Noi assolti, Maradona no. Perché?
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Noi assolti, Maradona no. Perché?

Anche Careca e Alemão hanno avuto la stessa contestazione dall’Agenzia delle entrate. Ma hanno fatto ricorso. E l’hanno vinto

Questa vicenda di Maradona è un’assurdità. Io, Diego e Alemão in sei anni abbiamo rispettato alla lettera tutte le leggi fiscali italiane». Non le manda a dire e, soprattutto, ha una memoria di elefante Antônio de Oliveira Filho, ai più noto semplicemente come Careca, la stella di quel Napoli che con El pibe de oro in campo regalò a lui e ai tifosi partenopei uno scudetto, una coppa Uefa e gol in serie. Maradona («Un grande amico, una persona perbene nonostante i guai con la droga, che sono per fortuna acqua passata») Careca l’ha rivisto di recente, nel suo Brasile, per una partita di beneficenza tra vecchie glorie. Gli aveva detto che sarebbe partito per l’Italia e di questo si era detto «molto contento».

Quando però a metà ottobre anche in Brasile tutti i giornali hanno preso ad attaccare con ferocia Diego che, ospite in Rai a Che tempo che fa, si era difeso con un gesto dell’ombrello «sicuramente poco politically correct, ma genuino», Antônio de Oliveira Filho non ce l’ha più fatta a stare zitto.

Soprattutto dopo che Panorama gli ha riportato le parole di fuoco contro Maradona del viceministro dell’Economia Stefano Fassina («È un miserabile, impari a rispettare le leggi») e del premier Enrico Letta («Non mi è piaciuto per niente, gli italiani onesti che pagano le tasse vanno rispettati»). A quel punto, da Campinas, Careca ribadisce che Maradona «non è affatto un evasore e credo che pochi abbiano pagato tante tasse come lui».

L’attaccante non si capacita del perché il fisco «si ostini a dargli fastidio»: «No, Maradona non è un ladro». Già, perché sia lui sia Ricardo Rogério de Brito, alias Alemão, in passato avevano ricevuto una notifica per la stessa evasione fiscale di Diego. Solo che loro presentarono ricorso e «la giustizia tributaria italiana ci ha dato pienamente ragione» puntualizza lo stesso Alemão da San Paolo «sia in secondo grado sia in Cassazione». Dunque, se la questione si è chiusa positivamente per loro, si chiedono i due ex campioni brasiliani, perché l’Italia continua a «dar fastidio a Maradona?».

«Quando io e Careca ricevemmo nella buca delle lettere la fatidica cartella esattoriale» continua Alemão «eravamo ancora in Italia, giocatori del Napoli; Diego invece era già rientrato in Argentina. A lui il fisco italiano non ha mai fatto arrivare nulla, un vero peccato perché, se Diego fosse stato avvisato, avrebbe fatto senz’altro il nostro stesso identico ricorso e lo avrebbe vinto, con tanto di scuse da parte della giustizia tributaria».
Insomma, secondo questa tesi, se Maradona fosse stato avvisato oggi non dovrebbe neanche un euro perché, in realtà, nulla doveva. Dunque l’ira funesta del duo Fassina-Letta contro Diego sarebbe ingiustificata. Semmai, lasciano intendere i suoi due ex compagni di squadra, adesso El pibe de oro potrebbe citare in giudizio l’agenzia guidata da Attilio Befera «per danni morali», dal momento che tutti sanno «quanto Diego ha sofferto per questa situazione, soprattutto quando, di fronte alla famiglia, gli furono sequestrati gli orecchini e, mi pare, un Rolex».

«È umiliante ed è una vicenda che ha dell’incredibile» confermano a Panorama Alemão e Careca che, nel caso, si dicono disposti anche a testimoniare, se ciò servisse a liberare Diego da un peso che «non merita proprio di portare».
Purtroppo per il loro amico i termini per la presentazione del ricorso sono prescritti e dunque Maradona è oramai finito nella centrifuga della burocrazia fiscale italiana, la stessa capace di moltiplicare un centesimo non versato all’Inps nel 2009 per 6 mila volte in meno di quattro anni a tal Luciano Giaretta, un contadino del Polesine. Quando Careca e Alemão vengono a saperlo si mettono a ridere, sempre più increduli. «Ma per risolvere la questione non sarebbe opportuno un incontro tra Maradona e chi gestisce le tasse nel vostro Paese?» chiedono.

Poi continuano, spiegando che «così si eviterebbero momenti umilianti all’entrata degli hotel dove lui trascorre la notte o negli aeroporti italiani, come è accaduto anche nei suoi ultimi viaggi, con i finanzieri che lo braccano come un ladro perché, sia chiaro, Diego non è né un miserabile, né un evasore». Una replica diretta a quanti, senza nulla sapere del ricorso vinto in Cassazione dai due, si sono affrettati a mettere in croce sulla stampa Maradona.
«È assurdo che per la sola colpa di non essere stato più residente in Italia all’epoca della raccomandata, non possa rientrarvi ora tutte le volte che desidera, senza dover essere maltrattato come uno che non ha pagato ciò che doveva. E poi sapevano benissimo dov’era, giocava in serie A in Argentina, perché non lo hanno contattato via posta o, meglio ancora, per telefono? L’email non c’era ancora» chiosa con ironia Alemão «però il telefono, quello sì, c’era già e tra l’altro lo ha pure inventato un italiano».

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Paolo Manzo