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Paolo Maldini e i suoi "no" al Milan via Facebook: motivati o no?

L'ex-bandiera rossonera spiega con un messaggio sui social perché ha declinato l'offerta cinese. Ha ragione o torto?

Adesso è ufficiale: il matrimonio tra il Milan e Paolo Maldini non si farà. Non in nome del nuovo corso cinese, che aveva chiesto al vecchio capitano di entrare nel club. Che la trattativa fosse complicata - quasi impossibile - lo si era capito nel momento in cui gli attori erano usciti allo scoperto.

Ora c'è la risposta ufficiale di Maldini che su Facebook, con un lungo comunicato, ha voluto chiarire ai tifosi del Milan il perché della sua scelta (in gran parte anticipata da Panorama lo scorso 6 ottobre). Un passo che provoca "amarezza" ma ritenuto irrinunciabile per "rispettare i valori che mi hanno accompagnato durante tutta la mia vita" e che, secondo Paolo, vanno affermati ancor di più oggi, anche se "sarebbe stato più facile seguire l'emozione della proposta e dire sì, senza pensare alle possibili conseguenze".

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L'atto d'amore, ma anche la lettera d'addio, di Paolo Maldini ripercorre dal suo punto di vista tutte le tappe della vicenda. Con tristezza e più di una punta polemica. Il grande campione, par di capire, si è sentito usato come bandiera da sventolare per dare garanzie su un progetto nel quale non poteva credere ciecamente. Ecco i punti salienti del suo messaggio:


Punto 1: il timore di essere usato come una bandiera (e chi lo vuole screditare)

"... la retribuzione è sempre stata una conseguenza dell’accordo, mai la causa. Queste notizie, tra l’altro, sono state suggerite da fonti “anonime” attraverso canali e persone che conosco da 30 anni, che mirano a screditare la mia persona per giustificare il mancato accordo. Non sono stato certo io a rompere il nostro patto di riservatezza. Non ho avanzato richieste economiche, ho ribadito fin dal primo incontro che la definizione del ruolo fosse la chiave basilare di una possibile collaborazione. Come potrei quantificare una proposta quando non sono stabilite con chiarezza le responsabilità? Ho fatto presente che avrei dato tutto me stesso per un progetto serio che mi avesse visto in un ruolo importante, che non avrei mai accettato per essere utilizzato come “la semplice bandiera”

Come già detto a rompere il patto di riservatezza sulla trattativa non è stato Maldini ma la controparte. Le voci circolavano ormai insistenti e chi ha offerto a Paolo un ruolo nel Milan riteneva di non poter più tacere, anche per non passare come quello che annuncia sui giornali che chiamerà l'ex capitano senza poi dare seguito al proposito. Maldini, però, lancia accuse precise e parla di fonti che avrebbero fatto uscire dettagli economici, ritenuti marginali, per screditarlo: non ci sono nomi, però la sensazione è di un ritorno al passato. La sua figura è sempre stata scomoda e il timore dell'ex giocatore è che, alla fine, si sarebbe trattato di un rientro da bandiera, senza vere responsabilità, fatto per rispondere alle pressioni dei tifosi.

Punto 2: i pieni poteri e la coabitazione con Mirabelli

"Non ho mai chiesto un ruolo “alla Galliani”, ovvero di Amministratore Delegato con pieni poteri. So quali sono le mie virtù, ma conosco ancora meglio i miei limiti; l’area di mia competenza deve essere quella sportiva. Mi è stato proposto il ruolo di Direttore Tecnico, prima di me è stato ingaggiato un Direttore Sportivo di fiducia dell’Amministratore Delegato, quindi, secondo l’organigramma societario che mi è stato presentato, avrei dovuto condividere qualsiasi progetto, acquisto o cessione di calciatore con il mio parigrado DS. A mia precisa domanda su cosa sarebbe successo in caso di disaccordo, mi è stato detto dal Sig. Fassone che avrebbe deciso lui"

Si è detto che Maldini volesse i pieni poteri sull'area sportiva e lui smentisce. Però conferma che la tempistica della costruzione della squadra (ovvero prima la scelta del direttore sportivo e poi la sua chiamata) lo ha lasciato perplesso. Fassone aveva immaginato per lui un ruolo nella triade che disegnerà le stretegie del Milan, ma senza il potere dell'ultima parola. Maldini non ha potuto accettare questo compromesso. E' del tutto evidente, poi, che non ha ritenuto attraenti le altre deleghe di cui si sarebbe dovuto fare carico, a partire dall'area di rapporti con Uefa, Fifa, Lega ed Eca: la sua competenza è sportiva e così viene da lui stesso percepita.

Punto 3: il team vincente impossibile 

"... Non credo ci fossero le premesse per un team vincente. Io ho fatto parte di Squadre che hanno fatto la storia del calcio e so che per arrivare a quei risultati ci deve essere una grandissima sinergia tra tutte le componenti societarie, investimenti importanti e ruoli ben definiti. Le ultime stagioni del Milan con il doppio Amminstratore Delegato e ruoli sovrapposti dovrebbero essere d’insegnamento. Naturalmente mi sarei dovuto prendere, agli occhi dei tifosi, della stampa e della proprietà, tutta la responsabilità della parte sportiva, con la possibilità di essere escluso da ogni potere esecutivo".

E' la parte più dura del comunicato. La valutazione negativa è destinata a pesare anche sull'immagine del futuro club (e sui dubbi dei tifosi), mentre il richiamo alle difficoltà delle ultime stagioni - con il doppio amministratore delegato in un clima di scarsa chiarezza - è una stilettata che va al cuore dei problemi rossoneri. Maldini è sempre stato critico, ma dirlo con questa chiarezza dopo aver stracciato la proposta di Fassone ha un valore diverso.

Punto 4: la richiesta di parlare direttamente con la proprietà cinese

"Non ho mai chiesto di avere un contatto diretto con la proprietà per bypassare l’Amministratore Delegato; ho espresso la volontà di sentire dal Sig. David Han Li, Direttore Esecutivo della Sino Europe Sports, che ho incontrato solo per pochi minuti, cosa si aspettassero da me; avrei voluto ascoltare dalla sua voce quali obiettivi si fossero prefissati e quali investimenti avessero intenzione di fare".

Maldini si difende da una delle accuse che giravano e cioè di aver cercato di scavalcare Fassone, di fatto doppiando il suo ruolo. Il passaggio era delicato e tale di è confermato, perché significava comunque non aver piena fiducia e consapevolezza del quadro delineato dal manager incaricato di contattarlo e di trattare con lui. Ma il tema di fondo è lo stesso che oggi agita milioni di tifosi del Milan: è seria la cordata cinese? Ci sono i soldi e i progetti per riportare il club ai fasti di un tempo? Quali sono i piani di rinascita? Domande alle quali Maldini non ha trovato risposta. Ecco perché ha deciso di dire no.

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Giovanni Capuano