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ANSA/MAURIZIO BRAMBATTI
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Il razzismo secondo Malagò: "Più sbagliato simulare che fare i buu razzisti"

Scivolone del numero uno del Coni su un tema delicato. L'immagine dell'Italia all'estero e una lotta che non si riesce a fare senza distinguo

Il presidente del Coni e numero uno dello sport italiano, Giovanni Malagò, è riuscito nell'impresa di teorizzare che i buu razzisti negli stadi sono sbagliati, ma meno di un calciatore che simula per ingannare l'arbitro e prendersi un calcio di rigore. Un'uscita quanto meno infelice in un momento storico in cui il razzismo sta tornando a occupare gli stadi italiani e gli occhi del mondo sono concentrati sul (poco) che si fa per cercare di combattere il fenomeno.

Malagò ha pronunciato la frase nel corso di un'intervista in diretta a 24 Mattino su Radio 24, parlando di Conte e del suo sfogo contro i giornalisti fomentatori d'odio. Per spiegare che tutte le componenti del mondo del calcio devono fare "un salto di livello", si è lasciato andare in un paragone che detto in un bar sarebbe grave, ma in bocca al responsabile di tutto il movimento sportivo del nostro Paese suona ancor più sinistro e inaccettabile.

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“Non è una frase salomonica, ma chiunque a partire dai dirigenti, dai calciatori, come quello che fa un fallo, che platelamente fa finta di ricevere un fallo - ha detto Malagò -. Quella è una cosa gravissima, che esempio si dà? E’ sbagliato quello che fa bu a un giocatore di colore, ma è ancora più sbagliato che uno che guadagna 3 milioni di euro si lasci cadere in area e magari è contento di prendere il rigore, o magari che l'arbitro non va a vedere il Var che non c'era”.

Ha ragione. Non è una frase salomonica, è semplicemente una frase inascoltabile. Una gaffe, come minimo, oppure un distinguo come troppo spesso i personaggi dello sport si trovano a fare quando si tocca un tema così delicato. Malagò ha anche detto di volere la tolleranza zero e ha invocato pene esemplari sul modello di altri paesi che erano "messi peggio di noi".

Un corticircuito surreale per un dirigente che non si rende conto che, in un paese con tolleranza zero e pene esemplari, il primo a finire sotto scacco sarebbe l'autore della frase di cui sopra. Che, per inciso, è la persona che dovrebbe dall'alto del suo ruolo dare il segno forte della lotta alla piaga del razzismo, senza nemmeno immaginarsi di poterlo diluire dentro una battuta mettendolo a paragone con i simulatori da area di rigore.

AGGIORNAMENTO - Dopo qualche ora Malagò è tornato sul tema per precisare la sua frase. Ha detto: "Nel mondo dello sport e, nel caso specifico del calcio, ognuno deve fare la propria parte. Se un giocatore si butta in area e fa finta di niente sbaglia: non dico che questo comportamento sia peggiore di chi fa cori razzisti, ma ogni attore protagonista deve fare la sua parte nel modo eticamente migliore. Uno degli elementi che porta alcuni tifosi a esprimersi in modo sbagliato, becero, volgare, villano e con atteggiamenti razzisti e' la mancanza di credibilita' del sistema. La credibilità è fatta da tutti gli attori protagonisti: i dirigenti, gli allenatori, i giocatori, gli atleti e anche i media. Se un dirigente si vende una partita fa danni incalcolabili perchè toglie credibilita' al sistema. Se un giornalista dà voce a una cosa palesemente falsa alimenta un certo tipo di ragionamenti che creano problemi. Se un allenatore non si comporta bene sbaglia, così come sbaglia un giocatore che simula. Non dico che c'è una cosa peggiore dei buu razzisti, ma solo che ognuno deve fare la sua parte nel modo eticamente migliore".

La riportiamo tutta perché contiene un passaggio inquientante. In pratica il capo dello sport italiano, invece di chiedere scusa per quanto detto qualche ora prima in diretta, ha teorizzato che uno degli elementi scatenanti il razzismo negli stadi è la "mancanza di credibilità del sistema". Ovvero (anche) le simulazioni. E per fortuna che ci ha pensato su... 

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Giovanni Capuano