la inserisco nella prima destra della variante del parco. Però se frena... Sembra avere in mano un impianto racing, non stradale.

Al cambio di direzione punto il gas e al contempo il cordolo interno che prende forma alla destra del mio sguardo. In accelerazione inserisco la terza e lascio correre verso l'esterno pronto a sacrificare l'ingresso alla prima delle due Rio, due volte piuttosto strette che vanno percorse come se si trattasse di un'unica curva dopo una staccata con la moto ancora piegata. Fatto. Cerco di restare stretto sul cordolo interno e mi preparo alla curva successiva, che richiede di essere anticipata per bene con il peso del corpo, quando con la CBR 600 era invece sufficiente spingere sul semimanubrio e sulla pedana interna per vederla entrare senza esitazioni.

Sono in seconda e la rotazione del gas scarica sul posteriore gli oltre 170 cv alla ruota restituendo una sensazione di coppia e di grip provata finora soltanto su una moto bicilindrica. Nel rettilneo che segue srotolo la manopola del gas, snocciolando le marce a raffica senza usare la frizione ma limitandomi a chiudere il gas prima di inserirle. Il quattro cilindri a scoppi irregolari ruggisce come nessun'altro.

Ai 100 metri preparo la staccata della Quercia, forse quella che di tutto il circuito mi dà più gusto in assoluto. Anche qui punto il cordolo interno, lascio che la moto allarghi in accelerazione e percorra il tratto successivo che immette nella destra del Tramonto, la curva che prelude al momento forse più impegnativo di tutto il tracciato, il famigerato curvone. C'è un po' di traffico e sono costretto a fare una traiettoria un po' inusuale. Di sicuro il crono ne terrà conto.

All'altezza del secondo cordolo interno trovo un varco e mi infilo. Sono in quinta piena e sta per arrivare la parte più complessa, dove è difficile trovare il punto giusto della staccata e si finisce spesso per ritrovarsi a "mungere" la manopola del gas anziché tenere aperto fino alle due del Carro.

Giù due marce, poi un'altra e adesso occorre di nuovo chiamare in causa tutta la parte superiore del corpo per far sì che l'anteriore dell'R1 entri nello stretto tornate a destra e rimanga ben attillata al cordolo interno in vista della Misano 2 che volta dalla parte opposta, così come la successiva Misano 1 che immette sul rettilineo.

Fine del turno. Da qui a fine giornata ne faremo altri due, tutti grossomodo sugli stessi tempi che, per inciso, sono allineati a quelli registrati con la 600.

DAY 2 - C'è un bel sole sopra la seconda giornata, che avrà due momenti clou, i due turni di qualifica e i pareggiamenti Open del pomeriggio, riservati ai 96 piloti più veloci.

A noi riguarda soltanto la prima parte, che correremo in sella alla CBR. Ancora nel secondo gruppo in ordine crescente di velocità. In entrambi gli stint arriviamo all'uscita della pit lane piuttosto carichi e fiduciosi. Purtroppo le cose non andranno come ci saremmo aspettati: un po' per via del traffico in pista e un po' per l'umidità e il caldo che ci costringono a tirare il fiato proprio quando sarebbe stato il momento di fare il tempo, fermiamo il crono su un best più elevato di quello del giorno precedente. Amen, ci rifaremo in gara.

Durante la pausa pranzo escono le griglie di partenza per i pareggiamenti che si terranno domenica. Nel primo dei due, la Mixed Class, occupiamo il 12esimo posto della griglia, nel Crazy Old Man il 29esimo.

Per la cronaca, si tratta di griglie "virtuali" poiché lo start dei contest finali non prevede che il pilota occupi una casella e parta da fermo, bensì che avvenga in modo "lanciato", in fila con gli altri piloti, occupando la posizione corrispondente al tempo di qualifica.

Il plotone rimane dietro all'apripista per due giri dopodiché, una volta che quest'ultimo sarà rientrato ai box, il pareggiamento avrà inizio, con una dinamica di funzionamento del tutto simile a una gara ufficiale, salvo che la classifica finale viene stilata non per l'ordine di arrivo alla bandiera a scacchi, ma per la somma dei tempi totalizzati in ciascun giro.

