Mondiali di volley, Berruto: "Nel caso, sarà un oro ancora più pesante"
Riccardo Giuliani
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Mondiali di volley, Berruto: "Nel caso, sarà un oro ancora più pesante"

Intervista a tutto campo al ct della Nazionale di pallavolo, che domenica aprirà contro l'Iran l'avventura al torneo iridato in programma in Polonia

Dopo i bronzi e gli argenti, è la volta buona che mettiate al collo l'oro?

"Noi andiamo sempre alla ricerca del massimo risultato. Di sicuro sarà un campionato equilibrato, seppure restino favorite Brasile e Russia, le squadre migliori degli ultimi anni".
    
Siete un caso raro, tra le squadre azzurre. Ogni anno salite sul podio – argento agli Europei 2011 e 2013, bronzo alle Olimpiadi 2012 e alla Grand Champions Cup 2013 e altri due terzi posti alla World League (l’ultimo a luglio) – eppure di voi si parla poco. Come mai?

"Forse proprio per l'oro che non abbiamo ancora messo in bacheca. Come si dice? Un albero che cade fa più rumore di una foresta che cresce. Ha maggiore risalto una medaglia più preziosa, anche se è un episodio singolo, rispetto a un lavoro prolungato, costante e progressivo che conduce ad argenti e bronzi, come nel nostro caso. Però, non cambierei il nostro percorso con nessun altro".

Perché?

"Perché è frutto di grande impegno e sacrificio, grazie ai quali siamo entrati nell'élite europea e mondiale. Il nostro lavoro a lungo termine ha sempre pagato: tutte le medaglie che ci siamo guadagnati sono state molto complicate e ne andiamo furiosamente orgogliosi. Ciò che abbiamo conquistato in questi 4 anni ci rende afuriosamente affamati di altri podi. Per non parlare del gradino più alto: se l'oro arriverà, sarà ancora più pesante, in senso positivo. Non sarà un exploit, che non ci appartiene, ma la consacrazione, l'apice di un processo che è passato attraverso una programmazione precisa, avvicendamenti in campo e continui cambiamenti. Il progetto è cominciato dalle telefonate che ho fatto subito dopo aver ricevuto l’incarico, il 10 dicembre 2010; la direzione è quella giusta e ci porterà ai Giochi di Rio 2016".

Se i media si occupano poco dell’Italvolley, la squadra è amatissima: ne sono testimoni i palazzetti andati soldout in ciascuna delle 6 tappe in casa della World League, culminata con la Final Six a Firenze.

"Ci segue un pubblico eccezionale: per noi è un vanto e lottiamo senza risparmiarci anche per i tifosi. Allo stesso modo, quando perdiamo, siamo molto amareggiati per non averli ripagati dell'infinita passione e del calore unico con cui ci supportano immancabilmente. Li aspettiamo a Cracovia".

Cosa ha messo in valigia che le fa compagnia in Polonia?

"Qualche libro tra i tanti che ho comprato di recente: sono affetto da shopping compulsivo, ai libri non resisto. Leggere mi fa stare bene, ma immagino che finirà come al solito: il tempo libero a disposizione durante il torneo sarà minimo e riuscirò a iniziarne a malapena uno".

Chissà che non trovi l'ispirazione per scrivere, com'era accaduto l’anno scorso a Mar del Plata, durante la fase finale della World League.

"Sì, in Argentina ho scoperto la storia della poetessa Alfonsina Storni: mi ha colpito talmente che è diventata un personaggio del romanzo Independiente Sporting (Baldini&Castoldi). Anche scrivere mi fa bene: se non scrivo, significa che qualcosa non va (ride, ndr)".

A proposito di scrittura: a gennaio dal suo sito (www.mauroberruto.com , ndr) ha indirizzato ai genitori una lettera provocatoria sulla pallavolo – "lo sport più pericoloso che esista" – con cui ha colpito nel segno.

"Lo scopo era attirare l'attenzione sulla bellezza della nostra disciplina. Nel volley vige una regola meravigliosa che nessun altro sport contempla: il passaggio è obbligatorio. Risultato: ogni giocatore dipende dall’altro e non esiste l’individualismo che oggi impera ovunque. Ciascuno mette il suo talento a disposizione della squadra e il gruppo condivide equamente òneri e onori. Credo che chi vive di pallavolo debba essere testimone di questo principio etico. A maggior ragione, chi può vantarsi del prestigio di rappresentare il proprio Paese – la massima ambizione per qualsiasi coach o atleta – è chiamato a compiere un salto di qualità, anche dal punto di vista umano. Come la musica, lo sport è messaggio universale, non ha confini né barriere e accomuna gli appassionati di ogni angolo della Terra; noi 'addetti ai lavori' dovremmo riappropriarci di questa straordinaria responsabilità sociale".

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Cristina Marinoni