Motogp, è la settimana del Mugello. Lucchinelli: "Che festa ai miei tempi"
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Motogp, è la settimana del Mugello. Lucchinelli: "Che festa ai miei tempi"

Il campione del mondo 1981 ricorda la pista che più di altre gli è rimasta nel cuore. E su Valentino: "Non deve rimanere alla Ducati per ripiego"

''Al Mugello ci saranno tutti i miei fan e quelli della Ducati cercheremo di fare bene soprattutto per loro. Da lunedì ci saranno i test nei quali riceveremo nuovo materiale da provare. Sarà importante vedere il nostro livello in confronto con gli altri per capire se stiamo andando nella direzione giusta". Valentino Rossi comincia a sentire nell'aria il profumo del Mugello, Gran premio d'Italia, nona prova della MotoGp. E tutto sembra più bello e possibile, anche il ritorno sul podio dopo il sesto posto rimediato domenica scorsa a Sachsenring.

Sì, perché il Dottore è abituato a fare benissimo sulla pista di proprietà della Ferrari dal 1988. Nove vittorie nove dal 1997 al 2008, 1 in 125, 1 in 250 e ben 7 consecutive in MotoGp, prima con la Honda (2002-2003), poi con la Yamaha. Il filotto è stato interrotto nel 2009 da un certo Casey Stoner, che allora guidava una Ducati che certo era molto più competitiva e veloce di quella che è stata consegnata a Valentino nella stagione successiva.

Nel 2010 è stata la volta di Dani Pedrosa. L'anno scorso è invece toccato a Jorge Lorenzo salire sul gradino più alto del podio. Come dire, negli ultimi tre anni al Mugello hanno vinto i tre protagonisti del Mondiale in corso. La classifica è corta, anzi, cortissima. La guida lo spagnolo della Yamaha a 160 punti. Segue il connazionale su Honda a quota 146. Chiude il trittico l'australiano che a fine stagione si farà da parte per dedicarsi alla famiglia. Fermo a 140 punti. Tre campioni nello spazio di un nulla. E Rossi che sta a guardare, in attesa di un domani migliore.

Marco Lucchinelli, campionissimo di qualche anno fa, al Mugello non ha mai raccolto grandi risultati. Unica eccezione, il terzo posto nel 1978, in sella a una Suzuki. Allora, l'appuntamento mondiale in terra di Toscana si chiamava Gran premio motociclistico delle Nazioni. Altri tempi, altre difficoltà, altri protagonisti...

“Sì, in realtà era una Cagiva, meglio, una Suzuki verniciata di rosso, che poi è rimasto il colore della Ducati. A dire il vero, non abbiamo corso moltissimo al Mugello. All’epoca si correva in altre piste come Misano, Monza, Imola. In ogni caso, sì, non mi è andata mai molto bene al Mugello. Anche se è un circuito che amo. Mi ricordo il pieno di gente e la fila che si faceva per uscire. Era una festa incredibile, perché potevi fare quello che volevi. Non come oggi, che non puoi accendere i fuochi, non puoi fare rumore con le moto, non puoi accelerare di notte. Insomma, le regole da quelle parti sono diventate un po’ troppo severe. Se devo andare lì per farmi rapinare dei soldi e non fare nemmeno un po’ di casino, sto a casa. In condominio”.

Cosa si può dire del Mugello? Sulla carta, è una delle piste più difficili del Mondiale...

“E’ una delle 3 piste che ricordo con maggiore entusiasmo perché non sono state rovinate negli anni. Le altre due sono Suzuka in Giappone, anche se ci è morto Kato (ndr, incidente nel 2003), e Phillip Island in Australia. Tutte le altre le chiamo ‘mini-piste’. Intanto, perché spesso sono lunghe non più di 4, 4 chilometri e mezzo, contro i 5 delle tre a me care. E poi, perché non offrono grandi spunti nel percorso. Per capirci, il Mugello è vario. C’è la curva da seconda, quella in discesa, c’è tutto. E’ una bellezza, proprio una bellezza”.

Valentino Rossi conosce benissimo il circuito, che considera ormai da tempo la sua seconda casa. Possibile che questo bagaglio di esperienza possa contribuire in modo determinante a spostare gli equilibri in pista?

“Ne sarei felice, ma credo proprio di non succederà. Valentino è esperto di tutti i circuiti. Se tira fuori l’asso dalla manica al Mugello, bisogna che lo tiri fuori anche dalle altre parti. E poi ci sono i soliti problemi. Che la Ducati non sia la Honda, non abbiamo dubbi. Però c’è ancora qualcosa che non torna nei rapporti tra la scuderia e Valentino. Bisogna che si decidano in fretta a capire quello che vogliono fare. La classifica non dice bene né alla Ducati, né al pilota. Il matrimonio non ha funzionato. E allora, c’è poco da fare, o ci si  crede veramente o si abbandona. Insomma, se la tua donna non ti vuole più, devi fartene una ragione e cercarne un’altra. Aspettare troppo non serve né a te, né a lei. Valentino non può rimanere alla Ducati per ripiego. Io sono per le cose chiare. E sono sempre sincero, anche quando dovrei e potrei non esserlo”.

Fosse al posto di Preziosi, responsabile tecnico della Ducati, cosa direbbe a Valentino per convincerlo a restare un altro anno nella scuderia di Borgo Panigale?

“Dipende da cosa chiede Valentino per rimanere. Perché se lui chiede il motore non a ‘L’, ma a ‘Z’, non è detto che io debba investire una quantità di denari su un progetto che poi non sono sicuro che porterà a dei risultati. Chi mi garantisce che funziona? Abbiamo visto che anche Valentino non è invulnerabile. Anche lui può sbagliare. Il telaio che ha consigliato non ha portato a nulla, per capirci. Credo che quelli nuovi che arriveranno (ndr, Audi) cambieranno qualcosa. Non può andare avanti così. Se la squadra non funziona, meglio cambiarla. Almeno, in Giappone fanno così. Un anno, poi due, forse tre. E io sto invecchiando”.

Lorenzo, Pedrosa e Stoner. Tre protagonisti in corsa per il titolo mondiale. Era da tempo che non si assisteva a un simile equilibrio...

“Domenica scorsa Stoner ha buttato via la gara. E va benissimo così, perché lui è un talento. Non ragiona più di tanti, va a istinto, quando ha voglia di andare va, altrimenti si ferma. Va preso per quello che è. Gira e rigira sono sempre loro tre. Manca il Simoncelli che ci faceva godere e sparigliava un po’ le carte. A fine stagione, con il ritiro di Stoner, rimarranno Lorenzo e Pedrosa, che sono 8 anni che ha la moto ufficiale e non è ancora riuscito a vincere un Mondiale. Se davano a me per 8 anni la moto ufficiale io diventavo Valentino Rossi. 8 anni, ma stiamo scherzando? Ai miei tempi, se sbagliavi un anno, ti mandavano a zappare”.

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Dario Pelizzari