Archiviata la pratica "qualifiche", ci godiamo i due pareggiamenti Open del pomeriggio, pieni zeppi di piloti veri che hanno approfittato dell'evento per allenarsi o mettere a punto la moto in vista della prossima gara. Tra i tanti, spiccano i vari Jaquinta, Corradi, Ceroni, tanto per citare alcuni dei più noti, capaci stampare tempi vicinissimi all'1.40, lo spartiacque che divide gli amatori, seppur velocissimi, dai piloti veri che in una tappa del CIV non sfigurerebbero.

E poi il pareggiamento. Che seguiamo spostandoci dal muretto dei box alla tribuna del Carro, assistendo a uno spettacolo davvero di altissimo livello dato il valore dei partecipanti.

DULCIS IN FUNDO - La nottata che precede la giornata cardine del weekend non trascorre nel migliore dei modi, movimentata com'è tra il caldo che di certo non agevola l'arrivo del sonno, la visione - prima a video poi mentale - degli onboard con il giro ideale, e la classica tensione pre-gara. Nonostante tutto ciò, arriviamo in circuito che è ancora l'alba, così da avere il tempo di effettuare il cambio gomme alla moto con cui faremo da lì a poco il pareggiamento e di fare il turno di warm up che lo precede.

L'ingresso in pista servirà più che altro a rodare gli pneumatici nuovi di zecca e ad arrivare alla competizione con qualche giro alle spalle. Mi limito perciò a fare qualche chilometro, in modo molto cauto, dedicato agli pneumatici, e qualche altro un po' più tirato per fare un sommario ripasso di riferimenti e traiettorie.

Rientriamo ai box e, senza neppure toglierci la tuta di dosso, lasciamo che i sessanta minuti che ci separano dalla partenza trascorrano, bevendo molta acqua, ingurgitando un paio di barrette energetiche e chiacchierando con i compagni di box. 

Sono le 10.40 in punto quando dagli altoparlanti viene richiamata l'attenzione dei piloti che, assieme a noi, prenderanno parte al primo pareggiamento della giornata, quello che riunisce la Mixed Class, cioè tutto ciò che per caratteristiche del motore e della ciclistica delle moto non può essere annoverato nelle categorie classiche, la Streetfighter, ovvero le moto prive di carena, la Ladies e la Best of the Rest, ovvero i migliori rimasti fuori dalle rispettive classifiche di categoria, cioè fino a 600 cc e oltre 750.

Ci siamo, è ora di accendere il motore, svestire gli pneumatici dalle termocoperte, calzare casco e guanti e raggiungere la posizione n°12 stampigliata sulla parete del parco chiuso. Fa molto caldo, ma per fortuna i ragazzi dello staff sono velocissimi a svolgere le procedure di verifiche e ci risparmiano la sofferenza del rimanere a lungo sotto il sole bardati come siamo.

Nel giro di pochi minuti, il responsabile di gara alza la bandiera verde in direzione di Manzi, il nostro apripista, che mette in moto la sua BMW S1000RR HP4 con la livrea Rehm e varca l'uscita della pit lane. Lo seguiamo tutti in fila. Abbiamo due giri per portare le gomme in temperatura e cominciare a cogliere le caratteristiche dei piloti che ci precedono. Davanti a noi, una naked, un CBR identico al nostro, e una manciata di Suzuki di varie cilindrate. 

Il secondo giro di warm up sta per terminare e non appena mi immetto sul breve rettilineo che collega il tornante del carro con la Misano 2, vediamo l'apripista che alza il braccio sinistro segnalando l'imminente rientro ai box. Ci siamo. I muscoli entrano in tensione e dalla pancia si sprigiona quella solita, ben nota, sensazione così simile a una scossa elettrica che dalla pancia sale fino alla gola.

Che il pareggiamento abbia inizio.

La prima missione parziale è cercare di non perdere contatto con il gruppo che ci precede. Cerco di restare quanto più possibile attillato allo scarico sottosella della moto gemella che mi sta davanti. Guida bene il ragazzo, fa tutto giusto, ma già all'uscita della Variante del Parco mi rendo conto di averne di più e il momento di passarlo arriva in fretta. In uscita dalle Rio cerco di restare interno e dare gas prima di lui. All'ingresso del rettilineo lo affianco per fargli capire che non intendo rimanere dietro troppo a lungo.

