Paralimpiadi, l'Olimpo 'disabile'  dell'orgoglio sportivo
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Paralimpiadi, l'Olimpo 'disabile' dell'orgoglio sportivo

Non c'è niente di volgare nella disabilità e la censura di Sir Craven appare stonata e fuori luogo

Diciamo subito che a parer nostro, quell’uscita di Sir Philip Craven, presidente del comitato paralimpico internazionale, che ha inibito l’uso della parola “disabile” in cronache e notiziari è quanto di più discriminatorio possa comparire sotto le luci di Londra. Certo che sono sportivi, in quanche caso anche grandi sportivi, ma che raccontano una storia di dolore e di diversità. Che non è una minus valenza, ma un dato di fatto.

E non è negandolo che si discrimina. Il contrario piuttosto. Le Paralimpiadi sono uno sport diverso e a nulla, a nessuno serve negare questa evidenza, ma sono soprattutto mille storie da raccontare che vanno oltre lo sport. Sono vita oltre il dolore, sia detto senza un minimo di retorica. Quella di Pistorius ha fatto mille volte il giro del mondo e ha scavalcato il recinto dei Cinque Cerchi. Altre non lo faranno mai. Anche se, ed esempio, tutti sanno chi è Alessandro Zanardi, eccellente pilota di Formula Uno cui le corse hanno strappato le gambe, ma non la passione e il fuoco dell’agonismo.

Poi ci si mette il caso che nello sport non è mai tale, ma si chiama destino, e lo manda su una pista storica come quella di Brands Hatch, sulla quale ventuno anni fa festeggiò la sua prima pole position in Formula 3000. Lui ci andrà senza pensare nemmeno per un istante a quella pole, ma con il chiodo fisso di prendersi tre medaglie d’oro in handbike, quell’attrezzo a tre ruote su cui si spingono i pedali con le mani. Ci è capitato di incrociarlo per caso un paio di mesi fa in un ristorante di Piacenza: ha due braccia così, l’identico sorriso ammiccante di quando correva in Formula Uno e la stessa brace negli occhi.

Andare forte, vincere alla faccia di un destino stupido, sul quale è meglio ridere che piangere, perché è così che lo si esorcizza. Annalisa Minetti è una ragazza di una bellezza da troncare il fiato. Ti credo, è stata Miss Italia e poi ha pure cantato a Sanremo, guarda caso vincendolo. Ora non ci vede più, ma le si è accesa dentro la luce dell’atletica al massimo livello. Ha un fisico pazzesco e correrà i 1500 metri con lo stesso obiettivo che aveva a Salsomaggione o nel paese dei fiori. Perché non è questione di una parola che non è nemmeno volgare “disabilità”, ma di un’altra che volgare lo è pur rendendo molto meglio l’idea di chi gareggerà a Londra: “coglioni”, o se preferite coraggio. O ancora l’intelligenza e la forza di capire che là dove finisce una certa parte del cammino, chiunque può cominciarne un altro, non necessariamente umiliante.

Tra l’altro gli organizzatori delle Paralimpiadi hanno capito, senza divulgare troppo l’idea, un aspetto importante: che quegli altri si sfoghino ai primi di agosto, quando la gente è in vacanza e magari non rinuncia a un’ora di sole per correre a casa ad accendere la televisione di servizio. Noi arriviamo ai primi di settembre, quando i palinsesti di radio e tv tolgono i “tappabuchi” e la gente torna ad aver voglia di informarsi e di capire cosa succede nel mondo intorno. E magari di ascoltare delle storie interessanti, come queste o come mille altre che a Londra verranno raccontate nei prossimi giorni. E non sono cose tristi di “disabilità”, caro Sir Craven, ma storie di sport che va oltre la vita quotidiana.

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Carlo Genta