Nfl: il football americano verso lo stop ai privilegi fiscali
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Nfl: il football americano verso lo stop ai privilegi fiscali

La lega del Superbowl non paga tasse sui profitti dal 1942, ma ora in molti vorrebbero costringerla a farlo: al Congresso arriva la prima proposta di legge

Sembra non esserci mai pace per la National Football League. Dopo gli scioperi di due anni fa e le polemiche relative alle coperture assicurative dei giocatori infortunati che hanno tenuto banco nella parte centrale dello scorso campionato, finisce sotto attacco anche il totem dei totem: la fiscalità di vantaggio di cui la Nfl gode da sempre.

Pochi lo sanno, ma il football americano, unanimemente ritenuto lo sport più redditizio dal punto di vista del business è agli occhi del fisco statunitense una semplice Onlus e trattata di conseguenza. Il motivo? Nel lontano 1942, quando era appena nata e ben lontana dai numeri di oggi, la federazione venne cooptata da governo e ministero della Difesa come una sorta di circo itinerante per intrattenere le truppe durante gli addestramenti o al fronte, dove sarebbero state impegnate per altri tre anni contro i giapponesi. Espediente che verrà ripetuto nel corso di altri due conflitti, la Corea e il Vietnam. Da qui lo status, mai ritirato da Washington, di “organo di propaganda militare”, libero dunque, come una qualsiasi Radio Free Europe, di non rivelare e di trattenere per sé i proventi delle proprie attività.

Va specificato che il trattamento riservato alle singole squadre è molto differente: loro, le tasse, le pagano fino all’ultimo centesimo, e anche questo squilibrio è stato negli ultimi anni motivo di forti contenziosi. Ma poiché la stragrande maggioranza degli introiti (compresi quelli ricchissimi relativi alla messa in onda del Superbowl con relativi spot televisivi) sono gestiti a livello centrale, sono i forzieri della Nfl a incamerare la fetta più grossa del giro d’affari garantito dal football a stelle e striscie. La lega professionistica, per dire, dichiara ricavi per 9,5 miliardi di dollari con un utile netto nel 2014 superiore ai 700 milioni, e punta ad arrivare rispettivamente a 25 miliardi di fatturato con 7 di margine entro il 2027, mentre il suo ceo Roger Goodell si è appena messo in tasca, tra stipendio annuo e bonus, 44,1 milioni.

Dalla fine del 2013 a oggi, tuttavia, il pressing bipartisan su Congresso e Obama perché aboliscano la fiscalità di vantaggio sia per la Nfl che per la Mlb (la lega del baseball, che gode di privilegi simili) si è intensificato, e subito dopo il Superbowl dello scorso gennaio ha trovato un testimonial d’eccezione: Neil Cavuto, opinionista economico su Fox Tv e grande amante della palla ovale, che ha chiesto un’opinione ai suoi 245 mila followers su Twitter incassando un coro quasi unanime di sì.

La scorsa settimana la prima proposta di modifica è così stata ammessa alla discussione al Congresso americano. Ma i lobbisti di Nfl e Mlb, tra i più pagati in assoluto, sono già al lavoro e hanno presentato una loro proposta di mediazione. Per quanto riguarda la lega professionistica di football (i due procedimenti sono stati separati) l’ipotesi prevederebbe il versamento di una cifra fissa annuale, intorno ai 110 milioni di dollari, basata sullo storico degli introiti e sulla percentuale tassabile, ma senza l’obbligo di presentare i moduli fiscali che richiedono di essere trasparenti circa i salari, le entrate, le spese, gli investimenti e altro ancora.

Secondo molti addetti ai lavori, è uno stratagemma per non far emergere l’altra vera, grande facilitazione di cui gode il football americano: gli incentivi a fondo perduto e i prestiti a tasso zero concessi da Washington, sempre in base alla legge del 1942, per la costruzione e il mantenimento degli stadi, i cui proventi però restano - e probabilmente continueranno a restare - tutti in mano ai team. Le schermaglie legislative sono solo all’inizio, ma Obama in persona ha promesso di voler portare a casa la riforma prima della scadenza del suo mandato nell’ottobre 2016. Staremo a vedere.

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Gianluca Ferraris

Giornalista, ha iniziato a scrivere di calcio e scommesse per lenire la frustrazione accumulata su entrambi i fronti. Non ha più smesso

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