Siamo appaiati, lui alla mia destra. Fianco a fianco ci avviciniamo alla Quercia. Per un attimo mi trovo proiettato negli anni '50, in una chickle run, dove vince chi salta per ultimo dalla macchina destinata a volare giù dal precipizio.

Fine del flash, davanti a me non c'è una scogliera ma una curva e un punto di staccata. Chi frena dopo entra per primo. Vinco io. Due curve dopo sono al Tramonto e prima di inserire l'anteriore in curva, volto lo sguardo indietro per vedere com'è la situazione alle mie spalle. Nessuna minaccia impellente, posso concentrarmi sul prossimo. Anzi sui prossimi: lo scatenato pilota dalla tuta rosso fuoco che con la sua nuda entra in curva come un ossesso e una GSX-R nera dalla cilindrata difficile da capire.

Il secondo e il terzo sono giri fotocopia, con la supersport Suzuki che allunga nei tratti veloci e la naked che recupera terreno nel misto. Procediamo nello stesse medesime posizioni fino a dopo la Quercia. Nei giri appena conclusi, avevo notato che quello era un tratto in cui la Suzuki faceva una traiettoria strana, nella quale, stringendo i denti si poteva osare e approfittarne

Ho la sensazione di non essere stato l'unico ad accorgermene e quando mi rendo conto che il pilota che mi sta davanti ha intenzione di sferrare l'attacco mi metto alla sua ruota. Ci avevo visto giusto e non appena la GSX-R allarga ci infiliamo tutti e due all'interno e al Tramonto la passiamo.

Nel frattempo il gruppetto si è sfrondato e siamo rimasti in tre: io, il solito pilota naked e - lo riconosco dal codone - il mio vicino di box. A differenza che in passato, quando a metà gara la stanchezza cominciava a farsi sentire, in questa circostanza mi sento ancora bello tonico e agguerrito.

Stavolta, problema è un altro: faccio fatica a sorpassare la naked che mi precede, che entra in curva come un fulmine e poi nei settori veloci mi fa da tappo. Il momento ideale per lanciare un agguato sarebbe l'ingresso nel Curvone, ma mi rendo conto di non avere il coraggio necessario per tentare di infilarmi all'interno a ben oltre i 200 km/h. Mi rassegno così a chiudere il gas e a rimanere dietro, mentre lui guadagna terreno sul diretto avversario, dando vita, con lui, a un duello in cui alla fine riuscirà ad avere la meglio.

Il pareggiamento sta per finire, Vicinelli è sempre più vicino e non mi resta che tentare l'ultimo affondo in rettilineo, con un passaggio sotto la bandiera a scacchi al photo finish.

Rientro ai box tutto sommato contento e dopo aver riposto la moto nel box, corro al monitor dei risultati per vedere com'è andata. Responso: seconda posizione nella classifica avulsa del Best of The Rest, con un best lap inferiore di tre secondi rispetto a quello registrato lo scorso anno su questo stesso tracciato e primo podio "in carriera".

Come già nel giorno precedente, dopo aver svestito i panni del pilota, indossiamo quelli dello spettatore alle gare successive. In realtà, sono iscritto anche all'ultima della giornata, quella dei Crazy Old Men, cioè gli Over 40, ma per oggi abbiamo dato in abbondanza e decido di non prenderne parte.

L'asfalto caldo che mette le gomme nelle migliori condizioni di esercizio contribuisce ad accrescere lo spettacolo dei pareggiamenti successivi che, nell'ordine, riguarderanno gli altri due Best of The Rest, il gruppo dei piloti con mezzi dalla cilindrata superiore ai 750, quello dei Fino a 600 + Fino a 750 e infine il già citato gruppo dei "vecchietti".

A completare il tutto, subito prima della pausa pranzo, il solito spumeggiante - in tutti i sensi - momento delle premiazioni, con la consegna dei trofei, i tappi di sughero che volano via dalle bottiglie e le foto e i video di rito.

A fine cerimonia, per chi ha ancora voglia di girare in moto ci sono a disposizione altre due ore di prove libere. Per noi, è invece il momento di riordinare il tutto, caricare le moto e ripartire alla volta di Milano.

