Sterling è un razzista, lo sport Usa no
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Sterling è un razzista, lo sport Usa no

Le affermazioni contro i neri del n°1 dei Clippers non sono la spia di un male sotterraneo. Come spiega Roberto Gotta, esperto di Fox Sports - La protesta dei giocatori

“Puoi fare quello che vuoi, ti chiedo solo di non portare dei neri alle mie partite”. Le parole razziste rivolte alla fidanzata da Donald Sterling, proprietario dei Los Angeles Clippers, hanno scatenato una vera e propria bufera negli States tanto che il Presidente Obama ha etichettato Sterling come “persona ignorante”.

E mentre si susseguono le manifestazioni di sdegno da parte di tifosi, addetti ai lavori e giocatori (ieri i Clippers, impegnati nei playoff contro Golden State, si sono riscaldati con una maglia senza loghi in segno protesta nei confronti del proprietario della franchigia - VIDEO ) la faccenda getta ombre pesanti sul livello effettivo di tolleranza nello sport americano, da sempre (almeno in epoca moderna) caratterizzato da una netta maggioranza di atleti di colore.

Caso isolato o pericoloso segnale di intolleranza? Lo abbiamo chiesto a Roberto Gotta, esperto di sport USA per Fox Sports.

Il caso Sterling è qualcosa che non ha precedenti nello sport americano?

“Anni fa ci fu un caso limite nel baseball quando la proprietaria dei Cincinnati Reds Marge Schott, di origine tedesca, espresse il suo gradimento per Hitler dichiarando "le sue politiche non erano male, poi però ha esagerato". Comunque un episodio come quello del proprietario dei Clippers non si era ancora visto…”.

Però Sterling non ha fatto una dichiarazione pubblica ma è stata pubblicata una sua conversazione privata…    

“A dire il vero pare che la registrazione provenga da un file della fidanzata, dalla quale Sterling si faceva registrare le conversazioni per non dimenticarsi quanto diceva. Quindi sapeva di essere registrato”.

Sterling andrebbe cacciato dall'NBA?

"Il Commissioner di una lega di sport americana non è il padrone della lega ma è il "dipendente" dei proprietari. Quindi, sebbene abbia il potere di prendere decisioni, anche drastiche, per una faccenda di questa gravità dovrebbe ottenere il consenso della maggioranza degli altri 29 colleghi di Sterling. Inoltre, nel caso i Clippers dovessero perdere il loro proprietario, l'Nba dovrebbe prendere in mano la franchigia con enorme dispendio di risorse".

E' giusto che il Clippers siano comunque scesi in campo?

"Ieri, riscaldandosi con le maglie senza logo, hanno dimostrato pubblicamente quello che pensavano. Non credo che, almeno per il momento, possano fare più di questo".

Quanto è grave questo episodio per lo sport e la società americana? 

“E’ evidente che sia una brutta botta, considerati anche gli insulti di Sterling nei confronti di Magic Johnson, icona dello sport e della minoranza afro in USA. Però credo che alla fine i connotati della vicenda coinvolgano più che altro il proprietario dei Clippers il quale, tra l’altro, non è nuovo a episodi di questo tipo. Qualche anno fa l'ex moglie aveva raccontato di come Sterling, proprietario di numerosi immobili, facesse riferimento ad alcuni suoi inquilini afroamericani con le parole “neri che puzzano”.

Nessun malessere diffuso quindi? 

“Non voglio entrare nel campo del razzismo strisciante. Sarebbe un discorso troppo lungo e sarebbe sbagliato generalizzare. Questa vicenda è una macchia più per Sterling che per il sistema sportivo americano. Basti vedere le prese di posizione dei giocatori e dei tifosi, di tutte le franchigie. Ad esempio durante la partita tra Golden State e Los Angeles un tifoso dei warriors indossava una maglietta con scritto “sono alla partita con il mio amico nero”. A fianco a lui, l’amico indossava una tshirt con scritto “black”. Direi che l’episodio è esplicativo del sentimento generale”. 

Ora il rischio è che si riapra la discussione riguardo al grande numero di giocatori di colore a fronte di quello, decisamente minore, di proprietari e allenatori afroamericani…

“Nel baseball ci sono tanti allenatori afroamericani. Nella NFL ce ne sono meno, nonostante ci sia una regola per cui se si libera un posto da coach alcuni dei nuovi candidati devono appartenere necessariamente a delle minoranze. Da questo punto di vista direi che l’Nba è uno degli sport più all’avanguardia, se così si può dire. I cambiamenti nella pratica degli sport non sono dettati dalla razza, ma dalle evoluzioni della società”.

Ad esempio?

“Negli ultimi 10-15 anni il baseball ha visto ridurre drasticamente la presenza di giocatori afroamericani a scapito di una crescita del numero dei sudamericani. Questo perché, secondo alcuni, i giocatori di colore hanno perso l’abitudine a giocare per strada”. 

Nessuna questione di razza quindi, ma solo di “abitudini”... 

“Esatto”.

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Teobaldo Semoli