DOVIZIOSO-PEDROSA
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Le scuse di Pedrosa a Dovizioso dopo l'incidente: aria nuova in MotoGp

Dopo le tante tensioni tra i piloti dello scorso finale di stagione, il gesto dello spagnolo serve a tutto il Motomondiale

Sette giri sette. Poi, la sfortuna, che quando vuole ci vede benissimo e pure di più. Sull'asfalto tutto da interpretare (e forse da rifare?) di Austin, in Texas, Dani Pedrosa, scudiero di Marc Marquez in sella alla Honda, perde il controllo della moto e centra in pieno la Ducati di Andrea Dovizioso, che crolla a terra e rimane in ginocchio per qualche istante a bordo pista nell'attesa di capire se il dolore è forte, oppure fortissimo. Se la gamba è rotta, oppure soltanto ammaccata. La jella, compassionevole e indulgente per ragioni non meglio definite, fa lo sconto e consegna al pilota forlivese tanta paura e poco altro. Certo, chiudere la seconda gara di fila a pancia all'aria a causa di incroci fuori dell'ordinario anche per la MotoGp non fa piacere, ma la cortesia genera sempre cose buone, soprattutto se accompagnata da un "scusa, mi dispiace" che chiude il cerchio e strappa l'applauso.

Sì, perché tornato ai box, il signor Pedrosa - che sarà pure un progetto di campione mai compiuto, ma in quanto a sportività non ha nulla da imparare da nessuno - consegna il casco al suo staff e corre da Dovizioso per vedere da vicino le conseguenze del suo scivolone, imprevedibile e inatteso. L'Andrea di Borgo Panigale, corrucciato come altro non potrebbe essere, comprende e ringrazia. E' sfortuna, capita, la sintesi della sua reazione. E magari avrà ripensato al k.o. rimediato dal compagno di squadra Andrea Iannone in Argentina, nato e amministrato in modo molto diverso, per questo evidentemente più fastidioso da digerire e superare. Diceva Oscar Wilde che l'umiltà si conquista solo rinunciando a tutto quel che si ha: solo quando s'è perso tutto, ci si accorge di possederla. Non ne ha mai sbagliata una, mister Wilde.

Si dirà, Pedrosa non ha fatto nulla di straordinario. Ha tolto il cappello in direzione di un collega che ha rischiato tantissimo a causa di un suo errore. Sbagliato. Il pilota spagnolo ha fatto moltissimo. Con quel gesto, ha restituito almeno in parte il sorriso a un ambiente che da mesi cova rancore e promette battaglie per via del finale di stagione 2015. Storia fresca: Valentino Rossi contro Marc Marquez e Jorge Lorenzo. Tra dispetti, frecciatine, colpi proibiti e ruzzoloni, schieramenti veri e presunti. Era la MotoGp, pareva una partita di calcio come tante: brutta perché cattiva, in campo e sugli spalti. Tanto che per calmare gli animi si è dovuti arrivare a minacce di squalifiche senza precedenti. E non è ancora finita, perché l'addio di Lorenzo alla Yamaha è frutto anche e soprattutto di una frattura netta e definitiva con il Rossi di Tavullia. Della serie, vado perché restare non posso. Non voglio.

Insomma, Pedrosa cade e si rialza. E trionfa. Perché riporta la MotoGp alle schermaglie lecite perché legittime degli anni scorsi. Non cambia il fine ultimo: nessuno sconto, mai, nemmeno per il compagno di scuderia. Conta vincere e tutto il resto viene dopo. Cambia però l'approccio, la prospettiva, il disegno. Che dalla notte dei tempi fa impazzire di passione i tifosi di tutto il mondo alle prese con i motori e i loro protagonisti. La regola, sempre la stessa: una birra, una bandiera e complimenti a chi arriva prima degli altri. Chi frequenta da vicino il motomondiale lo sa bene. Chi sbaglia, paga e a mai più rivederci. Il campionato 2015 è andato in naftalina nel modo peggiore possibile e il 2016 ha prodotto nuovi temporali in zona Yamaha. Poi, Pedrosa. Un raggio di sole sotto un cielo (ancora) carico di pioggia. 

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Dario Pelizzari