TUTTI I RISULTATI DEI PAREGGIAMENTI

LA MOTO/1: YAMAHA R1 2013 - Una decina di turni non sono certo sufficienti a capire una moto, specialmente se l'espressione di tutto il suo potenziale in pista è limitato da una configurazione stradale e considerato anche che la Superbike Yamaha è una quattro cilindri anomala con il suo motore big bang e che sotto il profilo ciclistico necessita di una messa a punto di fino, molto più di altri mezzi omologhi che risultano familiari fin da subito.

Ma partiamo dall'esterno, dall'involucro tanto criticato di questa ultima emanazione della serie. Premessa: a me piace molto, senza se e senza ma, anche se mi rendo conto che non per tutti ha il fascino evergreen della prima versione a carburatori del '98 né la linea filante del MY che l'ha preceduta.

Trovo che il frontale dominato da quei due piccoli fanali tondi sia tanto originale quanto bellissimo e che la vista laterale gioverebbe moltissimo se i terminali di scarico originali fossero un po' più compatti e privi delle ingombranti paratie che li sovrastano.

Mi piace molto anche l'ergonomia, perfetta per chi come me non è proprio di taglia small. Le gambe stanno comode in questa triangolazione di serie, e se dovessi montare delle pedane regolabili non credo che regolerei la loro posizione in maniera tanto diversa da quella standard. Dovendo modificare qualcosa, ecco, forse monterei dei semi-manubri aftermarket più lunghi degli originali e aprirei un po' il loro raggio. Ma si tratta, più che altro, di gusti personali.

Fa un certo effetto sapere che le cosce stanno abbracciando uno dei motori più particolari dell'intero scenario. E le cose si fanno ancora più interessanti dopo la pressione del tasto Start e il primo colpo di acceleratore. Partiamo del sound, ovviamente, che già al minimo è gutturale quasi come quello di un bicilindrico italiano e che, quando i cavalli si scatenano sull'asfalto diventa addirittura entusiasmante.

Avevamo sempre pensato che la storia del quattro cilindri in linea che alla resa pratica assomiglia più a un motore con due pistoni in meno fosse un po' un'esagerazione, un'iperbole fuoriuscita dall'ufficio marketing di Iwata, e invece no. Ci siamo dovuti ricredere: le cose stanno proprio come le descrivono, soprattutto ai medi regimi, dove la spinta è da vero bombardone. D'altra parte, qualcosa in allungo - giocoforza - si perde, sempre se il confronto è con un quattro cilindri tradizionale.

Sul versante ciclistico, gli entusiasmi ahimè non hanno la stessa misura di quelli stimolati dall'incredibile motore. Nulla di irrisolvibile, ma l'anteriore è tanto granitico e stabile quanto pesante negli inserimenti e nei cambi di direzione, mentre il monoammortizzatore pompa un po' troppo quando si riprende il gas in mano.

Jonathan Lathiere che oltre a fare il gommista e meccanico al seguito dell'organizzazione e il telaista e preparatore di mezzi racing di mestiere, con la sua R1 ci corre, ci poggia i gomiti sui cordoli e ci si diverte come con nessuna delle altre moto che ha posseduto. Ma attenzione - ci avverte - prima di riuscire a trovare il giusto setting per la pista ce n'è voluto: "Come tanti altri, all'inizio ho commesso l'errore di provare a migliorare la maneggevolezza di questa moto puntandola davanti, cioè sfilando le forcelle e alzando l'interesse del mono. Ma a ogni step, anziché migliorare le cose peggioravano. Allora ho ribaltato l'approccio, mettendola cioè molto alta davanti e per magia la moto ha cambiato faccia. Ora non la cambierei con nessun'altra".

Quello che, invece, anche con la ciclistica di serie, è chiaramente percepibile è la grande trazione, tanto che mai, anche cercando volutamente aperture in piega destinate a mettere in crisi lo pneumatico posteriore, abbiamo sentito la necessità di rendere più conservativo l'intervento del controllo di trazione che per tutto il test abbiamo lasciato a livelli molto bassi.

