La battaglia di Lotito contro i piccoli club e i modelli (virtuosi) del basket
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La battaglia di Lotito contro i piccoli club e i modelli (virtuosi) del basket

Il presidente della Lazio nei guai per una telefonata, ma non tutto quello che dice è censurabile. Nba ed Eurolega ad esempio...

La telefonata registrata dal direttore generale dell'Ischia e nella quale Lotito, senza sapere di essere 'intercettato', svela come funzionano i rapporti di forza nel mondo del calcio, dovrebbe bastare da sola per sollecitare un intervento del Coni su Lega e Figc. Che esista un capo 'occulto' (ammesso che sia tale) in grado di governare una maggioranza sua, scegliendo anche chi mandare in Federazione per allargare la base del proprio controllo politico su tutto il sistema è una questione ben più delicata del numero delle copie del libro che Tavecchio ha fatto acquistare dalla Figc come cadeau di Natale. Siamo al cuore del problema, tutto è sospettato e risaputo da tempo, come hanno dimostrato le vicende estive che hanno portato all'elezione dello stesso Tavecchio, però sentirlo con le proprie orecchie ha un effetto dirompente e quasi definitivo.

Detto questo, non tutto il ragionamento che Lotito fa al telefono con il dirigente campano merita di essere cestinato alla voce spazzatura. I toni sono inaccettabili, però l'analisi sulla necessità del calcio italiano di darsi una stabilità ad alto livello andrebbe approfondita perché risponde a verità che la serie A perda di appeal commerciale se al posto di piazze di grande bacino ne subentrano in maniera massiccia altre, espressione della piccola provincia. Non è questione di copiare il sistema Nba, che non prevede promozioni o retrocessioni e che si basa solo su parametri economici e di tessuto sociale, ma di ragionare in maniera distaccata su cosa convenga fare a un'impresa che sposta miliardi di euro e decine di migliaia di posti di lavoro per garantirsi solidità e crescita.

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Senza andare al di là dell'Oceano, ad esempio, basterebbe prendere il modello dell'Eurolega di basket che nell'ultimo decennio ha portato a una vera e propria esplosione di interesse e giro d'affari. Nessuna preclusione alla partecipazione da parte di chi vince anche campionati inferiori, però il sistema delle licenze è rigido così come i parametri da rispettare per conseguire il diritto ad avere quelle più preziose, pluriennali e che consentono una pianificazione economica a lungo raggio. I dirigenti del basket europeo hanno messo nero su bianco che serve essere espressione di un'area urbana da almeno 200.000 abitanti, avere un palazzetto da 10.000 (o in deroga da 7.000 ma con progetto d'ampliamento), aeroporto internazionale, alberghi di alto livello e così via.

Questo per dire che difficilmente Carpi (le cui dimensioni poco metropolitane potete vedere nell'immagine dal satellite qui sopra), Frosinone, Latina o altri - per restare a quelli citati da Lotito - sarebbero i benvenuti nell'elite del basket europeo. Il diritto sportivo acquisito sul campo è un valore, ma non l'unico, e non si capisce perché imprenditori che hanno investito nel calcio centinaia di milioni di euro siano stati costretti a fare esibire i loro campioni su palcoscenici non all'altezza. Provando a usare un paradosso, non risulta che l'orchestra della Scala o la Filarmonica di Vienna vadano a suonare anche in qualche teatro di provincia.

Forse basterebbe che il calcio italiano rispettasse le regole che si è dato, evitando di passare di deroga in deroga. Un esempio? La capienza minima degli impianti che in passato è stata ignorata dando precedenza al valore del titolo sportivo. Nel progetto di riforma viene portata a 20.000, che taglierebbe fuori in partenza una fetta delle pretendenti alla serie A a partire da Carpi (4.144 al Cabassi), Frosinone (9.680 al Matusa) e Latina (7.191 al Francioni).

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Giovanni Capuano