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ANSA/PAOLO MAGNI
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Crisi Milan, tutti i numeri e le colpe del disastro rossonero

Stagione lontana da tutti gli obiettivi, critiche al mercato, Pioli peggio di Giampaolo e un futuro che adesso fa paura

L'ultima volta che il Milan ha incassato cinque reti era una domenica di maggio del 1998, all'Olimpico contro la Roma di Zeman. Era il Milan di Capello, infilato in una stagione da incubo, e il tecnico friulano alla fine confessò di essersi vergognato della prestazione dei suoi ragazzi. C'erano in campo Costacurta, Maldini, Desailly, Donadoni e Weah, ma anche Cruz, Ba, Ziege e Maniero. Un anno il Milan avrebbe nuovamente conquistato lo scudetto guidato da Zaccheroni.

L'umiliante 5-0 subito a Bergamo contro l'Atalanta ha spostato indietro le lancette del tempo a quel 1998 con, purtroppo, molte meno speranze per il Milan di uscire in fretta dalla crisi che è non solo tecnica ma anche societaria e di progetto complessivo. Un disastro gestionale di cui tanti sono chiamati a rispondere, a partire da chi quel programma l'ha scritto e disegnato.

Pioli peggio di Giampaolo (come numeri)

Il 2019 si chiude con una sentenza definitiva. L'ottava sconfitta nelle prime 17 giornate e il -14 dalla zona Champions League (-8 da quella europea in assoluta) spengono qualsiasi illusione che la primavera possa riservare un risveglio funzionale a raggiungere un qualsiasi obiettivo in campionato. E' una doccia gelata, visti i passi avanti mostrati dal calcio di Pioli, ma allo stesso tempo anche una situazione che consente di sgomberare il campo da qualsiasi suggestione. Non serve cercare palliativi sul mercato (ad esempio Ibrahimovic), meglio concentrarsi sull'anticipo della ricostruzione necessaria nei prossimi mesi.

Pioli sta raccogliendo meno di Giampaolo e questo è un dato di fatto: 12 punti in 10 partite (media 1,2) contro i 9 del primo allenatore (media 1,28) poi esonerato. Segna pochissimo come prima (10 gol, uno ogni 90 minuti) e ne incassa di più (1,5 contro 1,28 a gara). E' colpevole il tecnico anche se non in cima alla lista dei responsabili.

Tutti gli errori del mercato e della proprietà

Pioli ha ereditato un progetto tecnico sbagliato e incompleto. D'accordo i problemi di bilancio e i rapporti difficili con la Uefa, ma in estate Gazidis-Boban-Maldini-Massara (in rigoroso ordine di ruolo) potevano e dovevano fare di più. La squadra giovane è una bella suggestione ad alto rischio di ustionarsi (come è accaduto) in assenza di qualche punto di riferimento. Lo stesso vale per l'idea di crescersi in casa i talenti del futuro, sia per il mercato che per l'ossatura di un gruppo competitivo: va bene in realtà di provincia, non in un club che ha fretta e obbligo di tornare in alto.

Il mercato è stato sbagliato. A gennaio 2019 sono stati spesi 70 milioni per due giocatori, Piatek e Paquetà, che oggi rappresentano un problema più che un valore aggiunto. In estate l'investimento maggiore è stato su Leao che è una bella scommessa e poco più. A centrocampo manca qualità sufficiente, l'equivoco Suso non è stato risolto e, anzi, si è trascinato tra tentativi di cederlo e dichiarazioni roboanti.

Ovviamente in testa a tutto c'è la proprietà che in un anno non ha invertito la tendenza a livello di bilancio e nemmeno sul piano del progetto sportivo. La versione ufficiale è che il Milan non sia in vendita e la prospettiva di Elliott sia a lungo termine, ma la realtà è che un Milan così non serve a nessuno, nemmeno a chi ha investito rilevando una situazione compromessa dal passaggio (a perdere) da Berlusconi al cinese Li. 

Urge intervenire in fretta e con fermezza. Il Milan è un patrimonio di tutto il calcio italiano che ha bisogno di ritrovarlo rapidamente competitivo. Non sarà sufficiente un anno, come dopo il cappotto di Roma del '98, ma i tempi della rinascita non potranno essere troppo lunghi.

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Giovanni Capuano