Il pagellone del Motomondiale 2014
EPA/Kai Foersterling
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Il pagellone del Motomondiale 2014

Da lode la stagione di Marquez e Rossi. Lorenzo si è svegliato tardi, mentre Pedrosa continua a non convincere. Edwards, il tornado che ha detto stop

10- MARC MARQUEZ

Ventuno anni di talento senza fine. Taglia il traguardo del secondo titolo mondiale consecutivo nella MotoGp con il piglio del fuoriclasse destinato a dettare legge sulle piste di tutto il pianeta per almeno un paio di lustri. Da Losail a Indianapolis, 10 vittorie di fila e primati che si sbriciolavano al suo passaggio. Lui il re, gli altri ad applaudire perché altro non si poteva fare. Mai arrogante, sempre disponibile. Spesso, sorridente. Il calo nell'ultima parte della stagione, l'eccezione che conferma la regola. Stravolta, in positivo, dalla doppietta che gli consente di staccare in curva Mick Doohan nel numero di gare vinte nella stessa stagione. Tredici a 12. Marquez, fenomenologia di un campione.

10 - VALENTINO ROSSI

Alzi la mano chi credeva possibile che il Vale tricolore sarebbe riuscito a mettere la firma su una stagione così straripante. Due vittorie (non accadeva dal 2010), sull'asfalto di Misano e Phillip Island, 6 volte secondo, 5 volte terzo. Conti alla mano fanno 13 podi in 18 gare. Come nel campionato dell'ultimo trionfo iridato, storia del 2009 e della sua prima avventura in Yamaha. Dall'Australia alla Spagna, il giro di valzer da standing ovation, con la battaglia infinita per il gradino più alto del podio con il principino diventato imperatore, quel Marquez che del Rossi visto quest'anno deve davvero cominciare ad avere paura. Sì, perché si dà il caso che Valentino non abbia alcuna intenzione di tirare i remi in barca per godersi gli ultimi raggi di sole. Lorenzo? Asfaltato!

7,5 - JORGE LORENZO

Un avvio di stagione da mani nei capelli per la disperazione. Il due volte campione del mondo pareva che avesse improvvisamente dimenticato come si fa ad addomesticare una MotoGp. La falsa partenza in Texas, il campanello d'allarme di una barca che rischiava di affondare prima di prendere il largo. Nel mezzo, la lunga telenovela sul rinnovo del contratto con la Yamaha, che Lorenzo voleva ma senza mollare la corda di un centimetro. Poi, il rilancio. Definitivo e clamoroso. Dal Sachsenring, Gp numero 9, tutto cambia. Il pilota di Palma de Maiorca torna a battersi con Marquez e Rossi e non scende più dal podio, arrivando a giocarsi la seconda piazza d'onore del campionato con il suo compagno di squadra. L'epilogo di Valencia, sfortunato e decisivo, non toglie una virgola del talento di un campione ritrovato e pronto a restituire la cortesia a chi l'ha messo sotto quest'anno. 

5 - DANI PEDROSA

Una vita da mediano, ma con una moto che tra le mani di Marquez prende il volo. Non se la prendano i tifosi del "Torero camomillo": Pedrosa, sia chiaro, è un buonissimo pilota, eppure i fuoriclasse, quelli veri - vedi Marquez, Lorenzo e Rossi tanto per fare i nomi dei suoi principali avversari in pista - sono un'altra cosa. Da nove anni nove ha il privilegio di scendere in pista con una Honda ufficiale, affidabile e veloce da fare invidia a chiunque, e non riesce mai a piazzare la zampata decisiva. Ultimo vagone sul treno dei primi della classe, promessa non mantenuta per un pizzico di talento in meno che a questi livelli fa sempre la differenza. E il guaio è che Pedrosa studia e si applica anche più degli altri. Ma non basta. Non ancora.

7 - ANDREA DOVIZIOSO

Ha detto sì al passaggio in Ducati perché il progetto c'era ed era più che dignitoso, ma sapeva che non sarebbe stata gloria al primo tentativo. Nella seconda stagione in sella alla due ruote di Borgo Panigale, il Dovi dimostra di avere trovato i numeri del rilancio. Benissimo ad Austin, ancora meglio ad Assen, e primo degli umani a Misano, Phillip Island e Valencia. Quando la Ducati gli mette a disposizione una moto più competitiva, ecco che il pilota romagnolo ingrana la marcia e si rende protagonista di gare belle e soprattutto convincenti. Dopo le due Honda e le due Yamaha ufficiali, lo dice la classifica definitiva, arriva lui. Ed è un risultato più che positivo considerando le forze in pista. 

7 - ANDREA IANNONE

L'ultimo squillo di tromba risuona nel cielo di Valencia all'ultimo giro di valzer del campionato. Il pilota della Ducati Pramac si alza il bavero e trova il modo di lasciare dietro per qualche giro i pezzi da novanta. Pure se il braccio è ancora dolorante e la posteriore è destinata ad andare in crisi metro dopo metro. Primo in gara con una Ducati non ufficiale. E non è la prima volta che Andrea di Vasto si inventa soluzioni ardite per far penare almeno un po' gli avversari più forti. Lo stile c'è, il coraggio pure. Per compiere il salto nella ristretta cerchia di grandissimi gli manca ancora forse un po' di saggezza nell'amministrare le gare. Perché l'impeto e l'entusiasmo, aiutano ma non risolvono. Il passaggio alla Ducati che fu di Crutchlow, il giusto premio per un pilota che presto o tardi ci regalerà soddisfazioni grande così.

8 - POL ESPARGARO

Signore e signori, è nata una stella. Alla prima stagione nella classe regina, reduce dal trionfo nella Moto2 dell'anno precedente, il 23enne spagnolo del team Tech 3 si mette subito in mostra con un filotto di risultati a dir poco sorprendenti. L'acuto da applausi prende forma al Mugello, con un quinto posto a uno sbuffo da Pedrosa che la dice lunga circa le sue possibilità. Aleix, il fratello di due anni più grande, rosica e applaude allo stesso tempo. In quattro anni di MotoGp non ha mai avuto una continuità come la sua. 

10 - COLIN EDWARDS

Tutti in piedi per tributare il doveroso omaggio a uno dei piloti più veloci degli ultimi vent'anni. Due titoli nella Superbike, poi il passaggio nella MotoGp, dove pur non riuscendo a ripetere i trionfi raccolti sulle moto di serie corre ad altissimi livelli per almeno un lustro. In occasione del Gran premio di Austin, la sua Austin, "Texas tornado" saluta tutti e si fa da parte dopo 195 gare disputate nella classe regina. A 40 anni, dopo una carriera spesa a macinare cemento e dare spettacolo sulle piste di tutto il mondo. Ciao Colin, senza di te la MotoGp sarà un po' meno... saggia

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Dario Pelizzari