La frenata, infine: tonica, potente, modulabile. Merito della pinza a sei pistoncini? Forse... In ogni caso, io l'ho trovata perfetta così, anche per un uso spinto, necessita solo di tubi freno in treccia metallica e pastiglie più adatte. Idem per la frizione antisaltellamento, che forse non sarà sofisticata come un'omologa after market, ma il suo lavoro lo fa egregiamente anche quando le staccate si fanno violente.

LA MOTO/2: HONDA CBR600RR - Dopo l'inconveniente capitato al piedino forcella poco più di un mese fa al Mugello, abbiamo approfittato per fare un tagliando al fidato seicentino. Oltre al cambio d'olio e di pastiglie ormai usurate, abbiamo voluto fare un upgrade al filtro dell'aria, montandone uno racing, costruito con un processo di lavorazione e con materiali che si discostano dai prodotti della concorrenza.

Altra modifica ha riguardato la forcella, dalla quale abbiamo voluto diminuire la quantità d'olio nello stelo, a sua detta la principale responsabile del fatto che non questa lavorasse al meglio lungo tutta la sua corsa. Al termine del fine settimana, un controllo all'indicatore posto stullo steso destro, rivelerà che le ipotesi erano esatte.

Infine la pompa freno posteriore a manubrio che, dopo essere stata convertita a indice è tornata nella sua posizione originaria, cioè a pollice, a nostro parere molto più fruibile.

Nel prossimo step, sottoporremo l'avantreno a una trasformazione radicale, sostituendo la piastra di sterzo superiore originale alla quale oggi sono inseriti i semimanubri con una sua simile after market dotata di riser destinati ad accogliere un manubrione. Proprio così: la nostra moto diventerà un ibrido racing, un po' supersport e un po' naked.

LE GOMME/1 - Quello in sella alla Yamaha R1 2013 è stato in realtà un doppio test, visto che i suoi cerchi calzavano le nuove coperturefiglie primogenite della stessa tecnologia sviluppata per le competizioni mondiali di Superbike, Superstock e Supersport, entrambe nella mescola 2.

Le sensazioni, alla resa pratica, sono abbastanza diverse da quelle delle "vecchie" SC che ben conosciamo, anche se la percezione netta è che si tratti di un'evoluzione e non di una rivoluzione.

A nonstro parere, la continuità con le gomme di cui raccolgono il testimone è garantita dalla sensazione di solidità che regalano sia davanti che dietro, combinata in un'alchimia propria solo di queste coperture con una maneggevolezza, che non sarà il riferimento assoluto della categoria, ma che è comunque capace di restituire al pilota una sveltezza di inserimento e una stabilità in percorrenza da riferimento.

Neutro ma rapido l'anteriore, capace di offrire una sensazione di grande grip il posteriore. A proposito di quest'ultimo, l'aderenza che offre, a nostro parere, se confrontata con la versione che va a sostituire, è paragonabile a quella della più performante in mescola morbida, pur mantenendo la stessa durata delle cugine dalla mescola più dura.

Inalterata anche l'altra caratteristica di punta di questa gomma, cioè la sua capacità di auto-adattamento con qualsiasi moto, qualunque setting, qualsivoglia stile di guida.

LE GOMME/2 - A equipaggiare la piccola CBR sono state invece le stesse gomme che utilizziamo di solito, con la quale abbiamo provato, fatto le qualifiche e corso. Con il treno montato il venerdì mattina abbiamo percorso quasi 100 giri, senza accusare un particolare decadimento nell'aderenza del posteriore in mescola B, che abbiamo sostituito soltanto per correre il pareggiamento della domenica mattina.

Abbiamo cambiato anche l'anteriore, ma soltanto per scrupolo considerati i numerosi cicli riscaldamento/raffreddamento a cui l'abbiamo sottoposto, ma di strada ne avrebbe potuta percorrere ancora tanta

Su un tracciato così tecnico quale è Misano, "a bordo" della 600, a nostro parere, queste gomme offrono la miglior alternativa possibile, considerato l'anteriore appuntito che fa letteralmente proiettare l'anteriore dentro la curva, e il grip infinito del posteriore, che in questa pista dove l'aderenza dell'asfalto non è delle migliori, e dove in uscita dalle curve lente bisogna spalancare il prima possibile a moto ancora piegata sono esattamente quel che ci vuole.

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Luciano Lombardi