Psg e non solo. Le mani degli sceicchi sul calcio europeo
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Psg e non solo. Le mani degli sceicchi sul calcio europeo

Un patrimonio da 60 miliardi di euro e 200 milioni di investiti in due anni. Champions League nel mirino ma gli emiri puntano anche al business della pay tv. E in pochi anni stanno ribaltando tutte le gerarchie

In dodici mesi hanno rovesciato sul tavolo del calcio europeo una montagna di soldi alta quasi 200 milioni di euro senza contare quelli spesi per acquisire la maggioranza della proprietà del Paris Saint Germain sotto la regia interessata dell'allora presidente Sarkozy. Era il maggio 2011 e la Qatar Sport Investments pagò 50 milioni di euro il 70% di una società che restava ai margini del grande calcio francese. Da quel giorno la strategia degli sceicchi provenienti dagli Emirati Arabi Uniti è stata chiara: utilizzare Parigi per fare il salto di qualità definitivo scalando non solo il ranking Uefa ma il business stesso del pallone.

Un modo per diversificare gli investimenti e aprirsi strade verso i salotti buoni. Problemi di denaro non ce ne sono per una famiglia reale il cui patrimonio è stimato in 60 miliardi di dollari e che detiene importanti partecipazioni finanziarie nella Borsa di Londra (15,1%) e nella Volkswagen (17,1%). Il Psg del presidente Nasser al-Khelaifi è stato così utilizzato come chiave d'accesso per la quale è valsa la pena investire 106 milioni di euro nel primo mercato con il record di Pastore valutato 42 milioni e altri colpi di contorno costosi ciascuno quasi come l'intero mercato del 2010: Thiago Motta 11,5, Gameiro 11, Menez, Matuidi e Sissoko 8 milioni di euro.

E adesso l'irruzione-choc nel cortile di casa nostra che è diventato il bersaglio preferito di Leonardo e Ancelotti che, dopo aver perso inopinatamente il titolo a favore del Montpellier, stanno cercando di costruire una squadra già a livello-Champions con un budget pressoché infinito. Lavezzi è stato pagato complessivamente una trentina di milioni di euro cash, Verratti è stato strappato all'Italia con 15 milioni (per un diciannovenne). Per Thiago Silva e Ibrahimovic l'assegno è da 65 milioni e l'operazione complessiva tra cartellini e ingaggi tocca i 170. Poi si passerà ai ritocchi, ma in ogni caso l'emiro Tamim Bin Hamad Al Thani ha stanziato non meno di 150 milioni di euro per rafforzare la sua creatura e vederla vincere in Francia e altrove.

Guai a considerarlo il colpo di testa di un ricco appassionato. I tentacoli di Doha sul mondo dello sport si sono infatti allungati da tempo. I tornei di tennis (nato nel 1993) e golf, le gare di motociclismo e i giri in bici tra le dune appartengono ormai al passato. Il presente e il futuro guardano ad Ovest e hanno gli stadi europei come terreno di conquista. Un anno prima di mettere le mani sul Psg lo stesso Al Thani aveva investito 36 milioni di euro per il Malaga la cui scalata nella classifica della Liga è appena iniziata. Poi la sponsorizzazione del Barcellona che ha violato uno dei santuari storici del calcio europeo: 166 milioni di euro in 5 stagioni per togliere la scritta Unicef e sostituirla con quella della 'Qatar Foundation'.

Infine la corsa al business della pay tv. I diritti della Ligue1 sono già stati acquisiti da Al Jazeera in aperta competizione con Canal Plus: 151 milioni di euro finiti nelle tasche delle società francesi che, secondo l'ultimo rapporto Uefa, fatturavano mediamente 54 milioni di euro. Meno di serie A, Liga e Bundesliga e un terzo rispetto alla Premier League. Dati riferiti al 2010, prima che il mondo si ribaltasse. Al Jazeera ha nel mirino anche altri campionati. Si parla di un interessamento per la Premier inglese che nel biennio 2012-2013 ha fatturato oltre 4 miliardi euro solo per i diritti tv.

L'Italia? Se ne riparlerà più avanti, ma l'idea degli addetti ai lavori è che alla prossima tornata anche gli emiri potranno dire la loro per allungare ulteriormente le mani sul calcio europeo. Del resto l'assegnazione della Coppa del Mondo del 2022 firmata Blatter tra le proteste ha già chiarito come la 'football diplomacy' possa produrre da subito importanti ritorni economici. Spendono tanto, ma non vogliono perderci. Il motto di Al Thani è diametralmente opposto al ritratto dei 'ricchi scemi' che ha accompagnato i nostri presidenti per decenni.

La loro scalata europea accompagna la crescita tumultuosa di un paese che non conosce la crisi internazionale e che continua a macinare aumenti del Pil a doppia cifra precentuale (+16,3% nel 2010). Gas e petrolio non bastano più. Parigi è solo un biglietto da visita, il Milan e la serie A solo le prime vittime. A quelle cifre impossibile competere con i futuri padroni del calcio mondiale.

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Giovanni Capuano