Volevamo solo vedere il Milan...
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Volevamo solo vedere il Milan...

Cronaca tragicomica dell'acquisto di un biglietto per un'amichevole di mezza estate. Che la dice lunga sul perché, tra divieti e disorganizzazione, i nostri stadi sono sempre più vuoti

Da ridere per non piangere, come accade sempre più spesso dalle nostre parti. Mentre con martello e scalpello stanno cercando di scardinare la porta della biglietteria dello stadio, penso che forse non è vero, forse è il solleone che mi sta dando alla testa. Ma invece sta accadendo sul serio e - rinfrescate le idee con quel poco d'acqua rimasta nella bottiglietta - non c'è nemmeno da stupirsene più di tanto: quell'incredibile avventura di un gruppo di malcapitati (molti lì in coda solo per far passare una domenica diversa ai bambini rimasti in città) è lo specchio della nostra realtà non solo calcistica. E' successo a Monza, ma poteva serenamente accadere in tante altre piazze della Lega Pro; è successo contro il Milan, ma poteva tranquillamente esserci di mezzo qualsiasi altro club di serie A. Quello che state per leggere, è quello che tocca sempre più spesso a chi in Italia si incaponisce a voler vedere una partita dal vivo, sia anche solo una banalissima amichevole di mezza estate...

Sabato 19 luglio, qualche minuto prima delle 11. Dopo aver saputo via web che il prefetto ha imposto i botteghini chiusi nella giornata di domenica 20 luglio per "ragioni di ordine pubblico", sono in fila alla biglietteria dello Stadio Brianteo dopo essere passato a casa di amici per farmi consegnare i necessari documenti d'identità. Sì, perché anche per quest'amichevole estiva a uso e consumo di famiglie e accaldati tifosi rimasti in Brianza valgono le ferree regole del decreto Pisanu. E se per caso un padre di Sesto San Giovanni (a una manciata di chilometri da Monza, ma di fatto in provincia di Milano) vuole portare il suo piccolo di 5 anni a vedere i rossoneri, sappia che può farlo solo a patto di avere la "tessera del tifoso". Mentre giro l'informazione a un incredulo papà in coda con me nell'assolato piazzale dello stadio, non so ancora cosa mi attende...

Ore 11.15. Botteghini ancora chiusi e rischio di insolazione che aumenta con il passare dei minuti. Poi ecco arrivare la spiegazione con il "passa-parola" tra quei 2-300 ardimentosi in fila: gli addetti alla vendita sono lì, ma non si trovano le chiavi della biglietteria. Maglietta biancorossa addosso e casco in testa, un volenteroso addetto del club brianzolo parte allora in direzione Monzello (sede della società del presidente Armstrong Emery, distante pochi minuti in motorino da lì) per recuperare il mazzo giusto. Mentre le lancette continuano a girare e il sole a picchiare sempre più forte sulle nostre teste, penso che se qualcuno in fila iniziasse a dare in escandescenze, il giorno dopo si leggerebbe della "violenza dei tifosi del calcio" senza nemmeno considerare il trattamento riservato a questi "clienti" (perché tali sarebbero considerati in altri Paesi) che stanno sfidando il termometro per un biglietto. So bene che posso recarmi in un'altra prevendita in centro a Monza o che posso acquistare i tagliandi online (anche se alcuni ragazzi in coda mi dicono di essere lì perché non sono riusciti a procurarseli via pc), ma a quel punto scatta la curiosità professionale: vediamo come va a finire, sempre che non finisca io cotto dai 36°C del piazzale...

Ore 11,30 circa. Torna l'addetto, ma le chiavi non girano ancora nella toppa. A estremi mali, estremi rimedi: ecco allora saltar fuori martello e scalpello, con la scena descritta all'inizio. Altra risata, ma se è uno scherzo, a quel punto siamo in molti ad averne abbastanza: ritorno collettivo alle auto direzione centro città, per riformare la fila alla Feltrinelli con il conforto questa volta dell'aria condizionata sotto lo sguardo stupito di chi sta curiosando tra i libri. La malcapitata signorina allo sportello di VivaTicket regge davvero al meglio il sovraccarico di lavoro, mentre l'ormai affiatato gruppetto di volenterosi trova conforto - oltre che nel suddetto condizionatore - negli immancabili racconti del passato, a partire da "quel rigore sbagliato per non andare in A"...

Ore 13. Ho finalmente in mano i  miei biglietti: a questo punto li guardo come fossero quelli per una finale di Champions. E mi viene in mente quel primo Monza-Milan di serie B al vecchio "Sada": allora, insieme al mio compagno di banco Alfonso detto "Fofo" era bastato alzarsi presto la domenica mattina alla caccia di un bagarino non troppo esoso. Ora ci sono volute due ore esatte a peregrinare in questa torrida giornata di luglio per 90 minuti di involuto calcio estivo: la prossima volta che mi parlano di stadi italiani sempre più vuoti...

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Paolo Corio