Procuratori, non è tutto oro quel che luccica

Procuratori, non è tutto oro quel che luccica

Per comprendere quanto si stia sgonfiando il pallone italiano sarebbe bastato farsi un giro a fine gennaio all’Atahotel Executive. Tanti scambi, molto usato sicuro, pochissimo cash. Colpa della crisi che ha impattato in maniera pesante, delle gestioni scellerate del passato …Leggi tutto

Per comprendere quanto si stia sgonfiando il pallone italiano sarebbe bastato farsi un giro a fine gennaio all’Atahotel Executive. Tanti scambi, molto usato sicuro, pochissimo cash. Colpa della crisi che ha impattato in maniera pesante, delle gestioni scellerate del passato oggi messe a dura prova dai dettami del Fair play finanziario. Ma secondo molti anche dell’onnipresenza dei procuratori, vere e proprie arpie capaci di spingere i loro assistiti all’ammutinamento e le squadre di appartenenza a svenarsi con contratti sempre più onerosi.

Dove sta la verità? A pochi giorni dal termine della sessione di mercato invernale più triste e squattrinata che si ricordi, Panorama.it lo ha chiesto a Luca Vargiu, procuratore professionista e autore di un recente ebook, Palle, calci e palloni (s)gonfiati, che sta facendo parecchio discutere gli addetti ai lavori.

Il pallone si sta davvero sgonfiando?

Direi di sì. Al di là delle ovvie conseguenze legate al fatto che girano meno soldi di un tempo, ci sono molte cose che non vanno come dovrebbero andare nel business del calcio. Ma quello che più spaventa è che sembra che a nessuno interessi cambiare l’ordine delle cose. Il controllo è insufficiente e si è dato per troppo tempo potere a persone non qualificate. Con risultati che sono sotto gli occhi di tutti: mi riferisco al mio settore, ma non soltanto.

Facciamo un esempio concreto.

Tra le soluzioni con cui molti presidenti e dirigenti federali si riempiono la bocca c’è il recupero dei vivai. Ebbene…

Ebbene?

Lo scorso fine settimana ero in Francia, a visionare una partita di Ligue 1. Tra campo e panchina c’erano un classe 1996, un 1995, un 1994, due 1993 e almeno una decina di 1992. Ha mai visto una squadra italiana di serie A fare lo stesso?

Sinceramente no.

Eppure valorizzare i giovanissimi resta la strada maestra da battere: oltre a essere economicamente più convenienti nel lungo periodo, sono anche un modo per creare plusvalenze “fatte in casa” e alzare il livello complessivo. Solo così si possono sbloccare investimenti necessari a riaprire cicli vincenti.

In Italia non si salva nessuno?

Anche ai massimi livelli l’assenza di liquidità porta tutti i dirigenti a concentrarsi sul breve periodo. L’unico che ha investito e continua a investire soldi veri, favorito dai bilanci in utile e dal grande bacino d’utenza, è De Laurentis a Napoli. E infatti i risultati si sono visti. Certo, gli manca ancora qualcosa per fare l’ultimo salto di qualità. Ma non sempre sforzi coincidono con risultati sportivi.

Come le è venuta l’idea di scrivere un libro su questo argomento?

Non sono uno scrittore, non ho mai pensato di esserlo. Ma avevo delle storie da raccontare. Storie che molti addetti ai lavori conoscono ma che spesso anche il pubblico più appassionato ignora, convincendosi che tutti gli agenti lavorino e agiscano come Mino Raiola.

Con il quale non mi pare corra buon sangue…

Veramente quasi non ci conosciamo. Io lavoro soprattutto con i giovanissimi: in Italia gli agenti dotati di regolare patentino sono oltre mille, anche se poi sui giornali finiscono sempre gli stessi quattro o cinque. Il problema comunque non sono i big, che indubbiamente hanno delle capacità, ma un sistema che da troppo tempo funziona nel modo sbagliato e dove nessuno, ripeto, sembra davvero avere intenzione di cambiare qualcosa.

Secondo lei perchè?

Perchè il giocattolo, anche da scassato, continua a fruttare quattrini soprattutto per chi approfitta di storiche rendite di posizione. Calciopoli non ha insegnato molto: ggi come allora, l’80-90% del calciomercato passa nelle mani di una decina di persone, ciascuna con il suo carico di cortigiani e di conflitti di interesse. Rispetto al decennio scorso è cambiato qualche nome, ma la sostanza è la stessa.

In Italia, la figura del procuratore ha qualcosa di mitico. Come si svolge realmente la vostra attività?

Il procuratore calcistico, almeno nel nostro caso, non è soltanto colui che affianca un giocatore professionista al momento della firma del contratto. Ci occupiamo dell immagine degli atleti, delle loro esigenze, delle aspettative economiche e professionali. Che non sono le stesse per tutti. Nel caso dei giovanissimi che seguo prevalentemente, poi, è sempre importante coinvolgere le famiglie in ogni decisione.

Quali qualità deve avere un aspirante calciatore e quanto conta purtroppo, anche nel mondo del calcio, essere ‘raccomandati’?

Fenomeni a parte, l’impegno, il lavoro, il sacrificio uniti alla testa sul collo sono gli ingredienti principali. Poi c’è la componente fortuna che è determinante. Di raccomandati anche il calcio è pieno, difficile riescano a fare molta strada, il problema è che di fatto però tolgono spazio agli altri che invece hanno qualità e potrebbero giocarsi le proprie carte onestamente.

Come funziona di solito l’approccio del ragazzino di provincia alla realtà del grande calcio nazionale? È facile perdersi?

In generale lo è per tutti. L’errore più grande è quello di pensare di essere arrivati non appena si mette piede in una società professionistica. La realtà dice che solo uno ogni diverse migliaia di ragazzi riesce ad arrivare. Questo è un dato che dovrebbero tenere a mente tutti. Per affrontare meglio l’avventura e allo stesso tempo per dare il massimo.

Quali sono le tariffe comuni?

Per la procura, il nostro onorario oscilla tra l’1 e il 15% del contratto lordo siglato da un calciatore professionista. In genere, la maggior parte dei nostri assistiti versa il 5-10% dell ingaggio. In sede di calciomercato, abbiamo anche la possibilità di offrirci come mediatori tra due squadre, a patto che il giocatore conteso non sia un nostro atleta. In questo caso sono le società a corrisponderci un onorario. Altre volte si lavora a forfait.

Come è di moda oggi in politica, proviamo a stilare un elenco delle riforme più urgenti da fare per tutelare l’attività dei procuratori ma anche per salvare la baracca nel suo complesso.

Occorre instillare nella testa di tutti un approccio culturale diverso, che necessariamente dovrebbe passare anche per sanzioni più severe contro chi sgarra: procuratori, dirigenti, ma anche soggetti borderline che spesso fanno da sponsor a questo o quel ragazzino. Vanno evitati gli oligopoli e servono controlli più severi sulla situazione patrimoniale dei club, soprattutto nelle serie inferiori, perchè spesso è lì che comincia il far west. E andrebbero introdotte norme a favore dell’impiego di giovanissimi in tutte le categorie.

 

 

 

 

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